47. Joyland.

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Abby.


«Benvenuti al Joyland, signori e signore, bambine e bambini! Venite a tentare la sorte al nostro stand! Un lancio, un dollaro! Si vince sempre! Accorrete numerosi, e potrete portare a casa uno splen-dido peluche!»

Borbotto a bassa voce e aggrotto le sopracciglia, ancora con gli occhi chiusi. Una musica in sotto-fondo allegra e un po' retrò si insinua nelle mie orecchie. Ha lo stesso motivetto allegro, con dei bam-bini che cantano in coro e una serie di sonagli e campanelle. Intorno a me c'è confusione. Molta confu-sione.

Apro gli occhi, spaesata. Dove diavolo mi trovo?

«Signorina, insomma!» una donna bionda con un cerchietto a forma di orecchie di cane in testa mi fissa, stranita «Lo vuole o no, il biglietto d'ingresso?»

Io mi guardo attorno, con lo sguardo annebbiato e completamente privo di punti di riferimento. Di fronte a me c'è un arco di legno, con un inciso "Joyland: il parco giochi più divertente di Henver!". Aggrotto le sopracciglia. Il Joyland? A Henver non c'è più un lunapark con quel nome da almeno... vent'anni. All'improvviso, spalanco gli occhi e faccio schioccare la lingua sul palato. Mi volto di scatto e osservo le persone in fila dietro di me: hanno tutte un abbigliamento passato di moda, con i capelli cotonati, i jeans a vita alta slavati e le camicette annodate sulla vita.

Ma sì, tutto torna: la Lacrima deve avermi catapultata in un ricordo di parecchi anni fa. Molto pro-babilmente, quando mia madre era ancora solo una ragazza. Sento un nodo stringersi attorno alla gola e torno a guardare la cassiera. «Mi scusi, quanto costa il biglietto?»

Lei alza gli occhi al cielo e mastica un chewingum rumorosamente. «L'intero, 5 dollari e 50 cents. Lo vuole o no?»

Mi porto istintivamente le mani nelle tasche dei pantaloncini e resto meravigliata, quando tiro fuori le banconote di cui ho bisogno. Le faccio scorrere sotto il vetro della cassa e prendo in cambio il car-toncino d'ingresso. Rimango ancora un attimo persa a fissare la ragazza in divisa di lavoro, finché lei non mi fa cenno con la mano di smammare.

«Volete l'adrenalina, signori? Allora venite a provare la nuovissima attrazione accanto all'area risto-ro. Le montagne russe più spaventose del Joyland stanno aspettando solo voi!» il megafono accanto all'ingresso continua a vomitare frasi con tono allegro e intonato, invitando la gente a spalmarsi lungo tutto il perimetro del parco, ai miei occhi completamente sconosciuto. Il Joyland ha chiuso i battenti prima ancora che nascessi. Adesso, resta solo un'area recintata con vecchi scheletri di attrazioni.

Mi guardo attorno, facendo un giro su me stessa. Le persone mi scorrono accanto a loro agio, con cartoncini di hot dogs in mano e palloncini appesi a un filo. Sembrano tutte felici e spensierate, mentre raggiungono le aree per gli spettacoli, i trenini turistici e le zone Arcade. Solo io rimango immobile, con i piedi ancorati sui mattoncini colorati a terra.

Cosa dovrei fare, adesso? Perché sono finita qui?

Segui l'istinto, Abby. Lasciati guidare, mi avvisa la coscienza, come da monito.

Sbatto le palpebre e torno a concentrarmi sul parco: sono di fronte a un bivio, segnalato da due frec-ce direzionali rosa. A sinistra, la zona attrazioni, mentre a destra, l'area dedicata ai giochi d'intrattenimento e agli stand di trucchi magici.

Senza rifletterci su, opto per quest'ultima e m'incammino lungo un viale spazioso contornato da aiuole e lampioni accesi. Solo adesso mi accorgo che il cielo è scuro, illuminato da qualche spruzzata di stelle pallide. Sono al Joyland in una calda sera d'estate di venti anni fa. Perfetto. Inizio a collegare qualche evento.

Hybrid - L'EsperimentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora