LA VOLTA BUONA

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Ho passato tutto il resto della notte a fare incubi e adesso ho un mal di testa lancinante. Mi sento come se un martello continuasse a sbattere contro le mie tempie. Con fatica mi alzo a sedere e poggio la schiena ai cuscini, ma anche in questa posizione il mal di testa non mi dà tregua. All'improvviso un rumore mi fa sussultare: qualcuno sta bussando alla porta. Non ho neanche il tempo di gridare "entra" che la porta si apre ed entra Riccardo. Ho un déjà-vu. Questa scena: io stesa a letto e lui che entra per vedere come sto; l'ho già vissuta, molte più volte di quanto voglio ammettere.

«Come ti senti?» chiede timoroso  della risposta.

«Non bene» rispondo avverando la sue paure.

Riccardo si siede vicino a me sul letto. I lineamenti del suo volto sono duri e la sua espressione è seria. Ha lo sguardo fisso nel vuoto, molto probabilmente sta pensando. Poi si volta verso di me e mi guarda avvilito.

«Mi dispiace, ma... io non ce la faccio più. Sono stanco di vederti sempre in questo stato e non riuscire a fare nulla.- fa una pausa- Non capisco mai che cosa ti passa per la mente. Un momento prima va tutto bene e quello dopo ti ritrovo svenuta tra le mie braccia. Sono stanco di vivere sempre con la paura costante che da un momento all'altro ti possa accadere qualcosa. Non so come rendermi utile, e tu non mi faciliti certo le cose: non parli mai dei tuoi problemi e ogni volta che tento di chiederti qualcosa tu ti chiudi in te stessa. Non so cosa ti è successo di tanto brutto da ridurti in questo stato, ma so che posso aiutarti, anzi io voglio aiutarti, ma solo se tu me lo permetti. Parlami ti prego! Insieme troveremo una soluzione.»

Scuoto il capo con le lacrime agli occhi «no, non puoi, perché non ce n'è soluzione. In tanti si sono offerti di aiutarmi come te, ma sai cosa hanno fatto? Niente. Si sono limitati a portarmi da medici e psichiatri, che mi hanno imbottito di medicine, proprio come ha fatto quell'uomo che tu stesso hai chiamato. Anche io sono stanca di tutto questo – dico allargando le braccia-, sono stanca di prendere quelle pillole, di non riuscire a fare sogni tranquilli, di essere diversa da tutte le altre ragazze» ormai le lacrime scorrono come un fiume.

«Ti prego non piangere» dice asciugandomi le lacrime con il pollice.

«Sono un disastro»; mi copro il viso per la vergogna.

«No, tu sei bellissima» dice costringendomi a guardarlo. Il suo sguardo è penetrante, tanto che ho quasi paura che possa scoprire il mio segreto solo guardandomi. Abbasso gli occhi, incapace di sostenere l'intensità dei suoi.

«Vattene» sussurro tra i singhiozzi, ma lui non mi ascolta, «vattene» ripeto con più insistenza; «ti prego non farmelo ripetere un'altra volta» lo supplico, «ascoltami Riccardo, so che ti senti in dovere di aiutarmi, ma io non voglio il tuo aiuto, né quello che chiunque altro, perché vi trascinerei a fondo con me e non posso sopportarlo. Perciò, tu che puoi, vattene; io lo farei se fossi in te.»

Scuote il capo «no, chiedimi tutto; ma questo no. Non ti lascerò da sola.»

«Anche gli altri dicevano la stessa cosa.»

«Ma io non sono gli altri. Io non me ne andrò. Costi quel che costi.»

Mi posa due dita sotto il mento e mi alza la testa «guardami. Questa cosa è più grande di te. Non ne uscirai mai dai sola. Io posso aiutarti a fare chiarezza» dice le ultime parole guardandomi fisso negli occhi, e per un attimo mi lascio quasi convincere che questa sia la volta buona.

Perdersi per ritrovarsi ancora Where stories live. Discover now