Chapter 58 : past, le montagne del dolore

18 9 42
                                    

Anno 1051 d

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.


Anno 1051 d.C, le montagne del dolore

Le rocce, levigate e fredde, di un color chiaro simile al cielo quando è sommerso di nuvole, ricoprivano tutta la vallata. Nessun albero era nelle vicinanze, nessun segno di verde, nessun ciuffo d'erba rigoglioso. Solamente l'artificialità del mondo, ormai inanimato, distante dalla vita, distante dalla rigenerazione.

Doyoung, in quel periodo, si dimenticò persino di che aspetto avesse la natura. Sembrava quasi che in quella landa desolata, niente riuscisse a germogliare, in quanto il terreno era stato colonizzato da rocce enormi, capaci di innalzarsi per centinaia di metri.

Il cielo era pressoché sempre coperto dalle nuvole grigie, rendendo la malinconia del nostro protagonista più presente del solito.

Una volta oltrepassato il muro ed essersi dirottato verso ovest, incontrò ben presto varie montagne rocciose e lì iniziò a scalarle, in cerca di una visuale più ampia, in modo tale da osservare il mondo circostante. E così accadde.

Quando Doyoung arrivò in cima all'altopiano, dopo aver faticato svariati giorni, riuscì ad ammirare il resto del paesaggio, come se fosse il padrone del mondo. Urlò, con le lacrime agli occhi, facendosi sentire persino da uno stormo di uccelli appollaiato a molti metri di distanza.

Forse qualcuno avrebbe potuto sentirlo, nonostante i chilometri di distanza, dato che quella porzione di territorio sembrava risiedere nel silenzio più profondo. Ma nessuno arrivò, nessuno gli rispondette.

La prima euforia, del momento, lo fece poi sprofondare, nei giorni successivi, in una completa solitudine, proiettandolo in un labirinto senza fine.

Doyoung perlustrò tutto il perimetro, indagando la struttura di quell'altopiano, per capire se fosse naturale o se qualcuno l'avesse costruito, andando alla ricerca di qualche reperto umano, di un popolo passato o di un qualche visitatore, che come lui si era addentrato in quella valle.

Ancora non sapeva della vastità della penisola, ancora non sapeva che nonostante il suo vissuto, numerose anime precipitassero o giungessero per puro caso, o come segno del destino, in territori limitrofi per uno scopo ben preciso.

Non era a conoscenza del Villaggio del Fiore Bianco a nord-est o del vicino Castello dell'Esilio, quanto meno di Eco e di quello strano popolo che lo abitava. Dì lì a poco sarebbe nato Resistencia, Invideo invece era stato da poco fondato.

Non era l'unico essere umano, questo cercava di ricordarsi di tanto in tanto in preda alla disperazione. Eppure, all'interno di quelle pareti speculari, immerse in uno spazio-tempo infinito, iniziò ad impazzire di solitudine.

I mesi passarono, la temperatura cambiò parallelamente alle stagioni, ma Doyoung sembrò quasi non accorgersene.

Voleva lasciare quel luogo ma allo stesso tempo aveva paura di addentrarsi in un qualcosa di peggiore. Non voleva scontrarsi con la possibilità che sì, forse avrebbe vagato da solo per sempre, alla ricerca di un qualcosa che non sarebbe mai arrivato, ossia la felicità.

Spesso per dormire, alla notte, trovava riparo in una grotta nella parte centrale della montagna, dove il vento gelido non riusciva ad attraversare la materia. Lì si appisolava, davanti a un fuoco realizzato con vari legni secchi trovati quasi a valle, forse trasportati dal vento stesso.

Guardava il fuoco e pensava al suo destino. Forse il diavolo in persona voleva proprio questo da lui, ricordargli del suo dolore, della sua solitudine. Per questo motivo Doyoung rinominò quella porzione di terra, estesa per una decina di chilometri, "le montagne del dolore". Perché in ogni angolo, in ogni tempo passato al suo interno, non poteva far altro che rivivere il suo tormento interiore.

Il suo incarico era da poco iniziato, come sterminatore di mostri, ma ancora non sapeva come rintracciarli. Non voleva certamente passare la sua vita ad essere un sicario per il re degli inferi, eppure, allo stesso tempo, senza questo motivo tutta la sua vita e le sue giornate non avrebbero avuto senso.

Alcune volte, in preda ad allucinazioni, ormai dimenticandosi della sua voce e della sua capacità di parlare, finiva per correre tra quei corridoi, alcuni bui e alcuni illuminati dai raggi deboli del sole, cercando il coraggio necessario per sopravvivere.

Vedeva il suo riflesso nelle pareti lisce, il suo contorno era sfumato, i dettagli del suo volto non erano precisi, eppure i suoi occhi erano neri come la pece.

I suoi capelli erano diventati più lunghi, tanto da arrivargli quasi alle spalle.

Altre volte, nella più completa apatia, si fermava a guardare il cielo notturno. Non sentiva nulla, neanche una minima emozione, semplicemente il vuoto più totale. Mangiava bacche trovate a terra trasportate dal vento, altre volte finiva con l'uccidere uccelli rapaci che volavano in quelle zone. La sua tecnica si affinò e la consapevolezza del suo destino macchiato di sangue non lo tormentò più.

E così, un giorno, poco più di un anno dopo il suo arrivo in quel posto, decise di abbandonarlo, tornando nuovamente all'avventura.

Scese l'altopiano, giorno dopo giorno, facendo attenzione a non cadere e a non scivolare per colpa di quelle rocce lisce e patinate.

Con un punteruolo ricavato dalla stessa materia che componeva il paesaggio, riuscì ad incidere il suo nome, su un rocciato a valle, così da avvertire la sua presenza, nel caso qualcuno arrivasse.

E infine, con il viso cupo e gli occhi assotigliati per quanto passato, tornò in viaggio, verso nord-est, andando alla ricerca di qualche creatura demoniaca da sterminare, come tutti i corpi che aveva abbattuto in battaglia.

Non poteva saperlo, ma ancora una volta si ritrovò ad essere un mezzo, per un qualcosa di più grande. Non si trattava di Goryeo, solamente di una penisola in un'altra dimensione del creato, dove svariate anime vagavano alla ricerca di redenzione per quanto commesso nella vita precedente. E insieme a loro, molti mostri aleggiavano in quei territori, alcuni come fantasmi altri come predatori sanguinolenti.

Il vento tornò più carico che mai, spostandogli i capelli lunghi dal volto, raffreddandogli la pelle accaldata dall'adrenalina.

Pochi mesi più tardi arrivò ad Eco e lì un mondo si aprì davanti ai suoi occhi.

Pochi mesi più tardi arrivò ad Eco e lì un mondo si aprì davanti ai suoi occhi

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
Exile | Kim DoyoungWhere stories live. Discover now