Capitolo 54 - I

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Gaeta era rimasto a riflettere, guardando Martin immobile innanzi a sé, con le mani infilate nelle maniche della felpa tirate avanti al punto da far scomparire le dita, infreddolito e spaventato, ma totalmente fiducioso che Gaeta avrebbe trovato un senso a quella situazione, alla sua esistenza che in quel momento era stata affidata per intero al suo senso del giudizio. E mentre continuava a riflettere finiva di risistemargli il colletto ben stretto intorno al collo, ed ormai lo baciava senza dovergli chiedere il permesso, e Martin quasi si sentiva galleggiare nell'ignoto, come la mattina del primo giorno delle elementari.
Gaeta sentiva il peso del suo ruolo, e sentiva Martin in attesa di qualunque cosa, mentre però intanto poteva solo fissare il pavimento. Con le mani sulle sue spalle, ancora avvolto dai suoi dubbi, Gaeta guidò Martin verso l'auto poco distante, aprì lo sportello e lo infilò dentro senza troppe cure pur di sottrarlo dal freddo della spiaggia. Poi andò al posto di guida, inserì la chiave e accese il quadro, ma non l'auto. Si voltò a guardare Martin, e già sapeva di trovarlo sprofondato in uno stadio di totale paralisi ed avvilimento.
Il silenzio che si era creato era molto difficile da rompere, e Gaeta sembrava volerselo godere fino in fondo, gustandone ogni attimo e combattendo con se stesso fra il desiderio di non farlo finire mai e l'evidente necessità che Martin aveva di esserne tirato fuori per i capelli. Gaeta sentiva come la lucidità del mattino che arrivava dentro Martin ad ondate, stava avendo il sopravvento sulla sua stanchezza, sulla confusione, sui sentimenti di Martin tutti in subbuglio, e che, benché glielo avesse promesso, Martin non riusciva a non lasciarsi trascinare dalla corrente dei suoi pensieri verso il voler capire cosa sarebbe successo da quel momento in avanti. E Gaeta sentiva la sua ansia, e come Martin cercasse di nasconderla in un silenzio plumbeo e mascherato dalla distrazione con cui guardava fuori dal finestrino e solo attendeva che l'auto cominciasse a muoversi verso la città.
Gaeta allungò una mano su di lui e gli coprì il viso con una carezza, e Martin trasalì sorpreso ad un contatto forte e delicato insieme, ed assecondò i suoi movimenti, e la voglia che Gaeta aveva di sentire fra le dita la sua pelle morbida ed irruvidita dalle lacrime e dalle sensazioni intense che avevano vissuto insieme.
Mentre avviò l'auto, Gaeta aveva deciso di non lasciarlo morire in silenzio accanto a sé, e mentre guidava continuò ad accarezzarlo sfiorandogli il collo, come per vedere di cosa fosse fatto, ed anche Gaeta doveva abituarsi all'idea di poter avere accesso al corpo di Martin con la disinvoltura che era stata sua fin dall'inizio, e Martin gli avrebbe lasciato fare qualunque cosa, rilassato sul sedile, con gli occhi socchiusi e persi, ma con dentro il tumulto che solo Gaeta sapeva provocare in un attimo. Gaeta sentì il suo fremito infantile, e si girò a guardarlo, staccando gli occhi dalla strada per un istante. Lo trovò molto stanco, con il viso stravolto e gli occhi rossi e pieni del non senso verso cui Gaeta stava guidando senza sentire il bisogno di dare spiegazioni.
― Tutto bene?
Martin sospirò, non aveva una risposta solamente, e quindi non ne diede nessuna, e neanche riuscì a continuare a guadare Gaeta, che quando si girava verso di lui ne provocava lo spostamento involontario dello sguardo sull'asfalto.
― Non ce la fai proprio, eh?
Gaeta lo aveva afferrato dietro la nuca in una presa che faceva girare la testa a Martin per il piacere intenso di sentirsi nuovamente nelle sue mani. Lo sentì trasalire al suo commento e l'ansia di Martin gli riempiva il cuore di un brivido che era esattamente grande quanto la disperazione che gli sentiva addosso. Gaeta gli accarezzava la gola morbida con le nocche e con il pollice avrebbe potuto affondare nel suo respiro e chiuderlo, ed in quel momento incrociò i suoi occhi verdissimi e stanchi. Tutto il viso di Martin era stravolto a quella stretta sospesa sotto cui il suo respiro sembrava più pesante e rauco e Martin si rendeva conto che Gaeta non era abituato a trattare nessuno con tanta gentilezza e cura, se lo sentiva dentro in ogni momento. Ogni volta che si sentiva toccato sapeva come Gaeta stesse facendo un'eccezione, concedendo a che a se stesso il piacere di scoprire Martin un centimetro alla volta. Quello che non riusciva a capire era il perché.
Gaeta colse la sua ansia, le sue domande non espresse, la sua aria sospesa su tutto quello che Gaeta stava lasciando in sospeso e senza spiegazioni, e Martin pensò che forse neanche lui ne aveva, per quanto si rendeva conto che fosse così confuso anche lui, mentre guidava e lo scrutava di sfuggita, ma sempre lo teneva stretto in una mano. Gaeta chiuse gli occhi per un attimo, per poi tornare a guardare la strada. Nella maturità del suo potere incontrastato, non poteva lasciare correre ogni cosa.
― Guardami Martin.
Martin si tirò dietro i capelli e lo fissò, quasi tenendosi ferma la testa per non voltarla involontariamente altrove.
― Sai che penso?
Martin era in attesa di capire, ed era disposto a cominciare a farlo da un punto qualsiasi della storia.
― Che tu vieni a casa con me.
― ...a casa tua?
Gaeta sorrise alla sua aria sorpresa.
― Sì, perché? Non vuoi?
Gaeta guardava la strada, divertito ed in attesa di un suo commento, che però non arrivava, ed in effetti neanche Martin sapeva cosa pensare davanti all'idea che Gaeta la facesse completa e dopo averlo stravolto per ore, se lo portasse anche a letto.
― Senti...
Ma non aveva le parole, non aveva il cuore, non aveva abbastanza vita dentro per contrastare la sua forza.
― Sì, ti sento. Dimmi.
Ovviamente Martin si gelò nel non riuscire a dire niente di preciso, ed era sempre più confuso nel vedere come Gaeta sorridesse mentre fissava la strada.
― Martin, tu adesso vieni a casa mia perché non voglio saperti solo.
Martin conosceva il dolore dell'affrontarsi senza paraocchi, e continuava a seguire la sua voce che gli prometteva uno sconto e gli sembrò troppo sperare che Gaeta si riferisse a quello.
― Voglio averti con me quando ti sveglierai, per impedirti di fare a pezzi ogni cosa.
Il bacio di Gaeta fece sentire a Martin la certezza della sua presenza forte che lo stringeva e non lo stava lasciando cadere dentro i suoi disastri cerebrali, e Martin gliene fu grato come non avrebbe potuto esprimerlo mai, tanto era sorpreso della sua premura. Gaeta aveva pensato anche a contenere la sua ansia di capire a qualunque costo.
In quel momento Martin si accorse di non avere più con sé nulla, chiavi, cellulare, documenti, niente.
― Ho perso le chiavi, il cellulare...
Gaeta rise.
― E dove li hai persi?
― Non ne ho la minima idea! Non so, magari qua dentro, o sotto al faro, o sulla scogliera dove hai cercato di tirarmi, o nella bolgia mentre facevi il pazzo e mi gridavi contro a tutto volume, fai tu, scegli a caso.
Gaeta rideva sinceramente al tono polemico di Martin, che balbettava e davvero stava elencando i fatti della notte assurda appena trascorsa, mentre però un po' sorrideva con una timidezza che Gaeta poteva quasi misurare, ed assaporare come la nota più dolce fra di loro. Gaeta lo fissò e lo vide iniziare ad essere in difficoltà. Allungò la mano sul sedile posteriore. Trovò alla cieca la corona della sera prima e gliela mise in testa calcandola con un colpo a sorpresa.
― Risarcimento danni. Te la regalo.
Gaeta scoppiò a ridere di nuovo guardando Martin incoronato nella sua auto, mentre incredulo si portava le mani alla fronte per convincersi di averla davvero indosso, e continuava a toccarne le punte, ed aveva perso la parola, agli sguardi felici di Gaeta ed al bacio rumoroso che gli chiuse ogni possibilità di opporsi al suo scherzo.
Ma Gaeta, sotto i suoi sorrisi nascondeva la forza della sua scelta, che però era solo sua e che per il momento sarebbe dovuta bastare a reggere ogni cosa, ma che avrebbe dovuto smuovere il mondo verso la necessità che anche Martin potesse fare la propria, liberamente, ma assolutamente coincidente con quella di Gaeta. E forse non aveva senso rimandarne il momento.
― Vuoi avvertire il tuo convivente che non torni? Ti ricordi il numero a memoria?
L'allusione a Genio ammazzò in Martin ogni voglia di scherzare e Gaeta lo aveva fatto volutamente, perché Martin doveva iniziare a ricucire insieme le varie parti inconciliabili della sua esistenza.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora