Capitolo quindicesimo

902 47 2
                                    

Quella sera mi preparai con gran cura. Mi misi un vestito color notte a fiori con una cintura spessa borchiata. Avevo raccolto i capelli lilla in una coda alta con un nastro dello stesso colore del vestito e per completare l'outfit avevo dei tacchi ed un borsellino abbinati, in questo ultimo avevo infilato lo stretto necessario, cioè cellulare e portafoglio. L'unico problema ora consisteva nello sgattaiolare fuori di casa senza che i miei genitori lo venissero a sapere. Mia madre e mio padre erano stati così preoccupati nel corso degli anni nel tenermi lontana dalle "cattive compagnie" che non si erano accorti che le uniche persone che odiavo più avere vicino erano proprio loro. Sentii delle porte sbattere al piano inferiore e le urla di mia madre. Mi chiedevo perché i nostri vicini non avessero ancora chiamato la polizia per rumori molesti. Chiusi la porta a doppia mandata e mi diressi verso la finestra. Lasciai cadere nel prato sottostante le scarpe e mi misi la borsetta a tracolla. Mi issai sulla cornice della finestra e mi aggrappai al sostegno delle piante rampicanti. Era dall'età di quattordici anni che me la svignavo di casa in quel modo la notte. All'epoca lo facevo per non sentire le urla dei miei genitori, ora lo facevo semplicemente per guardare il cielo stellato. Scesi lentamente il sostegno come una scaletta. Michael sarebbe arrivato in una quindicina di minuti. Arrivata a terra mi sistemai il vestito e raccattai da terra i tacchi. Camminai nell'erba a piedi scalzi, cercando di non fare troppo rumore e di non sporcarmi troppo i piedi di terra. Il rumore di un piatto infranto mi fece voltare verso le luci accese della cucina. Le urla di sottofondo mi resero nervosa. Cosa avrebbe pensato Michael sentendo tutte quelle cose orribili? Avevo quasi la tentazione di prendere il cellulare e mandargli un messaggio per disdire l'appuntamento, se così si poteva chiamare. Mi sedetti sul ciglio del marciapiede per aspettarlo e mettermi i tacchi. Avevo le mani gelate. Le portai alla bocca e ci soffiai per scaldarle, ma non funzionò molto. Il rumore di un altro piatto infranto venne dalla cucina. Probabilmente il giorno dopo avrei mangiato con i piatti di plastica. Guardai l'ora sul cellulare. Michael sarebbe arrivato in cinque minuti. Mi alzai in piedi sui tacchi e mi lisciai le pieghe del vestito. L'altro piatto infranto. Strinsi ancora più forte il cellulare tra le dita, fino a non sentirmele più. Finalmente vidi un faro in lontananza che si avvicinava lentamente. Michael accostò la moto al marciapiede e mi rivolse un sorriso mozzafiato, che ricambiai arrossendo.
- Hey! Cosa ci fai qui fuori da sola? - mi chiese corrucciato guardandosi attorno. Sbloccai lo schermo del cellulare.
"Ti stavo aspettando." scrissi. Un piatto infranto. Sperai che Michael non l'avesse sentito, ma invano. Il suo sguardo si spostò sulle luci accese alle mie spalle. Mi sentivo totalmente in imbarazzo.
- Comunque sei uno spettacolo. - si complimentò riposando lo sguardo su di me, ignorando le urla di mia madre. Forse pensava che non fosse casa mia.
"Grazie. La giacca da motociclista ti sta proprio bene." risposi. Guardai la moto. "Non sono mai salita su una moto." ammisi poi.
- Non preoccuparti. Devi solo tenerti stretta a me. - mi sorrise.

Le gambe erano leggermente instabili per l'adrenalina che mi scorreva nelle vene, e i tacchi non aiutavano affatto. Smontai dalla moto e mi aggiustai il vestito, per poi togliermi il casco. Mi guardai attorno stranita, e notai un'insegna luminosa, rimanendo a bocca aperta.
- Il cibo più buono al mondo dopo la pizza. - disse Michael indicando con un gesto il McDonald's. Non riuscii a non essere d'accordo, ma poi mi resi conto che avevo addosso un vestito troppo elegante per un posto del genere. Michael sembrò leggermi nella mente. - Sei perfetta vestita così. Anche se non si tratta di un ristorante di lusso, che per altro non potrei permettermi, anche un semplice McDonald's ha il suo fascino per un appuntamento. - Il cuore prese a battere all'impazzata. Michael l'aveva definito appuntamento. Mi tese il braccio ed io mi aggrappai a lui. Entrammo nel fast food praticamente deserto e il ragazzo mi condusse verso un tavolo da due appartato e con sopra una candela rossa accesa. Mi aiutò ad accomodarmi e si sedette davanti a me. L'unica cosa che doveva rendere quell'uscita simile ad una romantica era d'impaccio tra noi due. Avevo la candela praticamente davanti agli occhi e pure Michael se ne accorse. Ridacchio per niente imbarazzato e ci soffiò sopra per poi spostarla sul tavolino a fianco. Sorrisi divertita anch'io, ma prima che potessimo dire qualcosa una famigliare chioma bionda si avvicinò a noi, con addosso una giacca elegante sulla divisa da lavoro. Guardai sorpresa Ashton che ci sorrideva tenendo in mano uno di quegli aggeggi elettronici che servivano per le ordinazioni. Guardai i due in attesa di una spiegazione.
- Buona sera. Io sono Ashton e per questa sera sarò il vostro cameriere. - disse serio per un attimo, ma poi scoppiò a ridere. - Come va Sydney? - aggiunse sorridendomi felice. Ricambiai il sorriso.
"Bene. Tu invece cosa ci fai qui?" domandai.
- Sono appena stato assunto da qualche giorno. - mi spiegò. - Devo aiutare i miei con le bollette, sai. Così va la vita. - disse con un'alzata di spalle. Inclinai le testa di lato leggermente dispiaciuta.
- Ashton ha finito le superiori lo scorso anno. - disse Michael. Mi sorpresi a quella notizia, pensavo avessero tutti la stessa età.
- Per la verità avrei dovuto finirle due anni fa, ma sono stato bocciato. - ammise Ashton. - Comunque cosa vi porto? - chiese cambiando argomento.
- Il solito per me, mentre te Sydney? - parlò Mike.
"Un menù CBO con Sprite." scrissi. Lui annotò tutto con serietà ed annuì.
- Dolce? - domandò.
- Io una ciambella. - rispose Micheal. Io scossi la testa.
- Ok. Arrivano tra poco. Buona serata ragazzi. - e si allontanò verso la cucina. Lo guardai fino a che sparì dalla visuale, poi riposai lo sguardo su Michael. Mi stava studiando attentamente con un sorriso che aleggiava sulle labbra nascoste dalle mani giunte che teneva davanti. Mi passai una mano tra i capelli, ma mi accorsi che li avevo legati, così mi strinsi le mani in grembo imbarazzata.
- Una cena romantica in un McDonalds, te lo saresti mai aspettato? - mi chiese Michael piegando la testa di lato.
"No. Ma sono piacevolmente colpita." risposi. "A parte per Ashton." aggiunsi.
- Perché? - domandò.
"Mi dispiace che debba farci da cameriere. Non ti senti un po' in colpa per questo?"
- Mi sento nello stesso modo in cui ti ho dovuto lasciato lavorare l'altro giorno. - fece con un'alzata di spalle diventando serio. - Ashton ha bisogno di questo lavoro, anche se provassi ad aiutarlo, lui non me lo permetterebbe. Per la verità mi ha proposto lui di fare il cameriere e ha continuato a chiedermelo fino a che non ho accettato a malincuore. -
"Capisco." e non lo dicevo solo per dire. Lo capivo sul serio.
- Comunque sia, ti ho chiesto di uscire per conoscerci meglio. -
"Davvero?" domandai divertita. "E sentiamo, cosa vorresti sapere su di me?". Ma il mio divertimento sparì ben presto, rimpiazzata dalla paura delle domande che mi aveva posto Lucas. In fondo erano anche le prime che potevano sorgere parlando con una persona come me. Per non parlare delle urla che provenivano da casa mia. Cosa avrei risposto se mi avesse chiesto perché mia madre stava infrangendo dei piatti a terra?
- Qual è il tuo colore preferito? -

Words. || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora