1. Finalmente

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Dopo l'ennesima litigata, finalmente, i miei genitori decisero di separarsi... e dico 'finalmente' perché ormai sia io che mio fratello maggiore eravamo stufi.
Stufi di tutte quelle parolacce e di tutti quegli insulti che colmavano le nostre notti; da ormai anni.

I nostri genitori anche se si odiavano non volevano separarsi, preferivano aspettare che io e mio fratello diventassimo grandi.
L'unico problema era che sia per noi che per loro era una grandissima tortura.

Mio padre così dopo uno dei tanti litigi decise di fare le valigie, partire e non ritornare più in quella casa che emanava un'aria di infelicità.

Erano le 4:07 di mattina quando lui con le lacrime agli occhi chiamò me e mio fratello.

"Ragazzi, veloci, svegliatevi, prendete tutti i vostri vestiti e tutto quello che serve, ce ne andiamo e non ritorneremo più" sospirò, si asciugo' le lacrime e ci buttò le nostre valigie.

Io come ogni notte avevo le cuffiette alle orecchie, i loro lamenti erano insopportabili. Quando me le tolsi sentii la voce di mio fratello:

"Dai veloce Emily alzati andiamo"

"Lorenzo... si sistemera' tutto questo?" Chiesi.
Lui però non rispose tirò solo un sospiro.

Mi alzai e senza pensarci troppo mi preparai la valigia in fretta e furia per non far arrabbiare mio papà.
A dir la verità in quel momento non riuscivo nemmeno a capire cosa stesse succedendo...
"Scappare" nel bel mezzo della notte non è una cosa da tutti i giorni.

Mi vestii e saltai in macchina, guardai per l'ultima volta la mia casa e mia mamma.
Non sapevo veramente a che pensare.

Ero cosciente che i miei genitori erano andati fuori di testa e non sapevo chi dei due aveva più torto dell'altro; però non mi spiegavo questa fretta di scappare.

Il loro "cattivo esempio" spiegava tutti i brutti voti a scuola e il mio comportamento assai strano. Purtroppo erano talmente presi da se stessi che non mi capivano.

Quando arrivammo all'aeroporto, imbarcammo le valigie e salimmo sull'aereo... per tutto il viaggio mi riufiutai di parlare con mio padre.
E il motivo era solo uno: non sapevo nemmeno dove stessimo andando.

Le ore passarono e io mi addormentai.
Venni svegliata dal tremolio dell'aereo: stavamo atterrando.

"Emily siamo arrivati svegliati" mi disse Lorenzo.

"Dove siamo?" Chiesi senza pensarci troppo.

"In America" Mi disse.

Non ci credevo, era impossibile.
Cosa ci facevamo in America?
Dove andavamo a vivere?

Dopo aver recuperato la valigia prendemmo un taxi, solo a quel punto realizzai che eravamo veramente in America.
Mio papà in inglese disse la destinazione al taxista.

Il taxi si fermò e ci lascio' davanti a una casa color giallo pastello; successivamente ci diede le valigie e se ne andò.

Seguii mio papà che mentre si incamminó verso l'entrata della nuova casa tiró fuori dalle tasche le chiavi per aprirla.

Appena la porta si spalancò un profumo di 'nuovo' mi pizzico' le narici.
La casa, dentro ,era tutta bianca e arredata, subito dopo l'entrata a destra c'era un salotto con due divani e una tv molto grande, mentre a sinistra c'era una cucina molto spaziosa con un tavolo in legno.

Di fronte alla porta dopo una decina di metri c'erano le scale tutte bianche che portavano alle camere.
Ero molto impaziente di vedere la mia perché probabilmente ci avrei passato la maggior parte del tempo.

Le cose stavano cambiando così velocemente....troppo velocemente per i miei gusti.
Tutto questo non aveva senso.

Entrai nella mia nuova camera, era abbastanza spaziosa ed al centro si trovava un gigantesco letto matrimoniale, sopra ad esso c'era una finestra che si affacciava su un'altra casa.
A destra del letto c'era una scrivania spoglia e a destra un armadio con uno specchio.

Mi guardai allo specchio e un'incredibile tristezza mi affondo' in un mare di lacrime, tutto questo schifo stava succedendo a me, perché proprio a me?

Mi buttai nel letto e caddi in un sonno profondo.

[...]

"Emily veloce vieni giù ti vuole papà" gridò mio fratello.

Volutamente ci misi tanto a scendere, volevo far vedere a mio papà che ero arrabbiata e non poco.

"Emily non abbiamo nulla nel frigo vai dai vicini, presentati e chiedigli se gentilmente hanno qualcosa da prestarci... ah si e digli che ci siamo appena traseferiti"

Io come se non mi avesse detto nulla mi sedetti sul divano e guardai la tv, non mi importava di quello che diceva... orami eravamo andati in un paese che nemmeno conoscevamo, senza preavviso.
Mi stava rovinando la vita, mi stava frantumando tutte le amicizie che in quegli anni ero riuscita a costruire, mi stava facendo mandare in frantumi la storia tra me e il mio ragazzo,  non dovevo nulla a quell'uomo.

Dopo venti minuti mio padre si accorse che io non ero mai uscita per andare dai vicini, mi prese per i capelli e mi urló contro.

"Cosa diavolo ci fai ancora qua? Ti avevo detto di andare dai vicini, non pensare che siccome ce ne siamo andati tu possa fare quello che vuoi!!"

Lo guardai con occhi colmi di rabbia e senza esitare un attimo risposi:

"Cosa vuoi da me? Tu mi hai portata in un paese, svegliandomi alle 4 della mattina e ordinandomi di fare le valigie. Non hai pensato nemmeno che io l'inglese non lo so bene, solo per quel poco che mi insegnano a scuola, non conosciamo un cazzo di nessuno, abbiamo abbandonato la mamma e per di più viviamo in questa merda di paesino,sei davvero stronzo! TI ODIO" gli urlai in faccia.

Mi arrivò uno schiaffo nel bel mezzo della guancia, nel frattempo mio fratello che stava guardando la scena mi prese e si assicurò che io non mi fossi fatta troppo male.

"Papà ma sei scemo?" Chiese quasi sconvolto.
Un'occhiata di disprezzo da parte di mio papà fulmino' mio fratello, lui sentendosi vulnerabile cerco' di comprendere lo stato in cui si trovava.
Mi prese per mano e insieme ci incamminammo verso la porta, prima di chiuderla disse:

"Papà vado io dai vicini con Emily".
Lui fortunatamente tempo prima era andato a fare una vacanza studio all'estero per un anno e l'inglese lo sapeva alla perfezione.
Attraversammo il vialetto della casa dei vicini e suonammo al campanello, ci aprì un ragazzo.

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