Donovan

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Donovan avrebbe preferito non addormentarsi in metropolitana. I semidei sognavano quasi sempre e solitamente si trattava di cose poco piacevoli, di quelle che ti fanno saltare a sedere nel letto.

Nel suo sogno, il semidio si trovava da qualche parte al buio, pareva un sotterraneo o qualcosa del genere. L'aria era umida e odorava di muffa e chiuso. C'era dell'acqua stagnante che scorreva vicino ai suoi piedi. Alzando lo sguardo, Donovan ebbe l'impressione di trovarsi sotto a qualcosa di imponente; una cattedrale? Un castello? Un grattacielo? No, quei sotterranei si diramavano in ogni direzione, si poteva fare il giro con un gommone.

La sensazione di freddo entrava nelle ossa come quando il tempo era nebbioso nel Wyoming. Ma c'era qualcosa di strano, il clima era diverso e non era solo perché si trovava sottoterra. Un'improvvisa consapevolezza gli attanagliò lo stomaco ed ebbe la stessa forza di un pugno, tanto da farlo indietreggiare barcollando. Quel posto era antico, davvero molto antico. Inoltre, quel dedalo di tunnel sotterranei era permeato da qualcosa di magico, una forza invisibile scorreva nell'acqua dei canali, una forza mai vista o sentita prima dal figlio di Apollo.

E proprio in quel luogo sconosciuto, nell'acqua, una stele di bronzo se ne stava pigramente incagliata sul fondo, erosa dal tempo e dall'azione dell'acqua. Donovan si chinò, ma col braccio non avrebbe potuta raggiungerla nemmeno volendo, inoltre l'idea di immergere la mano non era esattamente di suo gusto. Cercò allora di decifrare i simboli, anche se l'acqua che scorreva rendeva difficile la lettura. Strinse gli occhi: c'erano caratteri sia latini che greci incisi, sembrava lo stesso testo in due copie, una romana e una greca. Era impossibile capire esattamente cosa dicesse la stele, ma Donovan mise insieme la prima frase in greco (faticando in modo bestiale, tanto che maledisse gli antichi greci e la loro scrittura bustrofedica).

Quattro mortali dell'Olimpo eroi saranno.

Sussultò. Erano le stesse parole blaterate da Ella al campo, che riguardavano la profezia perduta che Apollo aveva proibito di far conoscere in tempi antichi.

Quando pensava di cercare un modo per capire dove si trovava quel luogo, il sogno cambiò. Si trovava in cima a una specie di torre, guardava una città sconosciuta dall'alto, ma grossi nubi nere e gonfie gli impedivano di riconoscerla. Le mani erano calde e bagnate e, abbassando lo sguardo, Donovan vide sangue; sangue dappertutto, addosso a lui, attorno a lui. Ma non era suo, c'era una figura a terra e il suo cuore si fece pesante, temendo potesse trattarsi di uno dei suoi amici.

Fu allora che si svegliò di soprassalto. Si guardò attorno, scendendo appena in tempo alla fermata giusta. Sospirò, passandosi una mano sul viso e cercando di svegliarsi. Rabbrividì ripensando al sogno e si chiese come accidenti avrebbero fatto a trovare quella profezia se nemmeno sapevano dove fosse. Il suo sogno non aiutava molto, purtroppo, un luogo sotterraneo con dei canali poteva esistere ovunque.

- Come se Caos aspettasse noi che facciamo il giro del mondo in ottanta giorni- pensò, scuotendo il capo.

Mentre usciva dalla stazione della metropolitana, tornando alla luce del sole, venne fermato da qualcuno che se ne stava appoggiato ad un lampione.

- Dovresti tenere più in considerazione i tuoi sogni, Don, potrebbero aiutare moltissimo i tuoi amici mortali-

Voltandosi, Donovan osservò un giovane vestito chic, con un cappotto infiancato scuro, sciarpa alla moda e capelli perfetti. Sospirò.

- Perché mi compari sempre nei momenti meno opportuni?- domandò- Sei un pessimo padre-

Apollo parve deluso.

- Ma sono figo così, no?- replicò, offeso.

- Sembri mio fratello, non mio padre- rispose Donovan- adesso perché sei qui, eh?-

Riley Jackson e gli Dei dell'Olimpo [CONCLUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora