46.

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Justin P.O.V

Avevo un disperato bisogno di sfogarmi. Il mio corpo tramava per la tensione, mentre i miei pensieri non facevano altro che rivoltarsi contro di me. La mia forza mi schiacciava ridendo della mia debolezza, non riuscivo più a controllarmi. Le mani sul volante erano bianche. Mentre la maggior parte delle vene principali erano gonfie a tal punto da inalzare la pelle e permettere la loro vista. Sentivo il mio cuore ringhiare con forza aumentando i battiti del mio cuore, il sangue correva dentro di me bruciando ogni singola cosa. Il mio respiro affogava l'aria intorno a me. Sentivo la tensione distruggere ogni mio piccolo senso. Non c'è la faccio più. La lancetta del tachimetro si alzava sempre di più mentre il motore rombava dentro di me. Il mio sguardo era fisso sulla strada. Lentamente tutto quello che avevo intorno prese una piega nera, nera come tutto quello che stavo alimentando adesso.

Kia P.O.V

Guardai per la decima volta l'orologio appeso al di sopra dello stipite della porta della cucina. Le mie dita picchiettavano contro l'isola impazienti e nervose. Le mie gambe erano accavallate, quella che dominava l'altra si muoveva con agitazione. Andiamo calmati...
Non riuscivo. Sentivo una strana ansia. Avevo paura che potesse succedere qualcosa, cosa vai mai a pensare in queste situazioni?!
Era l'una di notte. E Justin non era in casa. Sarà fuori con i suoi amici...
Andiamo ma chi voglio prendere in giro! Justin è da mesi che non si sente più con nessuno! È letteralmente impossibile. Andiamo...
Tirai un pugno sul ripiano su cui ero poggiata voltandomi verso l'interno per appoggiare i gomiti. La testa mi ricadde sui palmi mentre le mie dita si strinsero al cuoio capelluto stringendo, sempre più forte. Il mio viso all'altezza degli occhi era tirato, come tra l'altro tutto il mio corpo. Avevo un orribile presentimento. Esagerata...ma si! Cosa vuoi mai che sia successo.
Come posso tranquillizzarmi quando è da mesi che non esce di casa! Tralasciando che mi avvertirebbe! Con qualsiasi cosa! E soprattutto non starebbe così tanto fuori fino all'una! Chi non avvertirebbe!
Le mie gambe iniziarono ad agitarsi sempre di più, volontariamente, causandomi solo agitazione e stress. Sentivo il cuore battermi forte nel petto, come se avessi bevuto tre tazze di caffè tutte in una volta. Ispirai ed espirai cercando in qualche modo di incanalare più aria possibile, in modo da calmare il mio cervello soffocandolo con l'aria. Buttai fuori tutto accompagnato da un mezzo grido per l'esasperazione.

-"ok, ok, diamoci una calmata...andrà tutto bene. Adesso vedi di distrarti. Tornerà. Sano e salvo senza nessun problema. Ora smettila di farti delle paranoie perché sai che non va bene! Soprattutto in sto cazzo di periodo!"

Dissi tra me e me. Con tranquillità, falsa tra l'altro, cercai di alzarmi per avviarmi verso il salotto. Scattai la testa verso la porta sperando di sentire la serratura scattare. Ma niente. Sospirai buttandomi sul morbido divano dove alcuni ricordi con me e lui mi riaffiorarono la testa. Accarezzai il tessuto. Era morbido e setoso sotto le mie dita. Mi rilassai sentendo la stanchezza annidarsi. Forse dovrei riposare, arriverà. Sbadigliai rannicchiandomi sul divano. Chiusi gli occhi cercando di trovare qualcosa di più calmo da pensare per accompagnarmi nel cammino tra le braccia di Morfeo. Panda. Gelato. Unicorni.
Sorrisi cercando di tranquillizzare l'ansia che continuava ad alimentare l'agitazione che cercavo di mascherare. Ok faccio schifo a mentire a me stessa! Mi alzai bruscamente mentendomi seduta a gambe incrociate, cosa pessima, visto che iniziò a girarmi la testa facendomi, anche male. Strinsi le palpebre mettendo le dita sulla fronte. Possibile che sia così imbranata?
Urlai quando qualcosa andò a sbattere contro la porta di casa. Mi voltai verso essa col panico disegnato negli occhi. Il mio respiro aumentò come la speranza di trovare Justin è non un maniaco dietro alla porta. Mi alzai traballante stringendo il cuscino del divano. Suvvia!...
La mia mente è troppo ottimista, se incontrassi un cane con la rabbia gocciolante dalla bocca probabilmente affermerebbe che sia panna montata. Alzai gli occhi al cielo.
La paura si placò quando riconobbi il suo timbro di voce. Borbottava qualcosa di incomprensibile. Mi avvicinai velocemente alla porta incrociando le braccia al petto. In qualche modo mi venne in mente la tipica immagine di una madre intenta a smascherare un adolescente in preda ad una fuga notturna, ora di ritorno. Ben presto la porta di aprì con poca grazia, cosa che mi fece fare due passi indietro per evitare di beccarmela in piena faccia. Sbattei più volte le palpebre. Ok confermiamo che c'è qualcosa che non va.
Mi sorpresi quando la porta andò a sbattere contro la parete tornando indietro, cosa che fermai prima che potesse colpirmi. Strinsi con forza la presa osservando quello che avevo davanti. Il mio viso prese una piega seria e fredda. Il mio stomaco si contrasse per l'orrore che stavo guardando mentre la mia testa urlava preoccupazione. Non ci credo. Ora si, che la scena dell'adolescente e della madre risulta più nitida e con senso.

-"non ci posso credere..."

Justin era appoggiato al muretto di mattoni con il corpo che faticava a tenersi in piedi. Il suo viso era chino verso il pavimento. Il tutto accompagnato da un odore pungente di alcool. Sfrecciai con gli occhi sulla sua figura cercando di capire. Ben presto al posto della serietà si fece spazio la tristezza è la confusione. E ovviamente la domanda deforme risalì tutto il mio corpo arrivando poi alla testa che la rese più formosa è chiara. Perché?

-"P-piccola m-mia"

Avanzò verso di me con pesantezza, meccanicamente le mie mani si tesero in avanti per fargli supporto e per evitare di farlo cadere. L'odore dell'alcol prese a diventare molto più marcato. Quasi da poter distinguere quasi ogni cosa che avesse bevuto, in elevate quantità. Là mente stranamente era vuota, forse perché non sapevo a cosa pensare. Non riuscivo ad immaginare e tanto meno capire il motivo di quel gesto così...così stupido e strano. Il suo corpo si avvinghiò al mio stringendomi forte. Per quanto cercassi di impedirlo il mio cuore si riempì di tenerezza. Accarezzai la sua schiena. Di certo le sue azioni erano portate da un conseguente. Già il suo abbraccio mi faceva capire fin troppe cose. Ovvero: Ero io la causa.

🦋🦋🦋

Cosa devo fare?
Sospirai amaramente abbracciando il mio corpo. Justin era seduto sul suo letto con i gomiti sulle ginocchia e le mani che tenevano la testa. La sua espressione era qualcosa di...ammaliante. Travolgente. Distruggeva ogni mio muro di indifferenza e freddezza. Era un mix di tristezza e un cucciolo smarrito. Mi guardava, con gli occhi arrossati e leggermente lucidi. Il suo corpo tramava leggermente. Anche se la mia mente lo adorava il mio corpo mostrava l'incontrario. Ho sempre avuto questo pregio. La maggior parte delle persone non riesce a controllare le proprie emozioni attraverso il corpo, mentre io ho un ottima padronanza. Molte volte la mia mente è in continuo contrasto con il mio corpo. Sospirai appoggiando una mano sul viso mentre i capelli ricaddero in avanti solleticandomi il collo e lasciandomi una sensazione di freddo dietro alla nuca. Strinsi forte gli occhi.

-"sei arrabbiata con me?"

Mi voltai di scatto verso di lui, mi rilassano subito dopo incrociando le braccia. Inclinai la testa per poi voltarla verso il muro.

-"no, ma non capisco il motivo...perché l'hai fatto?"

Cercai di mantenere la calma, mi voltai con lo sguardo perso. Immaginandomi di trovarlo nella posizione iniziale, col suo sguardo puntato sulla mia figura. Ma, invece, lo trovai ad un palmo dal mio viso. Col corpo rigido e torreggiante sul mio. Sussultai per la sorpresa. Mi afferrò velocemente il braccio stringendomi a lui. Il mio cuore palpitò a quelle strane attenzioni. Mi strinse forte a lui. Il suo abbraccio era qualcosa di disperato, come se stesse costatando il perché fossi lì con lui.
Ma questo non mi stava riempiendo il cuore di gioia...mi stava preoccupando. Justin non stava bene, e nuovamente ero io la causa. Cercai di fare pressione sul suo petto per spostarmi dalla sua presa. Notai come stesse facendo pressione per non lasciarmi andare.

-"Justin, lasciami"

Parlai con autorità. Mi strinse la maglietta in un pugno facendomi capire che non avrebbe lasciato, neanche se avessi opposto resistenza. Sospirai mentre un'ondata di tristezza prese ad insediarsi dentro di me. Ben presto le lacrime iniziarono a colare lungo le mie guance. Strinsi anche io tra le dita la sua maglietta. Il suo calore mi fece sciogliere del tutto. Crollai piangendo.

-"perché? Perché stai così male Justin? Perché ti faccio male? Di che sono io la causa..."

Parlai attutendo la mia voce sul suo petto. I suoi muscoli si irrigidirono e lo sentii trattenere il respiro. Il suo cuore iniziò a battere più forte. Le mie ginocchia tremarono come tutto il mio corpo. Sospirai amaramente con le lacrime che rigavano il mio volto, approfittai di quella debolezza per sottrarmi dalla sua presa. Mi asciugai il volto bruscamente per poi lasciare la stanza e correre in quella degli ospiti. Dovevo stare da sola.

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