Capitolo 40 - «Era nero dalla rabbia»

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Capitolo 40 - «Era nero dalla rabbia»

Non vedevo l'ora di tornare a casa per stare tranquilla, ne avevo bisogno. Durante le ore di laboratorio e di progettazione mi ero seduta di nuovo vicino a Manuel, infrangendo la mia regola del non interagire con nessuno, perché mi sembrava un ragazzo molto bravo e simpatico. Mi aveva conquistata con il bounty. Mentre che operavamo con la balsa avevamo chiacchierato, intanto il professor Bobosci era scomparso da qualche parte in cerca di chissà chi. Le ore di laboratorio erano molto libere perché dovevamo lavorare ai nostri modellini, seguendo i progetti preparati nelle ore di progettazione dello stesso professore. «Ma come ci stai riuscendo?» sbuffai e lo osservai tagliare con una estrema precisione la balsa. Io avevo paura a farlo perché già ero poco precisa con un foglio di carta, figurati con un fogli di legno di balsa. Probabilmente non riuscivo perché trovavo molto scomode le tavolette di legno da mettere sotto al foglio durante queste operazioni, per evitare di rigare il tavolo da lavoro. «Basta che tieni la mano più ferma possibile, lascia che il taglierino segua la riga..» mi fece vedere. Era molto concentrato nel taglio e in parte riuscii a capire. Proseguii e saltai di felicità quando riuscii a fare il mio primo taglio super preciso in questi due anni di laboratorio di architettura. Bobosci mi passò accanto e mi disse «Ottimo taglio Elena». Questo attirò l'attenzione dei miei compagni, compresa quella di Lio, ma feci finta di nulla o quasi. Il professore raggiunse il tavolo di Jeamy e di Alex e gli altri tornarono a concentrarsi sul proprio lavoro. «Stasera esci? Fai qualcosa?» mi chiese Manuel stupendomi. Rimasi alquanto confusa dalla sua domanda perché non capivo se ci voleva provare con me o era solamente gentile. «Penso che me ne starò a casa» spezzai direttamente il discorso per non pormi ulteriori domande. «Ma come? Devi uscire e divertirti qualche volta! Non pensare a lui, distraiti un po'» mi incitò. Mi morsi il labbro inferiore. Da un lato aveva ragione, peccato che non avessi voglia di uscire e di divertirmi. Preferivo crogiolarmi nella disperazione in casa mia, mangiando cibo e guardando serie TV. «E cosa mi consiglieresti di fare?» lo sfidai. Lui posò la colla UHU sul banco e mi guardò «Stasera ti porto fuori, semplice. Non mancare!» sembrava così facile per lui dire questo. Non volevo andare ad una festa, ubriacarmi e scopare con il primo ragazzo trovato lungo la mia strada. Non seppi inizialmente come rispondere, allora puntai su una battuta per stemperare «Ma tutta questa confidenza?», peccato che lui sembrò restarci male per qualche secondo. «Scherzavo, eh! Accetto!» dissi tutto d'un fiato. Non volevo offenderlo, solo che mi era parso buffo come in un giorno lui avesse ottenuto la mia fiducia. Non capitava spesso.

Suonò la campanella ed io ritirai tutto il materiale che avevo utilizzato per terminare il progetto dell'edificio per esposizioni che stavo seguendo da ormai qualche settimana. Finalmente la giornata scolastica era passata ed io potevo tornare a casa. Mi diressi con calma verso la stazione, ma venni bloccata da qualcuno che mi aveva preso il polso. Sentii il cuore battere a mille per lo spavento. Uno stupratore? Un maniaco? Ero pronta a girarmi e dagli un'occhiata sciassè, ma mi resi conto che non era un molestatore, bensì solo Lio. Da un lato però lo vidi come un molestatore perché non volevo parlare con lui e mi stava obbligando a farlo. Non volevo nemmeno vederlo, doveva eclissarsi.
«Elena, parliamo ti prego» disse con tono supplichevole. Che palle. «Lio, lasciami il polso. Non voglio parlare con te, non abbiamo nulla da dirci» cercai di parlare il più tranquilla possibile, ma allo stesso tempo di liberarmi dalla sua presa. «Per favore, non è come pensi. Dobbiamo risolvere». Il mio no era un no, e basta. «No, non c'è nulla da dire...» mi opposi. Mi liberai finalmente dalla sua presa e mi fiondai verso la stazione.

***

Tornata a casa non avevo fatto un granché, avevo svolto i compiti per il giorno successivo e dopo mi ero buttata sul letto a leggere un libro. Il viaggio di ritorno da scuola non era stato il massimo perché seppur sul bus avessi ascoltato musica per distrarmi dal pensiero costante di Lio, non potevo non percepire addosso la sensazione della sua mano che stringeva il mio polso. Non riuscivo a scrollarmela di dosso.
Era giunta la sera e questo voleva dire uscire con Manuel per non deprimermi nel letto tutto il tempo. Mi ero stupita del suo invito perché ci eravamo parlati per la prima volta solo questa mattina e si era creata una buona confidenza tra noi. Era un bravo ragazzo. Mi ritrovai davanti all'armadio in cerca di qualcosa di decente da indossare per la serata, nonostante non volessi essere troppo appariscente perché non aveva senso. Non dovevo mettermi in mostra, infatti decisi di indossare qualcosa di comodo. Era un piccolo tentativo, nonostante la poca voglia. A scuola ci eravamo scambiati i numeri di telefono per sentirci fuori orario e a metà pomeriggio mi aveva inviato la posizione del luogo in cui saremmo andati. Avevo controllato curiosa e avevo scoperto che era un locale, ma molto tranquillo per fortuna. Indossai dei jeans neri, crop top a maniche lunghe ed una felpa nera con la zip. Ai piedi delle comode vans. Era un look perfetto per essere scambiata per una spacciatrice di ghetto. Preso il necessario salutai i miei genitori e mi diressi verso il vialetto, in cui Manuel mi stava attendendo. Lo osservai per qualche secondo e mi resi conto, per fortuna, che anche lui non era vestito elegante, bensì sportivo come me. «Ciao!» lo salutai. Lui si staccò dal muro e ricambiò con un sorriso «Ciao, andiamo?». Annuii, poco sicura.

Il nostro amore impossibile (INAI's series)Where stories live. Discover now