Capitolo 11

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Dopo avermi interrogata e  medicata, le guardie mi riportarono a casa. Ad accompagnarmi fu l'uomo dagli occhi verdi e il sorriso gentile. Mi disse di chiamarsi Gheorghe Stan e che non dovevo temere più nulla e che ero sotto la sua responsabilità. Nella carrozza rimasi in silenzio per tutto il tempo, ma sentivo gli occhi indagatori del signor Stan su di me. Non avevo più voglia di parlare e nemmeno lui aveva proferito parola, anche se avrebbe voluto. Quando vidi che eravamo arrivati ai cancelli della villa, mi accorsi che non avevo minimamente pensato a mio padre. Per lui sarebbe stato il secondo colpo al cuore dopo la morte della mamma. La carrozza si fermò e il signor Stan scese per primo dalla carrozza, per poi tendermi la mano per aiutami a scendere.

«Po-potreste essere gentili con mio padre? Non la prenderà bene»

«Non si preoccupi signorina Gardner. So perfettamente come trattare situazioni del genere» dice con un sorriso allegro.

Si diresse spedito verso la porta di casa con me dietro che lo seguivo allo stesso passo. Avrei preferito parlare prima io con mio padre per magari indolirgli la pillola, ma sarebbe stato doloroso quanto sparargli un proiettile in petto. La guardia bussò con vigore al battimano della porta d'ingresso e subito Edoardo venne ad aprire. Sgranò gli occhi appena mi vide, sicuramente notando il vestito sporco di polvere e sangue, e con le guardie imperiali alle mie spalle.

«Signorina Isabella cosa le è accaduto?!?» dice preoccupato prendendomi per le mani. Voleva accertarsi che stessi bene ma io non riuscivo a parlare.

«Dove sono la signorina Katia e il signorino Carl?!»

Nuovamente sentì gli occhi bruciarmi e le labbra presero a tremare. Le immagini del corpo di Carl tumefatto e Kat di ferita, entrambi privi di sensi sulle mie gambe comparvero nella mia mente e non riuscii più a trattenere le lacrime. Mio padre fece il suo ingresso da dietro Edoardo, furioso perché credeva di coglierci tutti e tre in flagrante per il ritardo, quando invece  trovò solo me e le guardie. Spalancò gli occhi,  lasciando cadere il sigaro che teneva i mano per terra. Subito corse verso di me e io andai da lui per abbracciarlo forte. Scoppiai a piangere come una bambina una volta tra le sue braccia, affondando la faccia sul suo petto. Mio padre mi abbracciò accarezzandomi alla testa e sussurrandomi di calmarmi.

«In nome del cielo! Gioia mia cosa è successo? Dove sono i tuoi fratelli?» chiede prendendomi il viso tra le mani asciugando le lacrime. La sua espressione era preoccupata e confusa e leggevo la paura pura sulla sua faccia.

Mi dispiace padre, è colpa mia!

Mi ripeté più volte di parlare ma non ci riuscivo per i singhiozzi.

«Eravamo in città, poi in pasticceria. Ma poi ci ha sporcato i vestiti apposta. Poi quell'uomo ci ha attaccati, aveva gli occhi rossi. I suoi occhi erano rossi e i denti lunghi» dicevo frasi sconnesse a raffica come una macchinetta senza che nemmeno io riuscissi a capire qualcosa. Mio padre, evidentemente agitato, mi prese per le braccia e mi costrinse a guardarlo negli occhi lucidi

«Isabella Gardner dimmi cosa è successo all'istante!» urlò quasi, scuotendomi per le braccia

«Noi-noi siamo andati alla-alla Vulpe Alba e-e-e Kat si era allontanata. Io l'ho seguita ma c'era un uomo che ci ha attaccate, ma poi Carl è venuto a salvarci, ma lo ha riempito di botte e-e-e-e poi Kat si è messa in mezzo ma non è finita bene. E-e ora, e ora loro...»

Le sopracciglia scure si sollevarono formando due archi perfetti e gli occhi dal taglio felino puntarono subito sulle guardie dietro di me temendo per il peggio.

«Loro sono...»

«Signor Gardner i suoi figli sono stati attaccati da un assassino che aveva preso di mira gli studenti dell'istituto che frequentano. Sono vivi ma sono stati portati d'urgenza in ospedale» rispose Gheorghe Stan superando Edoardo che lasciò un sospiro di sollievo. Sentii dei mormorii da sopra e vidi alcune cameriere che stavano assistendo alla scena dal piano superiore.

Hunters: Black EmpireWhere stories live. Discover now