§ Capitolo Sesto §

398 9 2
                                    

LXIII

Lo Spettro

Simile a un cherubino dal vermiglio

occhio ritornerò nel tuo giaciglio;

scivolerò col favore dell'ombra

tacitamente verso le tue membra;

e poserò sulle tue labbra, o bruna,

labbra diacce com'è diaccia la luna;

carezze ti darò, quasi di liscio

serpe che attorno a una fossa strisci.

Quando verrà il livido mattino,

troverai vuoto il posto a te vicino,

che fino a sera starà freddo e spento.

Altri ti vinca con tenere armi:

io la tua vita voglio conquistarmi,

e la tua gioventù, con lo spavento.

(I fiori del male, Spleen e Ideale, Charles Baudelaire)


Kathleen a volte percepiva degli odori.

Acri.

Odori di pino, di colonia, semplicemente di pelle.

E doveva fermarsi, appoggiarsi ad un palo o ad un muro, per la sensazione travolgente che la investiva.

Succedeva per strada, quando si trovava a pochi metri da negozietti new age con grandi mezzelune e soli appesi a porte e vetrine, e zaffate pungenti di incenso fuoriuscivano dagli ingressi. Succedeva a casa con i cuscinetti profumati dei cassetti della biancheria di Melanie. Il cuore le si stringeva ed era come se volesse volare via, librarsi, afferrare quella malinconia sfuggente, a tratti così vicina, a tratti così lontana. Le capitava di sentire un tepore dolce, rassicurante, lì, a contatto con la sua schiena, quando era raggomitolata nel suo letto a due piazze la mattina. Come se qualcuno dormisse vicino a lei. Si crogiolava in quella vana convinzione fino a che non arrivava il momento di girarsi e di venire finalmente a patti con la realtà. Amara, desolante. Kathleen sfiorava delicatamente il coprimaterasso, eccessivamente liscio, privo di pieghe e stropicci, mortalmente freddo. Frustrata, lo artigliava con le unghie, mordendosi le labbra e costringendosi a non piangere simile ad una sciocca bambina, colta da chissà quale misterioso impulso. 

Il suo corpo bruciava in uno spasimo di desiderio per qualcuno che non c'era. Per un uomo che neppure sapeva se era reale, vivo. Era uscita con diversi uomini nel corso di quegli anni, alcuni dolci, protettivi, premurosi, altri aggressivi, duri, forse anche spietati. Le storie non duravano mai a lungo: o li lasciava lei nei suoi periodi di crisi, che ultimamente si erano duplicati, oppure se ne andavano loro di spontanea volontà. Lei era instabile. Loro pure. 

Annusò il suo maglione di lana ruvida. Lavanda. La sua fragranza, quella che la contraddistingueva. Si rannicchiò sulla sedia, ginocchia al petto, mani che toccavano i piedi imprigionati nei calzini.

L'avrebbe uccisa di lì a poco quell'uragano di emozioni, percezioni, sogni, e almeno questo non poteva permetterlo. Anche se non lo dava a vedere, per Kathleen la sua vita era preziosa. Se si fosse suicidata, è vero che i suoi mali si sarebbero cancellati, ma lei non sarebbe venuta a capo di nulla. Il suicidio non era una risposta valida alle sue domande. Non voleva creare un fantasma. Le erano sempre sembrati insignificanti quei lattiginosi esseri di cui ricordava vagamente le storie di sangue e brividi che le venivano raccontate da piccina da un barbuto signore dagli occhi gentili e buoni. Suo padre, può darsi.

La Sinuosa Linea del Serpente - The Sinuous Line of the SnakeWhere stories live. Discover now