Capitolo 67

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Dopo aver firmato, ritorno in camera, dove vedo Mark seduto e con lo sguardo a terra. Ha i pugni stretti e sembra avere qualcosa di strano. Lo raggiungo e lui si alza prontamente, a disagio. Il mio sguardo viene attirato dai suoi pugni chiusi, ha dei lividi sulla nocca destra.

«Che cosa hai fatto?» chiedo, prendendo la sua mano nella mia.

La sfila violentemente e mi guarda serio. «Andiamo?»

Annuisco e non dico nessun'altra parola. Che abbia dato qualche pugno al muro? Mi dispiace così tanto, non avrei dovuto dirgli quelle parole. Lui ha fatto di peggio. Ma sono stata io a cominciare. Perché devi sempre trovare un modo per giustificarlo? Ignoro la voce nella testa e afferro la mia borsa, poi usciamo dalla stanza.

Appena tornati in hotel, ognuno si è chiuso nelle proprie camere. Per tutto il tragitto in taxi non abbiamo detto una parola, ci siamo completamente ignorata e ammetto che mi aspettavo qualche parola da parte sua, insomma, prima lo fa con me per la seconda volta e poi non mi degna neppure di uno sguardo. Non vuoi proprio renderti conto che ti sta solo usando? Smettila, non credo che sia così, avrà anche mille difetti, ma non si abbasserebbe mai a farmi una cosa del genere, è del tutto impossibile, soprattutto non dopo quello che è mi è accaduto, si è preso cura di me e mi ha portata in ospedale. Indosso il costume, anche se non potrò bagnarmi il braccio, voglio prendere un po' di sole. Dopodomani torneremo a casa e sarà tutto finito. Bussano alla porta della mia camera, interrompendo i miei pensieri depressi. Forse è Mark, magari vuole chiedermi scusa per quello che ha detto. Indosso il vestitino da spiaggia e corro ad aprire la porta.

«Cem... sei tu.» dico un po' delusa.

«Cosa hai fatto al braccio?» chiede preoccupato.

«Entra.» lo lascio passare e mi fissa, in attesa di una risposta. «Accomodati pure.»

Si siede sulla poltrona e mi esamina con molta attenzione. «Allora, cosa ti è successo?»

«Ho urtato contro una roccia...» ammetto imbarazzata.

Mi guarda in modo strano, come se la mia risposta non fosse la verità.

«Hai urtato contro una roccia?» ripete.

«Sì.»

Sta dubitando della mia sincerità? Be', non lo biasimo, sembra una storia assurda, ma non potevo dirgli tutta la verità, avrebbe frainteso.

«Cos'hai sul collo?»

Cazzarola! Il succhiotto... Non pensavo l'avrebbe notato. Ma perché mi sta riempiendo di domande? Non sono affari suoi.

«È... un livido.» mento.

«Uhm.»

Lascio perdere le spiegazioni, tanto sono inutili.

«Cosa ti porta qui?» chiedo con un sorriso forzato.

«Mi hanno detto che mi cercavi ieri pomeriggio.»

Cacchio, non credevo che quell'uomo gliel'avrebbe riferito, adesso cosa gli rispondo?

«Ehm... sì.» ammetto.

«Come mai?»

Non mi resta altra scelta, devo dirgli la verità.

«Io... volevo chiederti di uscire.» dico timida.

«Davvero?» chiede incredulo. Improvvisamente avvertiamo dei rumori provenienti dal corridoio, fuori dalla mia porta, Cem mi fissa preoccupato e si alza dalla poltrona. «Aspetta qui, vado a controllare.» dice titubante, come se avesse paura per me. «Emy?» mi chiama.

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