La Vera Realtà?

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Si staccò con velocità dal muro, avvicinandosi all'uomo, comandato dalla furia.
Arrivò in poco meno di un secondo ad un respiro dal suo collo e lo agganciò col palmo della mano, alzandolo dal suolo con estrema facilità.
Ringhiando sonoramente lo scaraventò dall'altra parte del soggiorno, correndo successivamente verso di lui, accecato dell'inconscia rabbia di quel momento.
L'uomo si accasciò contro il muro gemendo un leggero lamento. Ansimante cercò di rialzarsi, ma qualcosa di troppo pesante lo incatenò a terra col suo peso.
Scott, facendo un balzo dal centro della stanza, atterrò con un ginocchio sul petto ampio dell'uomo ed un piede per terra, con gli artigli della mano destra spianati dietro di sé.
Riprese il collo dell'uomo nella mano sinistra, e attuò una pressione istantanea, che fece sbarrare gli occhi dell'uomo, destinandolo ad un incrocio letale con gli occhi del ragazzo.
Un'espressione difficile da dimenticare.
Un'espressione che Peter conosceva bene.
Un'espressione che ricordava a Peter le troppe volte in cui se la svignò.
Ma ora qui, non c'era nessuno a salvarlo.
Neanche Scott poteva, ora che aveva la sua vita in mano, ora che aveva perso la ragione.
Neanche la luna piena poteva sovrastare l'inarrestabilità del ragazzo in quel momento.
Nessuno e niente poteva fermarlo.
La delicata potenza dello stringere l'innocua vita di una persona nella propria mano, e decidere la sua sorte, guidato dall'istinto e dilaniato in ogni sua ragione.
Non ci fu un momento in più per l'uomo.
Non ci fu un momento per parlare.
Solo un suono sordo e umido di un'artigliata, che andava a lacerare il collo di Peter in più pezzi, privando così il suo corpo di vita.
Gli artigli bagnati di sangue.
La macabra forza che gli scorreva nelle vene.
Il piacere immenso nel sentire l'odore del sangue caldo scendere e colare da sotto il capo dell'uomo.
Un sorriso che metteva in mostra la sua parte nascosta. Sadico e tetro.
Il viso bagnato da gocce di sangue schizzate da quel taglio, calde e fresche, lasciavano una scia rossastra sulla pelle nascosta nell'ombra di una luce flebile e pallida che proveniva dalla finestra sul suo lato.

Il viso bagnato da gocce di sangue schizzate da quel taglio, calde e fresche, lasciavano una scia rossastra sulla pelle nascosta nell'ombra di una luce flebile e pallida che proveniva dalla finestra sul suo lato

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Il respiro dell'uomo andava man mano a dissolversi fra le sue labbra, finendo poi in un delicato e lieve sospiro.
Così come i suoi occhi, morendo nel loro color caffè.
Le labbra rimasero schiuse, non dando più alcun segno di vita.
Ma non si sentì il battito azzerarsi.
Scott rimase con le braccia aperte e rigide, con le mani congelate ed il respiro che lentamente diventava difficile dentro di sé.
L'ira dentro di sé stava lentamente placandosi, e la sua ragione risalendo a galla prese coscienza di ciò che aveva appena compiuto.
Le dita cominciarono a tremargli e si alzò di scatto dal corpo senza vita dell'uomo, allontanandosi di qualche passo.
Lo sguardo rimase fermo sul suo viso, analizzando con gelida paura ogni suo tratto dissolto con la sua morte.
L'uomo sbatté le palpebre.
La fronte si corrugò sul viso del ragazzo, il quale si avvicinò a lui di mezzo passo, dubitante.
L'uomo mosse di pochi centimetri il viso, incontrando con gli occhi le pupille di Scott.
In un istante, il ragazzo fece per sobbalzare con gli occhi spalancati ma l'uomo schiuse le labbra, e con tono cupo mormorò una parola, la quale dopo poco fece accasciare il ragazzo a peso morto sulle ginocchia afflitto da una terribile fitta alla testa, andando poi a propagarsi in un forte mal di testa, che fu talmente potente da farlo urlare, tanto da far vedere le vene dalla clavicola al collo sforzarsi e mostrarsi esteriormente.
"Genjitsu."

Isaac sull'uscio della casa, chino sulle ginocchia, strinse le mani tra i suoi capelli, e a denti stretti cercava di non urlare, producendo così un leggero e forzato ringhio.
Allison, paralizzata a qualche metro dal ragazzo, non aveva la minima idea di cosa fare.
Cominciò a riavvicinarsi, provando a far alzare il ragazzo, per cercare di fare qualcosa.
Calpestò con due passi le piastrelle di pietra e poi l'erba rasata con passo agile e preciso, arrivando poi davanti al ragazzo, con i capelli mossi da un leggero vento fresco.
Si chinò, e gli mise le mani sulle spalle, ma in poco, fu una delle sue vittime.
Il contatto con il ragazzo le provocò un istantaneo e imminente attacco di dolore lungo tutte le braccia, che si diresse ad una velocità inumana nella sua parte frontale della mente diffondendosi poi oltre, facendola accasciare sul terreno in preda ad urla di dolore, non riuscendo a sopportare con le sue facoltà umane tutto quel male.
Jackson teneva premuto contro il muro Stiles, il quale smettendo di fare pressione per uscire dalla sua grinfia, usò le sue braccia come ponte per sferrargli un calcio in pieno petto. Prima di fare ciò, per arrivare alle sue braccia con uno scatto talmente veloce da non riuscire ad essere visto nemmeno agli occhi di un lupo mannaro si liberò da lui, portandogli poi le mani sopra le braccia, riuscendo infine nell'intento. Sorrise vedendo il ragazzo indietreggiare sempre di più, e riacquistando la propria forza si rimise in sesto.
Il sorriso non scomparve dal viso, e quando Jackson incrociò i suoi occhi, venne avvolto per la prossima azione in un'altra illusione. Di fatto, scattò verso Stiles, sferrandogli un'artigliata sull'addome, ma egli scomparve in una nube nera, accompagnata da una risata malata e un sottofondo di sibilare distorto, tipico degli Oni.
Jackson sbarrò gli occhi, guardandosi subito intorno, non notando però la sagoma di Stiles, che nell'ombra si scostò, venendo alla luce sotto forma del vero Nogitsune.
Gli occhi colmi del nulla più buio mai esistito.
Il sorriso tetro, accompagnato da qualcosa di gelido provocato dal colore violaceo delle sue labbra.
La pelle candida e pallida, come uno strato di neve soffice e fredda che ricopre dolcemente il suolo.
La pazzia e la malattia di una persona erano riconducibili a quell'essere, che avanzando sempre di più verso Jackson, non smetteva di sorridere.
Il ragazzo si accorse troppo tardi di lui, e si ritrovò disteso sul terreno, senza sensi. Qualcuno potrebbe dire che il Nogitsune lo avesse colpito, ma ciò che potrebbe essere realmente accaduto è che trasmise una visione ai limiti della follia dentro la sua mente, facendolo collassare.
Ciò che poté sentire Jackson prima di svenire fu una parola, indecifrabile per via della lingua mai imparata.
"Genjitsu."

L'urlo della banshee non durò a lungo, fin quando si trovò una mano gelida a tapparle la bocca.
Mai zittire una Banshee. O meglio, nessuno ci era mai riuscito.
Con lo stesso sorriso di qualche secondo prima, Stiles le si avvicinò all'orecchio, sussurrando qualcosa.
La ragazza sigillò lentamente le labbra, assumendo un'espressione vuota.
Lauren, sibilante, si inginocchiò lentamente a terra, inondata da ogni angolo della mente da quell'urlo. Per lei, non c'erano più speranze per salvarla, così Stiles si limitò a lasciare la Banshee dalla propria mano, e si accostò di lato, osservandola.
La ragazza si girò con tutto il corpo, per poterlo guardare, ed il loro sguardo durò pochi attimi, prima che lei sussurrasse ciò che poco prima Stiles le disse; una parola che di lì a poco avrebbe provocato qualcosa di imparagonabile.
"Genjitsu."

"Realtà."

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