Capitolo 52 - II

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Martin rimase in silenzio, perso fra le sue carezze e senza fiato, a cercare di capire di cosa gli stesse parlando Gaeta, ma non riusciva a concentrarsi su niente, se non sulle sue mani forti che lo tenevano fermo sulla terra.
― Hai solo bisogno di questo, e la cosa si vede da lontano.
― Di questo cosa? Ma che dici?
― Martin, hai solo bisogno di essere ricoperto di carezze, e di baci, ed ancora di carezze...
Gaeta continuava a strofinare tutto il suo corpo su di lui, che gli si era rannicchiato in mezzo come il rubino incastonato che aveva al collo, e lo ascoltava come avesse da rivelargli segreti indicibili.
― ...e poi baci, baci, e carezze...
Ed iniziava a rendersi conto che rimanere chiuso fra le braccia, e le gambe, e la voce di Gaeta era l'unico posto dell'universo in cui avrebbe voluto essere.
― ...e non capisco perché nessuno lo abbia fatto mai prima per te in questo modo...
Morire coperto dai baci di Gaeta, che solo attendeva che Martin si calmasse.
― ...riempire di baci tutti i vuoti del mondo che hai dentro...
A quelle parole che non poteva credere di sentirsi dire così senza preavviso, le lacrime però ricominciarono a scendere.
― ...solo baci Martin, solo baci per dirti che hai diritto ad averli in questo modo...
Gaeta gli stava parlando del vuoto che gli aveva visto nel cuore. Non riusciva a crederci. E lo stava costringendo a colpi di carezze a guardarci dentro. Solo Gaeta poteva riuscirci, Martin lo sentiva. Era stato lui l'unico ad accorgersene, l'unico capace di trovare in quello spazio il proprio, e riempirlo, e Martin non poteva non piangere per questo gesto, nonostante Gaeta gli chiedesse come un disco inceppatosi di smettere.
― ...dove sono i tuoi amici Martin? I tuoi genitori, la tua ragazza...
Martin sentiva la sua vita riassunta in una manciata di parole, ed era pronto a cancellare tutto perché capiva quanto tutto fosse stato solo niente, rispetto a quello che sentiva di avere in quel momento.
― ...i tuoi soldi, la tua auto, il tuo cognome...
Gaeta continuava a ricoprirlo di baci in una discussione sdolcinata di spine, e Martin si era perso in quella pace che aveva sempre sospettato esistere fra le braccia di qualcuno.
― ...e se nessuno lo ha mai fatto per te, non capisco perché non sia stato tu a chiederlo...
Martin ormai assecondava i movimenti dei suoi baci leggeri che gli arrivavano lenti ed umidi come una cosa sacra ad inchiodarlo alla sua voce.
― ...devi chiedere di più Martin, nella vita si chiede...
E non gli importava di sapere che tutto sarebbe stato solo una parentesi priva di sentimento, perché comunque se pur per breve tempo, avrebbe avuto qualcuno presente per se stesso totalmente, ed attento, affettuoso, capace di cancellargli l'anima e dirgli che tutto sarebbe andato bene, e Gaeta sentì come in quel momento Martin si fosse lasciato finalmente andare in un fiume di emozione che gli aveva riempito l'anima fino a soffocarlo.
― ...Martin, quando ti guardo, quando ti tocco, io vedo solo quello che non hai...
Martin si era totalmente abbandonato in un gesto di fiducia definitivo, con cui si stava mettendo nelle mani di Gaeta accettandone qualunque regola o limitazione.
― ...e voglio essere io a dartelo. Voglio farti morire per tutto quello che non hai mai avuto...
Martin sentì Gaeta sorridere ai movimenti con cui involontariamente ormai Martin gli offriva più superficie del collo per sentire meglio ogni cosa scorrergli addosso. Gli spostò i capelli con i denti, con la lingua, con il mento e sapeva di aver fatto centro in un cuore fragile e bisognoso di attenzioni.
― Ti prego dimmi come hai fatto...
La voce di Martin quasi sorprese Gaeta. Rovinare Martin di baci gli aveva fatto quasi dimenticare che Martin fosse presente alla carneficina.
― A fare cosa?
Gaeta gli assestò un morso che gli tolse il fiato per qualche istante.
― Come hai fatto a portarmi a questo punto?
― Martin... quale punto?
Gaeta si fermò un istante, smettendo di masticargli l'anima e si scostò un attimo da lui. Martin riuscì lievemente a voltarsi per guardarlo. Gaeta gli passò una mano sul viso e gli cancellò con le dita le ultime tracce delle lacrime che si erano seccate. A Martin sembrò che Gaeta fosse l'uomo più dolce del mondo. L'unico essere vivente per cui avrebbe potuto provare l'inferno che aveva dentro in quel momento e sapere che tutto quello non sarebbe stato mai amore lo confondeva nell'impossibilità di trovargli un altro nome. Quel pensiero trapassò Martin come una furia, e mentre guardava Gaeta negli occhi da vicino si chiese ancora una volta cosa cazzo stesse succedendo.
Gaeta capì che qualcosa aveva distratto Martin e gli sorrise ad un millimetro dalle sue labbra.
― Allora? Mi dici qual è il punto?
Gaeta gli aveva chiarito il suo non amore senza mezzi termini, ed invece ogni centimetro del suo corpo gli stava raccontando un'altra storia, la sua voce lo stava facendo, la sensibilità nel cogliere le sue debolezze ed il volerle colmare, i suoi baci gentili, il suo bisogno di ripagarlo delle mancanze di tutti gli altri. Martin cercava di orientarsi cercando un appiglio in un suo eventuale cedimento, ma gli occhi di Gaeta erano troppo vicini, e sorridevano, e si avvicinavano sempre di più perché Gaeta cominciò a parlargli strofinando le labbra contro le sue, per il solo gusto di farlo cedere ed accecarlo per qualche istante.
― Allora? Sto aspettando. Mi dici o no qual è il punto?
Ma già Gaeta con una mano premeva sulle sue costole, facendolo sobbalzare di piacere e guardandolo con una faccia divertita alla quale Martin iniziava ad abituarsi.
― Ah! Eccolo! Ho trovato il punto?
Rise anche Martin, scostandosi dal torace la sua mano che stava continuando a premere in un gioco che spesso aveva fatto anche lui in passato sul corpo di qualcun altro, ma Gaeta fece in tempo a sentire il tremore che percorse Martin che si preparava alla naturale prosecuzione dello scherzo.
― Ma sei sicuro che non sia quest'altro?
Martin scoppiò a ridere un po' contorcendosi a Gaeta che lo teneva fermo mentre gli esplorava tutto il petto premendo a caso, solleticandolo in un modo che gli stava facendo perdere la testa. Gaeta con un braccio lo teneva legato a sé, con l'altro giocava con il suo corpo come se fosse stato uno strumento che conosceva perfettamente. E Martin non poteva fare niente per impedirglielo, ed in realtà, era totalmente estasiato dalle sue attenzioni.
Mentre cercava negli occhi di Martin ogni tipo di emozione, Gaeta strinse fra le dita il cordone rigido della grossa cerniera che tagliava in due il suo petto e gli fece capire che accarezzandolo sarebbe andato salendo, fin quasi sotto il mento, fino ad iniziare ad aprirla ed il suono viscido che si sollevò scosse Martin quasi quanto l'aria che gli arrivò sulla pelle nuda che cominciava a scoprirsi al suo passaggio verso il basso, ma la scia che le dita di Gaeta gli lasciavano addosso volutamente cancellava il freddo della notte. Martin vacillava, non era pronto ad un contatto così intimo, ma Gaeta ormai aveva infilato la sua mano nella la sua felpa e sentiva sotto il palmo e fra le dita la muscolatura di Martin come in preda a delle convulsioni.
― Oppure di qua?
Martin si rannicchiò di più contro di lui, e nonostante non fosse d'accordo, non riusciva a sottrarsi a niente. Gaeta fini di aprirgli la felpa e la lasciò aperta davanti ai loro occhi. Il corpo di Martin visto da così vicino lo lasciò senza fiato e Martin si accorse di come anche Gaeta potesse scivolare in qualche crepaccio. Ma l'emozione che gli lesse negli occhi non era la fame che si sarebbe aspettato da lui, e si chiese come facesse Gaeta a dimostrare amore senza provare amore.
Ma l'incertezza di Gaeta durò pochi istanti, perché già Gaeta si era impossessato di ogni cosa, e lo accarezzava con una cura che Martin non aveva mai conosciuto prima, e stringeva a piene mani i suoi muscoli, i suoi fianchi. Non riusciva a non percorrere ogni centimetro raggiungibile di Martin, come se Martin fosse stato un libro da leggere con gli occhi di una carezza che ritornava e ritornava sulla sua pelle ancora abbronzata, per perdersi fra i suoi capelli, e che ogni volta si fermava sul suo cuore premendo un po' più forte.
― Martin, veramente, respira piano, altrimenti non posso andare avanti... non posso toccarti... non posso stringerti più forte.
Il corpo di Martin si inarcava senza che Martin lo volesse perché Gaeta con le parole diceva una cosa, ma con le mani ne provocava un'altra, e perché Martin aveva ormai la certezza che se pure Gaeta non avesse potuto mettere un briciolo d'amore in niente, ci avrebbe pensato lui a dargli quel nome tutte le volte in cui in futuro ci avrebbe ripensato.

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