Capitolo 17

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Sono a casa da quasi un'ora e Mark non è ancora tornato. Odio il fatto che continui a preoccuparmi, nonostante mi ero ripromessa di non farlo più, ma per quanto mi sforzi, mi ritrovo sempre a pensarci. Da quando non sta partecipando più agli scherzi, è diverso, sembra che non gliene importi più di nulla, nemmeno della sua Barbie capelli di platino. Me lo ritrovo sempre ovunque e puntualmente mi tira fuori dai guai, sembra quasi che mi segua. Che cosa gli sta succedendo? È per caso un altro dei suoi piani malefici? Eppure non si direbbe, stavolta. Mark è sempre stato il mio punto di domanda più grande, l'unico capace di farmi impazzire e arrabbiare, e non mi piace per niente non riuscire a gestire la situazione.

Pochi minuti più tardi, la porta d'ingresso scricchiola ed io corro immediatamente a vedere se si tratta di lui. Entra in casa, barcollando e cade proprio davanti ai miei piedi. Oddio, cosa gli ha fatto? Mi affretto ad aiutarlo e quando guardo il suo viso, resto sbigottita e un senso di nausea si fa strada in me. È ricoperto di sangue.

«Oh mio Dio, ma cosa ti è successo?» chiedo in preda al panico ed evitando di guardarlo. Si poggia completamente a me, gemendo dal dolore e non riuscendo a reggersi in piedi. L'odore del sangue è forte, ma non posso svenire proprio adesso, devo aiutarlo. Sposto lo sguardo sulla porta e vedo il mio migliore amico. «Sam, l'hai accompagnato tu?»

«Sì, l'ho trovato privo di sensi, in mezzo alla strada.» Porto una mano davanti alla bocca e faccio fatica a trattenere le lacrime. Sam si accinge ad aiutarmi, sorreggendo Mark. «Ma cosa gli è successo?» mi chiede.

«Quel coglione...» comincia a parlare Mark con difficoltà. «n-non... era solo.»

«C'erano anche gli altri del tuo gruppo?» domando.

«N-no... questi non li conoscevo.» geme nuovamente, mentre Sam lo trascina fino al divano.

Brutto idiota, perché non mi dai mai ascolto? Avrei voluto chiedergli, ma resto in silenzio, è già in uno stato pietoso.

«Ho preso a pugni... quel figlio... quel figlio di puttana» continua, balbettando. «poi, dopo pochi minuti... sono arrivati dei tipi con... con... delle mazze da baseball.» Non posso credere a quello che sto ascoltando. «Ho sentito solo il primo colpo... alla testa... poi tutto nero.»

Allungo una mano sulla sua nuca e c'è del sangue.

«Emy, ti senti poco bene? Sei pallida.» mi chiede Sam.

Annuisco e mi guardo la mano tremante, ricoperta di sangue.

«Resta con lui, torno subito.» dico al mio amico.

Corro immediatamente di sopra in bagno e lavo la mia mano, facendo dei respiri profondi. Devo stare calma, Mark ha bisogno di me. Cerco la valigetta del pronto soccorso e poi ritorno al piano di sotto. Com'è possibile che Jake abbia fatto una cosa tanto orribile? Avrebbe potuto ammazzarlo. Lo guardo ancora un po', deglutendo.

«Vuoi che lo faccia io?» chiede Sam.

«Non preoccuparti.»

Sembra non presentare ferite gravi, ma dovrebbe comunque andare in ospedale, per accettarsi che sia tutto a posto. Mi si spezza il cuore a vederlo così debole. Mi siedo accanto a lui, bagno un batuffolo di cotone con del disinfettante e mi avvicino al suo sopracciglio rotto.

«Cazzo... Emy...» dice debolmente, facendo una smorfia di dolore.

«Lo so che fa male, ma devo disinfettare quelle ferite.»

Annuisce e chiude gli occhi, lasciandomi continuare il mio lavoro. Ancora mi chiedo dove lo sto trovando tutto il coraggio e la forza, alla vista del sangue.

«Ti fa male qualcosa?» chiedo preoccupata.

«Mi fa male tutto!» dice convinto.

«Emy, forse è meglio portarlo in ospedale.» suggerisce Sam.

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