One touch of his hand (parte 4)

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Quando entrarono, Elena aveva già il naso all'insù: c'era un motivo se il posto aveva quel nome particolare. Tutto il locale era un grande ponte di una nave di pirati. Sul fondo c'era un finestrone che prendeva tutta la parete e regalava una splendida vista sul mare, anche di sera.

Damon, dopo essersi ripulito dal rossetto di lei, le spiegò che la disposizione di ogni singolo elemento era stata studiata appositamente, e che anche le pareti erano particolari, a seconda di come venivano colpite dalla luce offrivano un riflesso diverso, così se era giorno, sembrava davvero di essere in mezzo al mare, altrimenti si facevano scure, quasi come il cielo notturno.

I tavoli erano disseminati sul ponte, c'era anche un timone, e per curiosità Elena andò a girarlo e scoprì che lo faceva come se fosse stato vero.

Damon le afferrò le mani prima che potesse tirare troppo giù uno dei pioli. «Piano! Serve per la birra!» le indicò i rubinetti, poco più sotto, e lei non poté non restare estasiata da quella trovata.

Solo dopo notò che il locale era vuoto, completamente vuoto. C'era stato solo un cameriere all'ingresso che li aveva accolti con un educato "Buonasera" e un sorriso che, sebbene fosse stato di cortesia, era stato anche caloroso.

In effetti, c'era anche un solo tavolo apparecchiato, per due.

«Ma non c'è nessuno.» lo disse per farlo notare anche a lui. «È un altro di quei posti di nicchia che conoscete solo tu e i vecchietti?»

La domanda lo fece ridacchiare. «No, in realtà è abbastanza frequentato.»

Si guardò intorno con leggero imbarazzo, quasi che stesse evitando di guardare lei per qualche motivo, ed Elena non riusciva a coglierlo, tanto che si chiese perché mai quella domanda avesse suscitato quello stato d'animo.

Che mai poteva esserci di male?

Di male niente, solo che lo scoprì subito dopo cosa c'era sotto: «Ecco... l'ho prenotato tutto.»

Fece vagare lo sguardo per il locale, giusto per non osservare la reazione di lei che aveva semplicemente sgranato gli occhi, incredula.

«Stai scherzando.» non suonò come una domanda, anche se sembrava quasi una richiesta di conferma, dal momento che non poteva essere vero.

Damon si schiarì la voce. «No.»

A quanto pare, invece, era proprio vero.

Adesso si spiegavano parecchie cose: la quasi totale assenza di personale, e il solo tavolo apparecchiato: quella sera avevano un locale tutto per loro.

E questo era pazzesco.

«Perché mai avresti dovuto fare una follia del genere?» gli chiese: proprio non capiva cosa potesse averlo spinto a fare una cosa come quella. Chi è il pazzo che prenota un intero ristorante per un appuntamento?

A quel punto, non sarebbe stato lo stesso cenare a casa senza spendere una fortuna per appropriarsi di un locale intero solo per loro?

«Non mi andava di condividere niente, stasera.» rispose lui, stringendosi nelle spalle. «Specialmente se si tratta di te e dei tuoi vestitini.»

Le lanciò un'occhiata ormai priva di qualunque imbarazzo, ma che anzi le fece colorare le guance, e improvvisamente comprese perché aveva deciso per quell'alternativa: a lui non piaceva molto stare in mezzo alla gente per troppo tempo, eppure aveva voluto darle quanto di più vicino ci fosse a un appuntamento normale, e senza rischiare di rovinare tutto saltandole addosso prima di riuscire a infilzare la forchetta nel piatto.

«Lo sai che sei pazzo?» gli chiese, ridendo. «Sei pazzo e pieno di soldi da buttare.»

Scosse la testa perché non riusciva a capacitarsi che l'avesse fatto davvero: erano più che altro cose che succedevano nei film, non nella vita reale – forse perché nessuno aveva un conto in banca abbastanza cospicuo da permettersi di far perdere un'intera serata di clienti a un ristorante –, per questo ancora stentava a crederci, nonostante la verità fosse letteralmente sotto al suo naso.

Dear Diary - The Vampire DiariesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora