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Canzone: Up in Flames - Ruelle

L'idea di aprire le palpebre mi ripugna, mi oppongo fisicamente a questo bisogno

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L'idea di aprire le palpebre mi ripugna, mi oppongo fisicamente a questo bisogno. Il mal di testa mi tamburella il cervello incessantemente. L'idea di Storm mi fulmina, un lampo in un cielo già in tempesta, l'immagine del suo branco mi stordisce ancor di più.

Non ricordo molto della serata, sarò del tutto onesta. Ho ballato senza tregua, le mani sconosciute, calde, sudate, mi passavano sui fianchi, sulle costole, una punizione lenta, una lezione per ricordare a me stessa chi sono, cosa rappresento, i legami che non mi possono impedire d'essere chi sono.

Allo stesso tempo il senso di colpa aleggia su di me, accompagna la nausea, ormai pressante, acqua stagna nel mio stomaco.

Alzandomi dal letto noto di non essermi cambiata, sono vestita come ieri notte. A tentoni attraverso il corridoio, giungendo per miracolo al bagno. Il mio riflesso mi scruta, mi giudica, mi paralizza.

Indietreggio lentamente, osservo quella belva selvatica dai miei stessi occhi. Le labbra, il collo, i capelli, le mani... Sono ricoperta di liquido rosso ormai incrostato sulla mia pelle, la mia colpevolezza secca, l'odore inconfondibile del sangue umano su di me.

Una strana consapevolezza si fa strada nel mio petto, i muscoli intercostali iniziano a dolere, il cuore mi esplode dall'interno.

Abbandonarmi al panico e allo sconforto è ciò che devo evitare, così tento di mantenere ancorata a me quella briciola di lucidità che mi è rimasta, non mi ripulisco dalle mie probabili colpe. Scendo al piano di sotto, la coppia mi scruta preoccupata seduta sul comodo divano.

"Qualcuno sarebbe così gentile da spiegarmi il perché sembro appena uscita da un film horror? E perché sembro io l'assassina?"

La loro espressione mi basta, è esplicativa. Lascio schioccare la mia lingua sul palato.

"Ah."

Una furia diversa mi scorre dentro, rivolta verso me stessa. Non ho scusanti, nessuno può essere incolpato, forse il mio lignaggio? Ma anche questo non basta, non pulisce il sangue da me, da dentro.

"Cosa ho fatto?"

"Non credo sia il caso..."

"Voglio sapere, devo sapere."

La mia voce è stranamente ferma, imperativa, solo io percepisco quanto sia incrinata, quanto io stessa mi stia accartocciando come un foglio in un pugno superbo.

"Perché ti vuoi torturare se sai già la risposta?"

"La testa... L'ho prosciugato fino a quando non ha avuto più neanche abbastanza carne e sangue per mantenere il suo capo retto sopra al corpo, vero?"

"Non l'hai fatto soffrire, è stato veloce. Non so quanto questo ti possa essere d'aiuto, Hope. So che è una situazione difficile, ma ne usciremo."

Non merito questa compassione, questa empatia, non sono un qualcosa di curabile. Scappo, d'altronde sono brava a farlo.
E inizio a comprendere i miei genitori, come mi vedevano, ironicamente, amaramente, mi sono rivelata per quello che loro temevano fossi: un animale privo di autocontrollo.

~La Cacciatrice Mezzo Sangue~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora