Capitolo 38 - parte II

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Non intuii nulla di buono dal suo sguardo. Darcy mi lasciò il polso per avvolgermi la vita col braccio per poi sollevarmi, mettendomi sotto spalla e trasportandomi come se fossi un pacchetto regalo in direzione l'altare del sacerdote.
Mi sbattè bruscamente contro la tavola santa, mettendomi prona su di essa con lui dietro di me, assicurandosi che restassi ferma mentre mi legava polsi con qualcosa di duro che non poteva essere una corda. Non volevo crederci, mi aveva legato i polsi col mio rosario! Come poteva fare una cosa del genere?! Le perline di ossidiana mi graffiarono la pelle per quando erano strette, tanto da farmi male a ogni movimento.

«Più ti muovi più il nodo si stringerà, a meno che tu non voglia rompere questo oggetto»

Era un regalo della nonna, come avrei mai potuto distruggerlo?!


Lo guardai malamente da sotto le ciglia lui mi prese per i fianchi, mettendomi in diagonale lungo il tavolo, con l'angolo dell'altare che premeva proprio sul mio clitoride, aumentando la pressione grazie ai vari strati di gonne.

«Immagino me che ti stringo il collo con la mia cinghia, mentre le mie dita fanno dentro e fuori dalla tua fichetta vergine, fino a farti raggiungere il culmine del piacere portandoti alla stregua delle forze.» Sussurrò al mio orecchio per poi leccarne il lobo e spingere i miei fianchi con i suoi e il clitoride contro lo spigolo mandandomi potenti scariche di piacere.

Stavamo facendo una cosa talmente oscena in questo luogo sacro, sull'altare del prete per giunta! Mio Signore abbi misericordia di me te ne prego! Mi pento e mi dolgo con tutto il mio cuore dei miei...

«Potrei ancora essere clemente con te a condizione che tu mi riveli il suo nome e che tu lasci i cacciatori di tua spontanea volontà»

«Vai all'inferno!» urlai con le guance in fiamme e avendo compreso solo la metà delle sue parole.

«Allora vuoi che usi le maniere forti»

Di colpo mi sollevò la gonna, svelando il fondoschiena coperto solamente dalle mutandine di cotone trasparenti. Cercai di allontanarlo riempiendogli le gambe di calci ma lui, tenendomi ferma per la schiena. Si aprii il lungo giaccone con la mano libera e prese il suo frustino da cavallerizzo che già aveva usato su di me. Iniziò ad accarezzarmi dal retro-ginocchio con la linguetta per poi risalire verso l'alto. Quel frustino era come se fosse un'estensione di sé. La sua lentezza era diabolica e calcolata, risalii tutta la gamba fino ad arrivare ad accarezzarmi sopra le mutandine sottili facendomi ansimare, avvertendo mille scosse pervadermi. Chiusi gli occhi per un istante ma li spalancai subito quando una prima frustata mi colpii la natica destra facendomi urlare.

«Nelle prigioni pensavo che avresti capito, ma vedo che sei proprio una ragazza testarda. Ti insegnerò un po' di disciplina e mi godrò ogni istante, ogni tuo urlo ed ogni tuo gemito»

Mi colpii con una seconda volta con frustata secca sempre al sedere che risuonò in tutta la chiesa assieme al mio gemito di dolore. Mi colpì una terza volta spingendomi in avanti, stuzzicando il clitoride contro la dura pietra.

«Voglio vedere se dopo questo ti ribellerai ancora a me!»

«Tu sei malato! Sei un maledetto pervertito! Affrontami come si deve!» urlai e mi colpii altre due volte per ripicca, una alla natica sinistra e l'altra all'interno coscia

«Non devo affrontare proprio nessuno perché qui non vi è nemico!»

Sono talmente patetica che non mi considera nemmeno un avversario per lui, questo voleva intendere?

I colpi continuarono ad arrivare prima ad un ritmo lento per poi diventare incessanti e sempre più brutali. Il dolore cresceva man mano che andava avanti assieme al vergognoso piacere che mi tormentava in mezzo alle gambe. Il mio corpo veniva spinto in avanti ad ogni suo colpo e il clitoride pulsare per lo sfregamento contro il tavolo.
Appoggiai la tempia contro il tavolo esanime con la mia pelle non ne poteva più. Aveva raggiunto il massimo della sopportazione per le frustate del vampiro alle mie spalle, rendendomi un tutt'uno di dolore. Non riuscivo a guardarlo in faccia ma immaginavo già la sua espressione euforica e il sorriso malvagio rivolto verso l'alto. Doveva sentirsi appagato nel vedermi inerme sotto di lui, alla sua completa mercé e sull'orlo del precipizio oscuro. Strinsi i denti per costringermi a non versare una lacrima a causa sua e tanto meno mi permisi di urlare. Maximilian Darcy era un sadico nel vero senso della parola, le mie urla avrebbero alimentato il suo piacere malato e io non gli avrei mai dato una soddisfazione.

Hunters: Black EmpireWhere stories live. Discover now