Capitolo sedicesimo

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Le bibite gassate facevano a me e a Michael lo stesso effetto che avrebbero fatto degli shottini. Finii di mangiucchiare le mie patatine, mentre il ragazzo di fronte a me raccontava di come i ragazzi si erano rifiutati di ammettere di conoscerlo quando si era tinto i capelli di rosa shocking per sbaglio. Non riuscii a trattenermi e risi. Michael smise per un attimo di sorridere e mi guardò stupito. Io mi portai le mani alla bocca stupita a mia volta.
- Hai davvero una bella risata, Syd. - disse sorridendomi mestamente. Scossi la testa divertita ed imbarazzata per il complimento. Mi morsi il labbro guardando il vassoio ora vuoto che Ashton mi aveva galantemente poggiato davanti.
"Sei la prima persona che me lo dice in vita mia." risposi. Chiunque mi aveva sentita ridere aveva sempre detto che ero fastidiosa, ridevo troppo forte e troppo spesso. A quel tempo non capivo perché non potessi semplicemente mostrare alle persone la mia felicità anche per le piccole cose, perché non potessi ridere e sfogarmi. Alla fine avevo capito che semplicemente le persone odiavano che qualcuno potesse essere felice o più felice di loro.
- Vuol dire che sono la prima persona a capire quanto tu sia speciale. - fece lui. Inclinai leggermente la testa. Non mi sarei aspettata che Michael potesse usare una frase così comune che avevo sentito migliaia di volte dire dai ragazzi per rimorchiare le ragazze.
"Lo dici perché sono... così come sono?" scrissi. Michael scosse la testa.
- No. Lo dico perché per qualche strano motivo ci assomigliamo molto. - spiegò giocando con un tovagliolo. - Non ti sei mai sentita come se fossi un'emarginata, come se fossi un rigetto della società? - mi chiese vuoto. Lo vedevo triste, estremamente triste. Avrei voluto salvarlo da tutta quella tristezza. Gli presi una mano e la strinsi per confortarlo e per confortarmi.
"Tutti i giorni, Michael."
- Anche prima? Prima di decidere di non parlare più? - chiese. Annuii.
"Qualunque sforzo facessi per aiutare qualcuno o per sentirmi in qualche modo felice... sembrava inutile. Tutti a criticarti a dirti che i tuoi sforzi sono inutili. Alla fine semplicemente smetti di ascoltare ciò che ti dicono e di cercare di essere felice."
Michael ricambiò la stretta di mano. - Hai smesso anche tu, vero? Di cercare di essere felice. -
Feci spallucce. "Non credo di essere mai riuscita a essere davvero Felice."
- Forse la Felicità non esiste per gente come noi. -

Mi guardai attorno. Michael mi aveva lasciata un attimo da sola per andare in bagno. Presi il cellulare e mi misi a guardare Facebook. Non c'era niente da vedere in realtà. Un'ombra mi avvolse. Mi voltai con un sorriso, ma si spense subito. Gli occhi in tempesta che mi perseguitavano erano di fronte a me.
"Cosa ci fai qui?" digitai velocemente innervosita dalla sua presenza. Lui mi afferrò per il braccio e mi fece alzare in piedi.
- Vieni via. - parlò lui freddamente. Mi divincolai dalla sua stretta scuotendo la testa fermamente. Rifeci vedere il messaggio ed aspettai la sua risposta. - Ti ho risposto. Vieni via con me. -
Feci una smorfia irritata dal suo atteggiamento possessivo ed ossessivo nei miei confronti. "Non ho bisogno che anche Michael mi odi per colpa tua, grazie." replicai tagliente. Luke mi guardò ancora più freddamente.
- Michael non odia nessuno. - replicò lui.
"Ma che problemi hai, Hemmings? Non puoi piombare nel mezzo di un mio appuntamento con Michael come se niente fosse e pretendere di fare ciò che vuoi!"
- Che problemi ho io? Oltre che a essere muta sei anche... - ma venne bloccato.
- Luke? - chiese una voce alle mie spalle. Il ragazzo che avevo di fronte era così concentrato su di me che non si era accorto dell'arrivo di Ashton. - Cosa ci fai qui? - chiese cautamente, scrutandolo preoccupato.
- Passavo di qui e volevo fare un salto a salutare Sydney. - rispose vuoto. Scossi la testa schifata dalle sue menzogne.
- Oh. - riuscì a dire per niente convinto. Fortunatamente in quel momento arrivò anche Michael.
- Luke? - domandò anche lui confuso dalla sua apparizione improvvisa. Mi avvicinai a lui che mi prese per mano. Sospirai di sollievo sorridendo nel vedere le nostre mani incrociate. Ma quando alzai lo sguardo notai che anche Luke fissava le nostre mani e non sembrava affatto contento.
- Come avete potuto? - chiese. Sembrava che vedendoci insieme l'avessimo svuotato di ogni forza. - Come hai potuto, Michael? - chiese con voce rotta. Guardai Michael. Stava fissando il suo amico come se avesse davanti uno sconosciuto.
- Non ho fatto niente, Luke. - rispose lui in un sussurrò debole. Mi morsi il labbro inferiore. Perché Lucas doveva continuamente intaccare i miei momenti di non tristezza? Per quella serata avevo smesso di pensare a lui e alle sue parole crudeli nei miei confronti, invece ora si trovava proprio di fronte a noi.
Lucas rise senza allegria. - Stai cercando di convincere me o te stesso? - domandò.
- Non sto cercando di convincere nessuno. Sto solo cercando di avere una vita, Luke. Uscire con qualcuno che mi piace, diplomarmi... non è colpa mia se tu stai mandando la tua vita a puttane. - replicò.
- Non è colpa mia! È colpa di mia madre! - urlò il ragazzo con gli occhi in tempesta. Michael scosse la testa quasi disgustato.
- E tu non fai niente per cambiare questa situazione, ti lasci trasportare dagli eventi. Io sto cercando di rialzarmi, Luke. Non puoi pretendere che io affoghi con te. -

Words. || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora