Capitolo 53 - IV

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Gaeta lo strinse forte ed a Martin parve che avesse il battito accelerato e fuori controllo, ma non poteva esserne certo. Non era neanche del tutto sicuro che Gaeta avesse un cuore.
― Martin.
Martin cercò di guardarlo, ma non riusciva a reggere il suo sguardo.
― ...niente.
Gaeta gli sorrise senza aggiungere altro. Solo continuava ad accarezzarlo e Martin si lasciava accarezzare nella consapevolezza che quelle carezze sarebbero state le ultime, le più dolorose, le più dolci, mentre sentiva che la serata gli stava scivolando addosso senza che lui potesse trattenerne niente per dopo e per tutto il resto della sua vita, che da quel momento in avanti non sarebbe stata più la stessa. Con un nodo in gola che lo faceva respirare male, Martin notò che le braccia di Gaeta, esposte per metà da sotto i suoi vestiti, erano totalmente ricoperte di graffi e dilaniate da lunghe strisce di scorticature fresche.
― ...mi dispiace...
Gaeta continuava a sorridergli tranquillo, cogliendo il suo imbarazzo incontenibile.
― Martin, sei così... fragile.
Martin incassò con difficoltà il suo commento, ma fu felice che le braccia di Gaeta non lo lasciassero in quel momento, e solo balbettava le sue scuse.
― ...davvero, mi dispiace...
― E di cosa... sono stato io a chiedertelo.
Martin era profondamente confuso, turbato, in imbarazzo, e troppo vicino a Gaeta mentre la lucidità gli stava tornando nelle vene, anche se ancora non si sentiva in corpo un grammo di energia.
Gaeta alzò il braccio per mostrarglielo meglio. Indurì il pugno e lo voltò da ogni lato.
― Fra qualche giorno spariranno.
Poi afferrò una mano di Martin e se la portò sul proprio cuore, e guardò Martin negli occhi premendosela forte addosso, e Martin tremava all'idea di toccarlo a mente sveglia, a sentirsi la mano stretta fra le sue dita che se la strofinavano sul proprio petto.
― Ma non da qui Martin, te lo giuro.
Martin pensò che il cuore di Gaeta avesse dato un colpo mille volte più forte, perché gli sembrò battergli nel palmo della mano. Sentì l'onda di emozione che inaspettatamente anche Gaeta stava provando, gliela vide negli occhi, e capì che quell'emozione era ciò che Gaeta gli aveva chiesto in regalo. L'emozione di Gaeta che esplodeva a sorpresa dinanzi ai suoi occhi e Martin la sentì talmente forte, che quasi lo invidiò per tutte quelle volte che a cercarla era stato lui, senza ottenere niente in cambio. A Gaeta era bastato chiedere.
Martin rimase zitto per un po' ad ascoltarlo respirare, finché non ruppe il silenzio.
― Non mi sono mai sentito così...
― Così come?
Martin si strofinò le mani sul viso, non sapeva chiudere la frase che aveva lanciato nel silenzio fra di loro senza pensare che, cominciandola, avrebbe dovuto finirla, ma neanche lui sapeva cosa volesse dire.
Gaeta ancora gli sorrideva e lo azzittiva a forza di baci, non dando nessuna importanza a ciò che Martin stava cercando a fatica di confessargli.
― Martin, basta sciocchezze.
Martin smise di insistere e troncò il tono sospeso con cui era rimasto alla ricerca delle parole giuste per dire qualcosa che ancora non sapeva cosa fosse. Rimase fermo e steso contro di lui, frustrato all'idea che a Gaeta non importasse ascoltarlo in un momento tanto intimo. Capì quindi che ormai poteva solo assaporare gli ultimi momenti di quella notte, e che già iniziavano ad arrivargli addosso i postumi, in quella che sarebbe stata la sua freddezza cercando di riprendere le forze, mentre Gaeta ancora ed ancora gli premeva una mano sul suo cuore e ne ascoltava il battito tornare regolare. Martin sentiva come la realtà lo stesse raggiungendo, che prima o poi sarebbe dovuto accadere, e che la distrazione di Gaeta alla sua necessità di dirgli qualcosa in quel momento preciso fosse solo l'inizio della fine. Nell'immobilità che continuava ad avere fra le sue braccia, il pensiero che lo percorse gli fece nuovamente impazzire il cuore sotto le carezze di Gaeta, e Gaeta se ne accorse subito. Gli spinse lievemente il viso di lato, per guardarlo negli occhi.
― Cosa c'è?
Martin aveva cambiato espressione e lo fissava atterrito dal pensiero che gli era appena passato dentro. Negli ultimi momenti di tenerezza fra le sue braccia, Martin non riuscì a non pensare al fatto che Gaeta avesse voluto provare a farlo impazzire di piacere perché quello aveva ammesso essere ciò che voleva da quando lo aveva visto per la prima volta in aula, come fosse stato uno dei suoi più grandi desideri. Fare impazzire Martin, rompendo i suoi schemi, le sue inibizioni, le sue paure. E ci era riuscito senza grandi difficoltà, Martin doveva ammetterlo. E Martin doveva anche iniziare ad accettare l'idea di essersi abbandonato fra le braccia di un uomo, di essersi messo totalmente nelle mani di un uomo, di essersi lasciato toccare senza limiti di pudore ed emozione, di avergli lasciato fare sul proprio corpo ogni cosa fino ad impazzirne veramente, e che ancora continuava a farsi cullare da lui con una dolcezza infinita, ma che però, sarebbe finita presto.
― Martin... cosa c'è? A cosa pensi?
Gaeta aveva un espressione interrogativa che Martin gli vedeva negli occhi per la prima volta. Era un uomo che aveva avuto sempre tutte le risposte, ma in quel momento invece gli stava facendo una domanda vera, perché non era certo di interpretare i suoi pensieri.
Martin si accorse che Gaeta aveva notato a pieno la confusione del momento perché gli stava toccando il cuore affondando la punta delle sue dita fin quasi dentro il costato per capire cosa all'improvviso lo stesse intossicando. La cosa quasi infastidì Martin, che gli scostò la mano.
― Martin, a cosa stai pensando?
― Volevi questo da me?
Gaeta lo fissò intensamente e non si nascose dietro false risposte.
― Volevi farmi morire, che ti graffiassi a morte, che morissi per te...
― Martin...
― Volevi distruggermi, e lo hai fatto. Volevi questo, no?
― Sì.
― ...e adesso?...
Gaeta lo baciò per farlo smettere di parlare, come Martin gli aveva visto fare per tutta la notte, ma Martin lo allontanò, riuscì ad allontanarlo con forza.
― E adesso cosa?
― Cosa succede adesso?
― Succede che...
Gaeta si era perso nella sorpresa delle sue domande.
― Non ci avevi pensato... vero?
― Martin, sei venuto tu a cercarmi... non darmi colpe, non darmi responsabilità...
Martin tremava perché non riusciva a spiegarsi.
― Mi hai sconvolto la vita solo per... realizzare un tuo desiderio... così...
― Vuoi davvero parlare adesso di questo?
Martin non voleva, Gaeta aveva ragione, ma quando avrebbero potuto farlo mai? Quale momento sarebbe stato buono, per sentirsi dire di essere stato lo strumento di un gioco nato giusto per togliersi uno sfizio?
Gaeta era ammutolito ed iniziava con tutto il proprio corpo a riprendere una posizione più neutrale rispetto a Martin, sedendosi più compostamente, tirando su le gambe e facendo ciò che Martin temeva sarebbe successo presto, e che per paura accadesse, aveva finito con l'accelerare. Gaeta aprì le braccia lasciando libero Martin di sollevarsi e Martin si staccò da lui, uscì dal suo abbraccio e mentre lo faceva dovette ammettere che gli sembrava che gli si stesse staccando il cuore dal petto, in un movimento doloroso e contro natura. Martin era uscito dalle braccia di Gaeta per ritrovarsi solo a reggere il peso di se stesso e di tutte le sue emozioni, che si stavano strappando in mille pezzi, mentre lentamente perdeva il contatto con Gaeta, mentre il suo calore si dissolveva all'aria fresca della notte, fino a quando il taglio fra loro fu definitivo e totale, e Martin capì di essere nato, di essere tornato alla realtà ed al suo sapore bruciante fatto di delusione e vuoto intenso. Si pentì di aver preso quel discorso, e di aver avviato così presto la fine di quel sogno, ma ormai era troppo tardi, non poteva più fermare la naturale evoluzione della poca confidenza che avevano, e quando Gaeta salì alle sue spalle di un gradino, e si alzò via, e fece qualche passo alle sue spalle, a Martin sembrò di morire veramente, ed il colpo di grazia, sentì chiaramente di esserselo sparato in fronte con le proprie mani, come già in passato aveva fatto con Gaeta.
Martin era rimasto seduto sul cemento gelido, abbandonato in una pozza di se stesso, con il torace ancora esposto al freddo della notte in spiaggia e si rese conto di quanto quella notte fosse stata gelida per come gli fu gelida immediatamente sulla pelle senza le carezze di Gaeta ed il suo corpo ad avvolgerlo da ogni parte. Già gli mancava, già sentiva di dolore di averlo accanto eppure lontanissimo, e non aveva il coraggio di voltarsi, di vedere dove fosse finito Gaeta, di quanto si fosse allontanato alle sue spalle verso l'auto. Solo rimaneva sconvolto e solo, seduto in terra, compatto in un raccoglimento di un gomitolo sfilacciato e tremante al punto da non riuscire ad agganciare la cerniera lampo della felpa dilaniata dalle carezze di Gaeta sul suo corpo semi nudo, che era sopravvissuto alle sue attenzioni, ma che aveva perso definitivamente la speranza di poterne ricevere ancora. Martin cercava di coprirsi senza riuscirci, e nel frattempo soffriva il freddo più agghiacciante della sua vita.

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