§ Capitolo Secondo §

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Kathleen osservò le gocce di pioggia picchiettare prepotentemente sulla vetrata. I lampi squarciavano il cielo plumbeo e malgrado fossero le tre del pomeriggio, regnava un’oscurità innaturale sulla città.

Lo strombazzare insistente dei clacson, il rombo dei motori delle auto imbottigliate nel traffico arrivavano fino allo studio del suo psicanalista.

Detestava la confusione e la vita frenetica delle metropoli. Purtroppo, però, era lì che risiedeva il suo “medico”. Si diceva che fosse il migliore nel suo campo. Sebbene lei si chiedesse come un perfetto estraneo potesse tentare di analizzare la sua psiche, le paure seppellite nella sua mente, se neanche lei non riusciva a comprenderlo. Melanie aveva obiettato che in ogni caso le sarebbe servito per scacciare via le sue inquietudini, rimastele da quel remoto giorno di novembre in cui l’aveva raccolta dalla strada. Ma in cuor suo Kathleen sapeva che ci sarebbe voluto ben altro per sbarazzarsi dai suoi timori che semplici sedute con uno sconosciuto.

Il tamburellare della penna sulla scrivania di mogano la fece riconcentrare sul discorso che lo psicanalista, un uomo calvo dal viso rubicondo con ispidi baffi biondicci, aveva avviato da pochi minuti.

- Quindi, sarà bene soffermarsi sulle cose che maggiormente turbano il suo inconscio…

Diede una scorsa a una cartelletta di fogli, riflessivo.

- Sogni?

- Nessuno.

Alzò gli occhi indagatori.

- Ne è certa?

Kathleen asserì energica.

Charles Smith, questo era il suo nome, la scrutò sospettoso.

- Spariti misteriosi uomini, telefoni che suonano e mondi fiabeschi alquanto al di fuori dell’ordinario?

- Sì. - mentì, evitando il suo sguardo.

Il medico si allontanò dalla poltrona e camminò avanti e indietro per la stanza. Stava attendendo uno sfogo, una confessione.

Inutilmente.

Non si sarebbe confidata. La cura che stava conducendo con lui non le giovava. Si stava rivelando un buco nell’acqua. I suoi incubi erano vividi, simili a quelli dei suoi due anni trascorsi nella clinica psichiatrica. Li aveva di rado, ma di tanto in tanto si insinuavano nel suo pacifico sonno, vincendo l’effetto delle erbe e dei rimedi farmaceutici. Alcune volte si destava improvvisamente, il fiatone che era un rantolo rauco, e la testa in fiamme.

- Così non va. - sentenziò il signor Smith, amareggiato.

Kathleen interpretò quell’affermazione come un barlume di speranza.

- Sto bene, dottor Smith, non me lo sto inventando. Sono tredici anni che faccio la spola da uno psicanalista all’altro. Perché lei non molla? Crede di essere all’altezza di risolvere il mio caso?

- Ci provo. Mi ascolti, signorina Davies, lei non può convivere ancora per molto con queste sue assurde fantasie, alla lunga rischiano di renderla pazza, ne è conscia?

La bocca della donna si dischiuse in un sorriso ironico.

- Se non lo sono già.

Lui la fissò sorpreso.

Sulle pupille era disceso un velo di esasperante tristezza.

Con movimenti automatici lasciò cadere le sterline sulla scrivania e prese la via dell’ascensore. L’uomo la rincorse.

- La prego, stavamo giungendo ad un punto di svolta, lei non …

Lei aveva spinto il bottone giallo; l’ascensore arrivò.

La Sinuosa Linea del Serpente - The Sinuous Line of the SnakeWhere stories live. Discover now