Donovan

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Con l'aiuto dei Valdez, la Argo III era stata riparata in soli due giorni e pareva come nuova. Leo aveva dato utilissimi suggerimenti a Ian e gli aveva persino lasciato alcuni dei propri attrezzi, che ovviamente il ragazzo aveva conservato come fossero cimeli.

Al mattino presto del terzo giorno, la nave aveva lasciato il porto di Barcellona e si era rimessa in volo, dirigendosi verso l'Italia meridionale.

Michaela pareva aver cambiato idea su Ariana e Donovan ne fu sollevato. La sua strategia aveva funzionato: farle stare nella stessa cabina le aiutava a legare. Aveva detto a Ian di non creare un'altra cabina, ma di lasciarle assieme. Il figlio di Efesto non aveva protestato, anche se ovviamente non comprendeva a fondo i piani.

Malgrado la partenza tranquilla, Donovan si sentiva agitato, elettrico. Che fosse perché si avvicinavano sempre di più al monte Elicona? Non ne era sicuro, ma qualcosa, una vocina nella testa, gli diceva di stare molto attento alle Muse. Certo, tutti si immaginavano splendide fanciulle immortali dedite alle arti e alla musica, non certo mostri coi canini appuntiti, ma Donovan era più propenso a credere ad una via di mezzo. La storia di Marsia insegnava che erano tutt'altro che splendide, ma decisamente meschine.

La notte prima della partenza, fece un sogno. Beh, i semidei sognano continuamente, quindi non trovò la cosa strana, all'inizio. Sta volta, però, il sogno non riguardava la profezia.

Il semidio si ritrovò in un luogo che non riusciva a mettere a fuoco, non capiva dove si trovava nemmeno sforzandosi e strabuzzando gli occhi. C'era qualcuno in quel luogo, una figura che indossava una veste col cappuccio. Sembrava una donna, ma non ne era certo. Era forse di nuovo Leto, suo nonna? No, non era Leto, il potere che irradiava quella creatura gli mise i brividi. Scoprendosi il volto, la figura femminile si mostrò: era molto bella, eterea, ma di un fascino freddo e antico. I capelli erano neri e lucidi come bastoncini di liquirizia, gli occhi cangianti e dal taglio affilato.

- Vieni, eroe, ti sto aspettando. Vedremo chi di noi avrà la sua rivincita-

Donovan era sicurissimo che non si stesse riferendo a lui, la creatura guardava qualcuno attraverso una specie di specchio. Chi stava aspettando? Spostandosi, fece frusciare la veste e le si scoprì una caviglia. Il tatuaggio che aveva sul collo del piede nudo fece trasalire il figlio di Apollo.

- Una mela d'oro- pensò- è una delle Esperidi-

L'Esperide sorrise freddamente. Sotto i suoi piedi, enormi crepacci scuri si allargavano ogni minuto, facendo fuoriuscire un fumo nero e denso. Donovan rabbrividì violentemente nel percepire la potenza del Caos.

Si svegliò con la sensazione di cadere nel vuoto. Sospirò profondamente, mettendosi seduto e cercando di capire cos'aveva visto. Il punto era che aveva capito perfettamente il sogno, ma non riusciva a capacitarsi della cosa. Amanita aveva tentato, mesi prima, di far andare le Esperidi dalla loro parte, ma era stato tutto vano. Sicuramente, la creatura del sogno era Egle. Se era dalla parte di Caos, stava cerando di farlo uscire da quelle fessure nel terreno. Una cosa era chiara: l'entità che cercava di avvolgere il mondo con quella cortina fumosa non era tangibile, non aveva un corpo; e la storia insegnava che quando un malvagio non ha un corpo, in un qualche modo se ne procura uno, volente o nolente.

Uscì dalle coperte e osservò il flauto d'oro di Apollo. Sperò davvero che fosse di qualche utilità. Se lo ficcò in tasca e uscì dalla cabina, salendo sul ponte, dove Percy e Jason stavano facendo il loro turno di guardia, chiacchierando per far passare il tempo.

Ripensò a Crono. E se Caos non avesse avuto bisogno di "chiedere il permesso" per impossessarsi del corpo di qualcuno? Avrebbe potuto entrare dentro chiunque. Quel pensiero gli provocò l'urgenza di parlare con i due semidei più forti della loro epoca.

Riley Jackson e gli Dei dell'Olimpo [CONCLUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora