And I thought my heart could fly (parte 1)

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Stefan rise, senza alcun dubbio che la ritenesse capace di una cosa del genere. «Dai, Ele, è ora.» la incitò, prima di trattenere la sua ragazza per un braccio per un ultimo saluto.

Lei, invece, lanciò le braccia al collo di sua madre, che sospirò.

«Non sei costretta ad andare.» le ricordò.

Ed Elena lo sapeva, ma era anche certa che se non fosse andata il punto a quella storia sarebbe stato definitivo, e lei non era ancora pronta a chiuderla. Per quanto il suo ragazzo fosse stato e fosse ancora un idiota, il solo pensiero di non poterlo più definire tale era una pugnalata dritta nello stomaco.

«Ti chiamo appena metto piede a terra.» promise, stringendola per un attimo più forte prima di lasciarla andare e fare lo stesso con la sua migliore amica che ricambiò l'abbraccio con tanta forza fin quasi a soffocarla.

Nel suo sguardo c'era proprio tutto, che si poteva riassumere un "Andrà tutto bene, e se non lo farà ci penso io", che era in qualche modo rassicurante.

Eppure, Elena mise su il suo sorriso e fece un cenno di assenso: tranquillizzare tutti per tranquillizzare se stessa.

Per fortuna c'era Stefan, a cui non aveva bisogno di nascondere nulla, e non perché si fosse confidata, ma perché, oltre lei, era quello che Damon lo conosceva meglio di chiunque altro, e non c'era necessità di parlare o di spiegare.

«Nervosa, eh?» la punzecchiò, non appena la smise di guardarsi indietro per vedere se Caroline era ancora là, dietro i metal detector.

Ma nervoso era anche lui, in un certo modo, forse più eccitato: non vedeva la sua famiglia da anni, a stento li ricordava, ma se aveva accettato di andare con tanta fretta era più per suo fratello ed Elena. Lui era conscio che la sua migliore amica stesse facendo del bene a suo fratello, era di sicuro cambiato molto rispetto a quando era arrivato in città, riusciva perfino a fare un discorso con il loro padre senza che finissero per gridarsi addosso.

Erano una famiglia per la prima volta dopo dieci anni, ed era stato anche grazie ad Elena, sebbene questa cosa della gravidanza avesse di nuovo rimescolato le carte nella vita di Damon.

Nemmeno lei riusciva a capire o immaginare perché.

«Tu che ne dici?» chiese lei, di rimando. «Non so niente di questo viaggio, nemmeno cosa ho messo in valigia...»

Forse perché era stata la sua migliore amica ad occuparsi dei bagagli. Aveva un po' paura a scoprire cosa avesse deciso di farle portare, ma da un lato temeva anche che sarebbe servito a poco.

«Non so cosa farò quando lo rivedrò.» proseguì, frustrata. «Non so... se piacerò ai tuoi parenti, se...»

Stefan la prese per un braccio, dispiaciuto. «Stai calma.» le disse, e quello calmo per primo, adesso, era lui. «Non sono cose che si possono pianificare, d'accordo? Non stare qui a pensarci. Sono sicuro che quando te lo ritroverai davanti saprai cosa fare e basta.»

Era strano che quel consiglio venisse proprio da lui, il ragazzo che pensava sempre a tutto, ci poteva stare sopra anche per giorni, e adesso le stava chiedendo di buttarsi, in una di quelle evenienze che possono portare a tutto oppure a niente, in un momento in cui il niente faceva troppa paura per essere contemplato.

Elena non era brava in quel genere di cose, a pianificare, a ragionare sui sentimenti. Ci poteva scrivere sopra pagine di diario, ma dopo.

Forse era lì che avrebbe trovato la risposta, nelle pagine del mese precedente. E aveva anche troppo tempo per leggerlo, quasi sedici ore, tra volo e scali.

Era un giovedì pomeriggio tardi, il giorno dopo avrebbero perso scuola, ma partivano prima per la lunghezza del volo e il fuso, sarebbero ritornati il venerdì successivo, ed Elena, mentre aspettava l'imbarco, seduta su una sedia accanto a mille altre, al fianco di Stefan, si sentiva un po' sola e indifesa... e anche un po' stanca.

Dear Diary - The Vampire DiariesWhere stories live. Discover now