Capitolo 43

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Darcy's POV

Maledetta ragazzina, maledetta ragazzina, guarda cosa mi hai portato a fare!!!

Entrai furioso nel mio salotto privato con la rabbia che fuoriusciva da me come un vulcano. Il sangue mi ribolliva nelle vene, e il laudano che avevo ingerito prima non aiutava stimolava la mente con dei pensieri altamente pericolosi. La testa mi pulsava forte e poggiai le mani contro la libreria cercando di ricordare cosa avessi fatto in precedenza con Isabella.

Mi ero giurato di non fare mai una cosa così orribile ma il mio demone interiore ha avuto la meglio e se non fosse stato per la sua supplica forse non mi sarei nemmeno fermato. 

"Non voglio, ti prego, non voglio". 

Quante volte dissi io quelle parole senza che però le mie preghiere furono esaudite? Solo Dio può saperlo e ora ero diventato come uno di quei tanti mostri facendo male proprio a Isabella Gardner. Non doveva andare così, non volevo che andasse così.

Un primo fulmine squarciò il cielo nero e udii la pioggia picchiettare contro il vetro delle finestre che poco dopo iniziò a cadere simultaneamente alla mia furia. Il tempo era un fattore difficile da controllare, specialmente se era associato alle mie emozioni, di solito usavo quel potere per permettere alle truppe per spostarci durante il giorno e lo controllavo sempre. Le uniche eccezioni era quando appunto provavo sentimenti fin troppo intensi e il risultato della mia carenza di controllo era la tempesta.
Stritolai il legno sotto le dita lasciando che le piccole schegge mi ferissero, per poi passare a prendermela con i tavoli e gli altri mobili che mi capitavano sottomano. I tuoni e fulmini piovevano dal cielo al ritmo dei miei pugni e dei miei ruggiti. Dovevo sfogare la rabbia, dovevo tirare fuori tutto spaccando oggetti con calci e pugni perché non conoscevo altro modo. Violenza, urla, odio, tirai fuori da me tutto distruggendo tutto quello che c'era nella stanza, incluse finestre e bottiglie. Le sue urla mi graffiavano ancora le orecchie, i suoi occhi che mi guardavano terrorizzati.
Ricordavo solo alcuni pezzi della serata ma ricordavo tutto da quando avevo trovato Isabella ubriaca fra i corridoi all'aperto, e soprattutto ricordavo il momento in cui lei mi ha chiamato col nome di un altro. Ci vidi nero, letteralmente e quando rinsanii la trovai sotto di me con le lacrime agli occhi e vestiti stracciati. Inutile dire quanto schifo provai per me stesso per essere davvero caduto talmente in basso da tentare a prenderla con la forza.

La droga mi aiutava a distaccarmi dalla realtà ma comunque non mi rendeva più cosciente delle mie azioni. Solitamente non me ne importava delle conseguenze ma per colpa di quella merda, avevo distrutto ogni mia chance di potermi avvicinare a lei ed instaurare un rapporto pacifico.
Il danno però era fatto e dovevo rimediare ma non quella notte perché fremevo ancora dalla rabbia e dal desiderio e appunto per questo l'avevo chiusa nelle mie camere.
Anche quando avevo distrutto tutto quello che c'era da distruggere sentivo il bisogno di tirare il caos da dentro di me. Dovevo di far zittire le grida di Isabella nella mia testa e far sparire il vortice di pensieri, e per farlo avevo bisogno del laudano.
Mi diressi dunque verso quello che era rimasto della mia scrivania e tirai fuori una boccetta contenente il liquido ambrato che finii tutto d'un fiato. Dopo qualche minuto, le porte del salotto si spalancarono di tutto punto e una familiare figura alta e slanciata entrarono nella stanza carica della furia di un vulcano pronto ad eruttare.

«In nome del Demonio ma ti sei forse impazzito?!»

«Halena! Vattene lasciami solo!» urlai gettando a terra la boccetta di vetro vuota

«Distruggi casa mia e devo anche starmene zitta?! Non funziona così Drag! Forza alzati, ora!»

Drag....mi ha chiamato "caro"! Detesto quando mi fa la paternale!

Hunters: Black EmpireWhere stories live. Discover now