Non perdo tempo, la sfondo con un colpo secco, i presenti si voltano verso di me soffiando. Seduti su delle poltrone sudice ci sono umani deboli, sudati, attaccati tramite flebo a  macchinari che asportano il loro sangue all'interno di sacche adatte a contenere il plasma.

Ignoro il mio istinto animale, stacco la luce in modo tale da confonderli, grazie al mio sange da lupo distinguo bene le loro figure e i loro movimenti al buio.
Capisco da come si muovono goffamente che non sono addestrati, tanto che mi è facile ucciderli. L'adrenalina mi pulsa nelle vene, il fiato corto, la pelle ormai ricoperta dal loro liquido nero. I corpi si dissolvono dietro di me, senza lasciare tracce. Stacco le flebo dagli umani, qualcuno li troverà.

Invio il segnale ai miei compagni di iniziare il massacro da soli, i vampiri dovrebbero sapere che questa è la loro ultima notte di eternità.

Corro al piano superiore, c'è uno strano silenzio, alla fine del corridoio si trova una porta, immagino sia quella che mi porterà dal carnefice di questo spaccio di sangue.

Entro senza esitazione, dinanzi a me un uomo di bell'aspetto, occhi castani, capelli biondo cenere. Un ventenne all'apparenza, lo ingannano gli occhi polverosi.

"Saresti? Hai bisogno di qualcosa?"

Non gli lascio il tempo di replicare, mi getto su di lui come un'onda inaspettata, i suoi occhi si spalancano, furiosi e sorpresi. Afferro dalla mia tasca un fil di ferro che gli stringo attorno alla gola, sul pomo d'adamo si aprono strisce di sangue nero. Gli strappo via gli arti, a partire da quelli superiori a quelli inferiori, e come ultima la testa, che casca come una mela marcia al suolo.
Quello che rimane del suo corpo diviene cenere, particelle che si spargono nell'aria.

Una volta tornata giù trovo la coppia bere da una bottiglia rotta, il vuoto intorno a loro.

"Ci avete preso gusto."

Poi un'immagine mi pare davanti nella mente, un lampo di preoccupazione.

"Sono tutti morti?"

"Alcuni sono fuggiti in tempo."

"Perché?"

"C'era anche mio padre in quel locale."

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Cammino per il villaggio ancora dolorante, i miei fratelli ed i loro amici si sono divertiti a seviziarmi ripetutamente, la mia pelle è ormai ricoperta da chiazze violacee, giallognole se meno recenti. Alla sofferenza fisica si aggiunge quella emotivo.

"Dove vai bestia?"

Non credo che riuscirò a vivere ancora a lungo così, non credo di poterlo sopportare per molto ancora, sto cedendo, loro stanno vincendo.
Provo a scappare ma la costola rotta e la gamba dolorante mi rallentano troppo.
Mi sento afferrare per il collo e sollevare in aria, sto come affogando in queste mani callose.
Morirò così?
È questo il mio destino?

Mi sveglio sudata, le coperte del letto disfatte, per metà al suolo. Mi alzo di scatto e corro in bagno, ancora scossa. Se fosse un sogno forse i suoi lineamenti starebbero già svanendo pian piano, come la pittura sotto la pioggia, sbavata, sbiadita. Ma sono ricordi, incubi, mi mordono i piedi se li lascio fuori dal letto, mi stringono la cassa toracica con le loro urla trattenute.

Il getto dell'acqua mi culla durante la doccia, come un automa mi insapono. Non penso a nulla, o almeno provo a concentrarmi sul vapore che appanna il vetro, quell'odore del mio balsamo.
Una volta uscita dalla cabina della doccia mi asciugo i capelli, in passato non riuscivo neanche a guardarli. Questo rosso, così simile a quello di mia madre, dei miei fratelli, in qualche modo ferivano come sale sulla mia ferita ancora lacerata, aperta e pulsante. In seguito ho imparato ad apprezzarli come segno della mia indipendenza, della mia libertà, le mie fiamme, i miei schizzi di sangue svolazzanti. Sono miei, di nessun altro.

~La Cacciatrice Mezzo Sangue~Where stories live. Discover now