Epilogo || Fare i conti con l'ignoto

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Risvegliarsi fu come uscire da un tunnel che non aveva mai fine. Sentiva la testa ovattata, le palpebre pesanti e aveva come la strana sensazione di fluttuare nell'aria.

A poco a poco Perla riprese coscienza del proprio corpo e mosse le dita delle mani, recuperandone la sensibilità. Provò a muoversi per cambiare posizione, ma aveva male ovunque e fare anche il minimo movimento le costava parecchia fatica. Rilassò i muscoli e cercò di capire dove si trovava. Si rese conto di essere distesa contro qualcosa di duro, caldo ed estremamente familiare, mentre un lieve sbuffo d'aria le carezzava il viso a intervalli regolari.

Non aveva idea di dove fosse, però di una cosa era più che certa: ogni parte del corpo le doleva e la testa le pulsava come un martello pneumatico, ma era viva. Non avrebbe saputo spiegare come fosse potuto succedere, eppure era così.

Dopo quella che sembrò essere una vita, aprì gli occhi e si guardò intorno con fare spaesato. Si rese ben presto conto di trovarsi nella sua cameretta e di essere sdraiata nel suo letto. Aveva temuto di non rivedere mai più quelle tende arancioni, quella scrivania colma di libri, quei muri tappezzati di foto; mai come in quel momento fu così contenta di essersi sbagliata. Prese un respiro profondo e percepì un profumo di cannella, dolce ed estremamente familiare.

Tyler.

Sollevò lo sguardo e lo trovò lì, disteso accanto a lei. Con un braccio le cingeva i fianchi, mentre l'altro era piegato sotto la sua nuca. Aveva i capelli spettinati e profonde occhiaie gli solcavano gli occhi chiusi; le ciglia lunghe gli sfioravano gli zigomi e la bocca era socchiusa. Il labbro inferiore aveva un taglio già in fase di guarigione, mentre la guancia destra era gonfia e di un colore violaceo. Perla sentì l'irrefrenabile voglia di sollevare la testa e baciarlo nei punti in cui riportava le ferite della battaglia, ma era così stanca da non riuscire a muovere un muscolo.

Rimase a guardarlo per un tempo infinito, finché non lo vide sospirare profondamente e sollevare piano le palpebre. Non appena i suoi occhi incrociarono quelli della ragazza, un lampo di sollievo gli illuminò lo sguardo e si sollevò appena, premendo la fronte contro la sua.

«Sei sveglia» disse con un tono disperato, posandole una mano sulla guancia. Gli si leggeva in faccia che, fino a pochi istanti prima, aveva temuto che quel momento non sarebbe mai accaduto e il suo sguardo trasudava frustrazione, rabbia e consolazione.

Lei lo guardò col cuore che le batteva forte nel petto; aveva creduto di non rivederlo più. E invece – anche se non riusciva a spiegarsi come – era lì, insieme a lui.

«Ciao» rispose con voce rauca; parlare le provocava un fastidiosissimo prurito alla gola, come se avesse inalato troppa candeggina.

«Come ti senti?»

«Stanca, un po' dolorante, ma bene.» Diede un'occhiata fugace alla stanza, come a volersi accertare di trovarsi per davvero nella sua cameretta; poi si schiarì la gola. «Da quanto tempo siamo qui?»

Tyler lanciò un rapido sguardo alla sveglia sul comodino. «Quasi ventitré ore. Hai dormito parecchio.»

Era passato quasi un giorno; un giorno da quando aveva fatto scoperte sconvolgenti; un giorno da quando una sua amica era morta proprio davanti ai suoi occhi; un giorno da quando era stata ferita dalla Xiphos. Un giorno da quando tutto quello in cui aveva creduto fino a poco tempo prima diventasse polvere.

Ripensare a Delia le fece tremare il cuore. Non le importava più che avesse aiutato Mavrikòs per dare la caccia ai quattro Elementi, né per quale motivo l'avesse fatto. Delia era morta, niente e nessuno l'avrebbe più portata indietro. E se avesse messo da parte la rabbia, forse avrebbe potuto aiutarla.

The Elements -  La vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora