Capitolo 25 - Ricordi di un'estate

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Capitolo 25 - Ricordi di un'estate

Riflettei qualche secondo su cosa indossare per l'uscita in centro e mi concentrai su qualcosa di molto semplice come un jeans ed un maglione. Non aveva senso vestirsi bene per un semplice giretto. Senza nessun problema mi cambiai insieme a Lio nella stanza, ormai non mi imbarazzava più dato che mi aveva vista nuda fino a qualche minuto prima. L'unico mio problema era il cercare di non guardarlo costantemente, soprattutto se girava per la stanza a torso nudo, perché mi distraeva e rischiavo di indossare i vestiti al contrario. Era come la calamita ed io il magnete. Infatti, ero riuscita ad indossare la maglia al contrario e lui si era accorto di questo «Scemotta, hai la maglia al contrario.» ridacchiò. Mi stampò un piccolo bacio e mi tranquillizzai, anzi, scoppiai anche io a ridere. Il biondo si affacciò alla porta finestra appoggiandosi allo stipite ed osservò la vista al di fuori. «Sta iniziando a nevicare di nuovo!» mi avvisò con un sorriso. All'udire quella frase mi armai di tutto il necessario per uscire di casa senza morire di freddo. Mi sarei vestita a cipolla.
«Pronta?» chiese Lio squadrandomi da capo a piedi. Sembravo l'omino Michelin. Annuii abbassandomi di quel poco per uscire dalla porta. Lio per un pelo non sbattè di nuovo la testa ed io mi trattenni dal ridere. «Cavolo di porta dei nani...» sbottò.
Al piano di sotto i nostri genitori erano comodamente distesi sul divano e sulle poltrone a poltrire e godersi il pomeriggio davanti al caminetto. Li salutammo con un sorriso prima di uscire fuori e venire invasi dalle freddo dicembrino. Da un lato volevo uscire per fare un giretto e godermi il bellissimo spettacolo della neve insieme a Lio, ma allo stesso tempo avrei preferito rimanere in casa sotto alle coperte calde. A pensarci bene, se non fosse arrivata mia madre ad interrompere, sarei rimasta tutto il giorno coricata nel letto abbracciata a Lio.

Passammo dal piccolo cancello in legno sul retro e ci incamminammo verso il lungo viale alberato che ci avrebbe portati verso il centro del paesino. Ogni singolo albero del viale era illuminato da piccole luci natalizie e da diversi lampioni. Sulla destra, accanto al marciapiede, era stata costruita una struttura formata da pannelli di legno, la quale riportava a caratteri cubitali ciascuna lettera del nome 'Courmayeur'. Ad un certo punto, mentre ero intenta ad osservare tutto ciò che mi circondava, sentii Lio prendermi la mano dolcemente e scaldarmela infilandola all'interno della tasca della sua giacca. Era bello poter passeggiare con lui lontano dalla nostra cittadina e dagli sguardi di tutti, ma soprattutto di poter dimostrare il nostri amore senza aver paura di essere scoperti. Lì non ci conosceva nessuno ed i nostri genitori erano ben chiusi in casa, quindi non ci avrebbero visti. La mia mente era invasa da una miriade di pensieri, come la mattinata appena trascorsa, l'aver perso la verginità, i suoi dolci gesti. Allo stesso tempo, però, ammiravo il bellissimo spettacolo della neve e delle luci che rendevano magica l'atmosfera di Courmayeur. La nostra prima fermata fu al termine del viale alberato, in una delle tante piccole piazzette, nella quale vi era una struttura molto particolare a forma di pallina dell'albero di Natale. Era costruita con un materiale specchiato e decorata da un'infinità di lucine blu. Lio mi fermò ed insieme ci bloccammo a guardarla. Davanti a me si pararono una miriade di lucine che illuminavano l'intera struttura, facendola risaltare sin da lontano. Qualche minuto per scattare qualche foto per la cricca e ripartimmo per proseguire il piccolo giretto. Nevischiava ancora, ma non era invasivo quindi permetteva di poter passeggiare in tranquillità. La tappa successiva fu la piazza principale del paese, nella quale era collocata la chiesa con il suo campanile molto noti. Venne raggiunta in poco tempo, dopo un susseguirsi di vetrine illuminate di negozi di cibo, abbigliamento, sportivi, ma anche bar e ristoranti. Tutto stava procedendo alla meraviglia, infatti mi divertivo molto ad osservare le vetrine con Lio ed indicargli ciò che attirava maggiormente la mia attenzione. Era una cosa che facevo sin da bambina insieme ai miei parenti durante passeggiate di questo tipo, comunemente chiamate 'vasche' perchè si passeggiava avanti e indietro per la via principale di Courmayeur come se si stesse nuotando in una piscina. Un altro problema che era sorto erano le ragazze attraenti che voltavano lo sguardo verso Lio insistentemente. Era assurdo come lo mangiassero con gli occhi senza tenere conto della mia presenza accanto a lui, che gli tenevo la mano. Ero invisibile ai loro occhi. Rischiai quasi di strozzarmi con la mia stessa saliva quando una ragazza si avvicinò a noi, anzi, a Lio. Era una bella ragazza, mora e alta come me. Roteai gli occhi al cielo, già pronta alla scena che sarebbe avvenuta a breve. «Ciao.» lo salutò con voce suadente. Dentro di me, improvvisamente, percepii una scarica di adrenalina talmente forte che avrei potuto prenderla per i capelli. «Ciao...» disse lui con poco interesse. Lui tirò fuori il telefono dalla tasca della giacca blu e per un attimo pensai che le stesse per dare il numero di telefono, ma l'unica che avrebbe dato i numeri sarei stata io. Oh, sì. La moretta si illuminò come una lampadina nuova di zecca. «Mi faresti una foto insieme alla mia ragazza? Magari dove c'è l'albero di Natale!» chiese Lio indicandole il telefono che teneva in mano. Io? La sua ragazza? Mi ero trattenuta dal non ridere davanti alla povera disgraziata. Ci rimase abbastanza male, anzi, mi parve pure arrabbiata. Forse aveva pensato di poter fare un giro sulla montagna russa delle meraviglie di Lio, eppure non sarebbe mai successo. «Ehm...Okey.» disse imbarazzata. Tutti e tre ci dirigemmo verso l'immenso albero di Natale, collocato al centro della piazza, illuminato da lucine gialle e decorato con una serie di palline di grandi dimensioni posizionate ai suoi piedi. Su di un lato era posizionata una panchina con un'insegna sulla quale vi era scritto 'Courmayeur'. Ci sedemmo sulla panchina in legno pronti per scattare una foto insieme da poter ricordare per sempre e Lio mi abbracciò stretta sorridendo. La ragazza scattò la foto e la mostrò per poi sparire come un fulmine. Era uscita molto bene. Mi venne in mente di metterla come sfondo del telefono e in quel momento inizia a chiedermi che cosa fossimo. Dopo il nostro momento intimo eravamo una coppia...oppure...no? Questa era una domanda molto interessante. Per forza di cose noi umani dovevamo definirci, capire se eravamo un qualcosa rispetto ad un'altra. «Ah, quindi sono la tua ragazza?» chiesi ridendo. La mia era una battuta, ma lui rimase confuso e triste. Sul suo volto si era formato un broncio carino «..Guarda che non ho detto che la cosa non mi piace...» sorrisi e lui alzò la testa, fissandomi intensamente negli occhi. Gli presi la mano e gliela posizionai sul mio viso, in modo da poter chiudere le distanze e baciarlo delicatamente.

***

La sera trascorsa alquanto tranquilla: i nostri genitori si rilassavano in salotto guardando un buon film, invece io e Lio in camera a pomiciare. Ogni tanto mi chiedevo come facessero a non accorgersi di nulla. Probabilmente eravamo due ottimi attori. Eravamo stesi sul suo letto, vista l'inagibilità del mio, e Lio mi accarezzava i capelli dolcemente. Ero persa nei miei pensieri, come solito, e stavo pensando all'inizio dell'anno scolastico, in particolare al momento in cui Lio aveva iniziato a prendermi di mira. «Ti ricordi quando mi hai presa di mira la prima volta? »gli ricordai. Avevo un ricordo molto vivido nella mia testa, come si potevano scordare certi avvenimenti? Seppur fastidiosi, rimanevano impressi. «Eccome, una delle giornate migliori.» scoppiò a ridere. Accessi la televisione appesa sopra alla minuscola porta e una serie di canzoni si susseguirono sul canale MTV, tra cui una delle mie preferite: l'amore esiste di Francesca Michielin.

'Può nascere dal nulla
E sbocciare in un secondo
Può bastare un solo sguardo
Per capirti fino in fondo'

/Flashback/

..estate dello stesso anno..

Era finalmente estate. Sole, mare, divertimento, musica e feste. Emma si era fidanzata con Alex Męndoza, un ragazzo molto carino e popolare della nostra scuola, e con lui c'erano anche i suoi migliori amici, ovvero Lio Romeo e Jeamy Hood.
Lio Romeo era uno dei ragazzi più stronzi della scuola, ma anche uno dei più attraenti. Era il tipico ragazzo che andava a letto con tutte le ragazze e poco dopo troncava i rapporti. Il solito ragazzo che alcune si ostinavano tutti a chiamare 'bad boy', ma che di bad aveva ben poco. Mi chiedevo come facesse a piacere un ragazzo del genere, insomma, era bello però era un egoista che pensava a soddisfare solo i suoi piaceri. Invece Jeamy Hood era di un anno più grande, però era stato bocciato l'anno precedente quindi presto lo avremmo avuto in classe. Era carino e un po' truzzo, come si diceva in gergo, ma soprattutto molto più simpatico di Lio.

Eravamo a casa di Emma: aveva una piscina e d'estate organizzava delle feste grandiose. Io stavo prendendo il sole comodamente distesa sulla sdraio mentre la mia migliore amica e Alex si stavano baciando appassionatamente in piscina. Alzai i miei occhiali da sole per guardarmi attorno e notai Lio squadrarmi. Avevo indosso un bikini rosa a pois bianchi e i miei capelli erano legati in una coda alta e disordinata. Non mi interessava come apparivo agli altri, avevo soltanto caldo, e l'unico modo per sopravvivere era svestirmi il più possibile. Che cosa guardava? Voleva un autografo? Jeamy, invece, stava scegliendo delle canzoni da ascoltare come sottofondo. Mi alzai e raggiunsi il bordo piscina per rinfrescarmi visto il sole cocente, finché non sentii qualcuno chiamarmi «Rosati! Elena Rosati.» Sentii una spinta e un corpo a cui aggrapparmi. Io e Lio Romeo eravamo finiti in acqua, lui mi aveva spinta e io sbadata mi ero aggrappata al suo corpo prima di cadere. Sentii una mano premere sul mio sedere e uscii fuori dall'acqua il più in fretta possibile. Sputai quella in eccesso e spostai i capelli dal volto. Davanti a me si parò un Lio divertito, il quale mi stava ancora palpando il sedere. Qui stavamo sforando il ridicolo. «Ma sei impazzito?!» urlai indemoniata. Lui semplicemente mi guardò e rise. Ma cosa rideva? Mi spinse verso di sé e appoggiò la sua fronte alla mia. Ma che diavolo? Poco dopo mi accorsi che l'aveva fatto per vedere meglio il mio seno che leggermente fuoriusciva dalla parte superiore del bikini. «Maniaco.» affermai. Uscii dalla piscina affrettandomi a salire le piccole scale e non appena il mio corpo fu fuori dall'acqua, lui esclamò «Cazzo, hai un culo che parla.» Mi limitai a rispondere con una sola frase «Certo, parla e ti manda a fanculo Romeo!»

***

«Che giornata memorabile.» esclamò ridendo. Roteai gli occhi al cielo ridendo a mia volta. Come potevo non sorridere a quei ricordi? Eravamo ancora coricati, io con la testa sul suo petto caldo, e le gambe intrecciate. Sentivo il suo cuore battere contro il mio orecchio. «Domani è la vigilia...» sospirai guardando lo schermo della televisione. Si stava avvicinando un giorno molto importante per me, ogni singolo anno. «Eh già, sarà veramente bello trascorrere il Natale e Capodanno con te piccola.» Gli afferrai il volto e lo baciai delicatamente facendo scontrare i nostri cuori. L'unica cosa che mi ricordai di quella sera era che io e lui, ripensando al nostro primo incontro, ci eravamo addormentati abbracciati nel suo letto e che il mio cuore non aveva smesso un attimo di battere all'impazzata...come il suo.

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