Capitolo 54 - VI

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Martin si lasciò abbracciare e massaggiare la schiena dalle mani di Gaeta che gli scorrevano sopra seguendo le creste della colonna contandone con le dita la sequenza delle vertebre, e Gaeta sentì come per qualche secondo Martin perdesse conoscenza per il sonno. E Gaeta fra sé, facendo scorrere nei suoi pensieri i minuti ancora mancanti, sapeva che fosse arrivato il momento di darsi una coltellata al cuore e dirsi come stessero le cose fra di loro, e di come non stessero, e di come avrebbe voluto che stessero ma che non avrebbe potuto volerlo, non lo avrebbe fatto mai, non a Martin. E che nonostante il bacio che stava per dargli, con la voglia di mangiarselo vivo che si sentiva dentro e che non lo aveva abbandonato da giorni, sapeva che avrebbe potuto essere l'ultimo e che a maggior ragione avrebbe dovuto essere il più incisivo. Gli strinse la testa fra le mani e misurò dentro di lui ancora una volta quanto gli fosse possibile far arrivare Martin carezza dopo carezza fin quasi a piangere. Finché alla fine Gaeta parlò.
― Domani vedrai tutto diversamente, stai tranquillo.
Riemergendo da un sonno di emozioni, Martin sgranò gli occhi nei suoi, e rimase solo in attesa di capire cosa significasse quella frase. Gaeta si sistemò seduto meglio e si schiarì la voce ed aspettò che le parole gli si formassero in gola con la voce giusta, e ferma abbastanza da essere serena.
― Hai una ragazza Martin, e tutta una vita che ti aspetta, ed io la mia.
Gaeta infilò la mano sotto la collana di Martin, portandola fuori dalla felpa e si fece scorrere la catena fra le dita fino a stringerne il cuore rosso fuoco, a guardarlo da vicino, a farlo passare da una nocca all'altra, sentendo il suono delle unghie sbattere sulle forme sfaccettate e dure, in attesa che le parole appena dette si depositassero in profondità nella loro discussione. E Gaeta sentiva quanto i muscoli del collo di Martin fossero tesi all'indietro per contrastare la forza con cui gli stava tirando via il ciondolo dal petto, quel cuore che Gaeta stava stringendo fra le mani e che forse aveva smesso di battere. Continuò ad accarezzargli le labbra, ed il mento e la linea del collo e Martin ingoiava a vuoto ed un poco dormiva.
― Questa notte, finisce con questa notte.
Martin tornò sveglio, a guardarlo in maniera tanto eccezionale quanto tremante nel fondo delle pupille nere che gli avevano cancellato il verde dagli occhi, sentendosi addosso il peso di una verità, che già aveva capito essere concreta da come Gaeta lo stesse stringendo e da come continuasse a baciarlo quasi fosse chiaramente un saluto.
― ...ma.
― Dimmi.
― ...ma, a me, non chiedi niente?
― Cosa vuoi che ti chieda?
Martin si accorse che qualunque cosa avesse detto in quel momento, Gaeta già la conosceva meglio di lui che arrivava a pensarla solo allora. Ma gli veniva difficile dire qualunque cosa, sostenere un discorso scomodo anche solo ad essere compreso, accettato, incastrato in tutto il resto a cui Gaeta si stava riferendo.
― Una notte, ... tu, hai fatto tutto questo casino per una notte?
― Non posso essere la tua prima scelta Martin. E tu non la mia.
Gaeta gli stringeva il viso fra le mani, e nonostante le sue parole, riusciva a sorridergli. E Martin sentiva il contrasto fra la presa forte con cui Gaeta se lo chiudeva su di sé con le gambe, incrociando le caviglie senza lasciargli spazio per muoversi e quello che invece stava cercando di spiegargli, anche sorridendo alla sua incredulità. Gaeta che poteva contenere dentro se stesso Martin due volte, per età, esperienza, e responsabilità, prendeva su di sé il carico più pesante, e lo faceva sorridendo perché fosse meno velenoso per entrambi.
― E poi c'è il tuo convivente...
― Smettila di prendermi in giro!
― Martin. Guarda la realtà. Non riesci neanche a chiamarmi per nome.
― Posso imparare.
Martin a malincuore dovette abbassare lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello di Gaeta che lo metteva alla prova inchiodandolo a bruciapelo con un colpo d'occhi intenso che ne fu la dimostrazione. Poi lo costrinse a guardarlo, quasi tirandogli i capelli all'indietro. Sentiva che ormai la sua stanchezza andava trasformandosi in totale estenuazione, ed abbandono.
― Non sono cose che si imparano. Si sentono, Martin. E tu non le senti.
― E quindi?
― E quindi adesso andiamo a letto, perché per me non è ancora domani e voglio sentire come ti addormenti mentre ti ricopro di baci...
Martin tremava all'emozione incontrollabile di passare nuovamente sotto il tritasassi delle sue mani, delle sue carezze, delle sue attenzioni disumane, della voglia che Gaeta comunque continuava a trasmettergli si sentirsi desiderato, mentre continuava a parlargli sottovoce, e con un tono che non lasciava posto ad alcuna obiezione. E Gaeta, doveva solo andare avanti.
― ...e poi domani torni a casa tua, alle tue cose...
Ma come poteva Gaeta proporgli una soluzione come quella, Martin non era certo di aver capito, non era una cosa neanche lontanamente pensabile, ma intanto Gaeta si era alzato dalla scrivania e lo stava portando verso il letto, che era ancora coperto dai vestiti che Martin non aveva usato. Aveva rifiutato di sentirsi addosso il suo profumo, la sua essenza fatta di tessuto, che lo avrebbe avvolto come fosse stata un'altra maniera di abbracciarlo, e per Gaeta fu quasi la certezza che quella fosse la decisione giusta.
Con una bracciata Gaeta afferrò i suoi vestiti per lanciarli a terra. Sventrò il letto dalla trapunta e Martin fu abbagliato dall'interno bianchissimo che comparve all'improvviso ad ingombrargli gli occhi fino ad accecarlo. Gaeta lo tirava a sedersi e Martin si lasciava tirare preso da un sonno avvolgente, ipnotizzato dalla voce di Gaeta che continuava a prospettargli cosa sarebbe successo il giorno dopo.
― Martin. Domani torni a casa tua...
Gaeta gli accarezzava il collo, e cercava di continuare a parlargli con serietà.
― ...e quando vorrai potrai tornare da me...
― ...non puoi dire sul serio.
Gaeta lo azzittì con un bacio, e poi con un altro e poi sapeva che comunque avrebbe dovuto continuare il suo discorso.
― Quando vorrai potrai tornare da me...
― ...ma che stai dicendo!
― ...a raccontarmi come è andata.
― Non ci credo, non posso. Non ci credo.
Martin riuscì a fissarlo seriamente, togliendogli di mano la sua collana, incredulo, stanchissimo, confuso, ammutolito alla sua macchinazione.
― Non puoi chiedermi questo.
― Certo che posso chiedertelo, perché penso sia un modo come un altro per averti.
― ...un modo come un altro?
Martin non riusciva davvero a capire se quella fosse una proposta reale, o una sua incapacità di capire il senso di un discorso perché sventrato dalla sonnolenza. Sentiva Gaeta vicinissimo, ma la sua voce continuava ad allontanarsi nel fondo della sua mente che scivolava in un sonno che non riusciva più a combattere, nonostante il bisogno doloroso che aveva di capire e di restare lucido e presente in quella discussione. Ma con un gesto automatico a cui era abituato, Martin si sfilò le scarpe scalciandole vie l'un l'altra, e si lasciò tirare a stendersi nel bianco morbido che stava solo aspettando di richiudersi sopra di lui, ad avvolgerlo e proteggerlo da ogni cosa rimasta fuori, ma non da Gaeta.
― ...non puoi dire sul serio... non puoi chiedermi questo...
Martin si era steso su un fianco voltandosi dall'altro lato, non poteva credere alle sue parole, non voleva guardare dalla sua parte. Un dolore intenso gli si aprì improvviso sul fondo dell'anima come fosse stato un crepaccio tagliente in cui sentiva di essere stato spinto in un attimo. Non riusciva ad esprimere la sua incredulità con Gaeta davanti agli occhi a sostenere il contrario e rimaneva voltato dall'altro lato, ed intanto capiva che anche Gaeta era sotto le coperte, e sentiva che le sue braccia lo stavano avvolgendo da ogni parte semplicemente infossando il materasso di quel poco necessario ad oltrepassare il peso del suo corpo per riunirsi in una stretta che si sentiva serrargli i fianchi così decisamente da perdere il senso della sua protesta, ed i baci del mostro che sentiva esserglisi steso accanto gli seguivano lungo la nuca l'attaccatura dei capelli e si perdevano sul collo con un calore profondo che non gli lasciava la possibilità di continuare a ragionare da sveglio. Martin muoveva la testa sul cuscino cercando di raccoglierne quanti più possibile e sorrideva, e soffriva, nel sentire che tutto il corpo di Gaeta si stava preparando ad un abbraccio totale, annodandosi a lui in ogni maniera possibile solo per stringerlo forte come Martin non aveva mai vissuto prima. Martin si era sciolto in un sonno sicuro, dondolato dai movimenti di Gaeta e si sentiva sempre più felice, ed assente, e cancellato dalla dolcezza della sua presenza ma anche annientato da un impercettibile conto alla rovescia che irrimediabilmente gli era partito dentro al cuore.
Martin si era arrotolato su se stesso incapace di rimanere sveglio davanti al piacere d'addormentarsi trasportato lontano dalle coccole che Gaeta gli aveva promesso, e Gaeta gli afferrò le mani e le chiuse nelle sue e le portò contro il petto di Martin a schiacciarselo addosso, mentre respirava fra i suoi capelli e si nascondeva il viso su di lui, che ormai non c'era, che ormai dormiva, e Gaeta non era certo di quanto Martin avesse capito delle loro ultime parole. Gaeta era solo certo che Martin volesse essere abbracciato forte mentre in strada il mondo aveva ricominciato a scorrere, ad illuminarsi della luce del giorno dopo che Gaeta era riuscito a chiudere fuori dalla loro stanza per quelle ultime ore strappate al proprio compleanno che si stava allungando in uno strascico irripetibilmente sfilacciato sul corpo di Martin che ormai dormiva, mentre in ateneo tutti stavano attendendo il suo arrivo in aula, e mentre qualcun altro sicuramente stava continuando a chiedersi dove fosse finito Martin, mentre il suo cuore sapeva dove invece fosse, per un'ultima volta forse, e mentre smetteva di battere ogni tanto al suono che Martin continuava a fare respirando ed impastando frasi senza senso, e poi solo sospiri e poi più niente, solo la stretta delle dita fra le sue quasi a spezzarsi le nocche entrambi, e la pelle calda di Martin lungo il collo.
Gaeta schiacciò l'orecchio sulla sua schiena. Martin era vivo, e stava dormendo profondamente fra le sue braccia. A Gaeta si annodarono le viscere.
― Bentornato a casa, amore mio.

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