And I thought my heart could fly (parte 2)

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Elena si risentì. «Ma tu da che parte stai?»

Come se non ci pensasse abbastanza già da sola, poi. Il problema era che ci era rimasta troppo male per come aveva gestito la gravidanza di sua madre e tutto il resto, e anche se aveva provato a fare finta di nulla, a credere che avrebbe potuto scordarsi quelle settimane in cui non aveva avuto nemmeno una notizia, proprio non ci riusciva.

Almeno, non senza una spiegazione che ancora tardava ad arrivare, e una parte di lei temeva che non sarebbe arrivata mai, perciò o se lo faceva andare bene e ci passava sopra, o rompeva.

«Dalla tua, ovviamente.» le ricordò la sua migliore amica, con un sospiro stanco. «Anche se tu non lo capisci, a quanto pare. Puoi prendere il mio consiglio, come no, è una tua scelta. Quel che è certo è che restare in questo limbo non serve a niente, se non a farti stare male, anzi... probabilmente a fare stare male tutti e due.»

Aveva ragione, naturalmente.

Ma Elena non aveva voglia di discutere anche con lei, pur di sostenere la sua tesi, o il suo orgoglio, già quella vacanza stava andando male per tutti i versi possibili, non ce la faceva a tornare a casa e trovare Caroline offesa o, peggio, arrabbiata.

«Mi spiace, Care.» le disse, sincera. «Devo andare.»

«Sì, per me è anche ora di dormire.» osservò lei, con uno sbadiglio che però suonò finto. «Fammi sapere come va.»

Elena dubitava che sarebbe andata e basta, e quando gettò il tubetto di crema nel bidet con frustrazione, desiderò che nemmeno le importasse, o che potesse fare come la sua migliore amica, che riusciva a tirarsi su in qualunque tipo di situazione contando solo su se stessa.

Non riusciva a smettere di pensare al fatto che non si fosse lasciata abbattere da niente e nessuno quando Klaus se n'era andato, mentre lei, quando Damon era scomparso da Mystic Falls per qualche giorno, aveva completamente perso la bussola.

Forse perché Klaus se n'era andato con una spiegazione, e invece lei aveva vissuto giorni interminabili con il terrore di non veder Damon tornare senza sapere perché.

Era stato con Enzo e si erano ubriacati.

Può funzionare per un paio di giorni, non ci resti due settimane, al bancone di un bar. Perché non poteva semplicemente dirle cosa aveva combinato?

Che poi, nemmeno era tanto importante cosa avesse fatto. Ma perché era andato via, e perché era tornato? Era sempre così criptico che anche cercare di capirlo e finire per giustificarlo era sfinente.

Aprì la porta del bagno di colpo, solo per trovarselo, sorpreso, davanti. Non si disturbò nemmeno a preoccuparsi del fatto che avesse potuto origliare parte della telefonata, oppure tutta.

Loro due non avevano mai litigato senza litigare. Era una situazione troppo strana per non prendersi un po' di tempo senza capire cosa fare, come comportarsi, come non lasciare che quei capelli leggermente spettinati e quegli occhi azzurri costantemente malinconici non le facessero perdere tutta la determinazione a portare avanti la scelta presa, anche se non ne aveva presa nessuna.

Perché, in fondo, Damon era così: inafferrabile, se si cercava di stringerlo troppo, sarebbe scivolato via. E forse era proprio questo che era successo, lei aveva stretto troppo e lui se n'era andato, lei aveva finito per stringere il vuoto.

E quando era successo le era crollato il mondo addosso: si era sentita come se non avesse avuto più niente da fare, da dire, da godersi. Era guardare il mondo con una lente in bianco e nero, e adesso che lui era là, di fronte a lei, aveva paura di perderlo di nuovo.

Dear Diary - The Vampire DiariesWhere stories live. Discover now