Capitolo 3 - La punizione

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Capitolo 3 - La punizione

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Scendemmo le scale raggiungendo l'atrio della sede. L'ufficio del preside era collocato a ovest dell'edificio accanto alla segreteria. Acciughina, la bidella, sbeffeggiò e ci scortò dentro. Il preside era seduto sulla sua poltrona nera. Gambe accavallate con calzini in mostra, sigaro spento in bocca, occhiali da sole. Non ci riflettei troppo su questo ultimo dettaglio.

«Oh, bene. Lio Romeo. Lei è signorina?»chiese il preside con uno sguardo scocciato verso il biondo e curioso per me. Non mi aveva mai vista nel suo ufficio. Effettivamente potevo vantarmi del fatto di non essere mai stata in punizione. Le parole famose. Incrociò le braccia al petto e ci fece accomodare, poi riuscii a presentarmi «Sono Elena Rosati.» Lui annuì, ma era evidente che non volesse scocciature in questa giornata. «Adesso però vorrei sapere perché siete qui.» Guardai Lio nella speranza che spiegasse lui, era colpa sua. Alla fine fui io a prendere parola «In aula il corv...la professoressa Facchetti ci ha ammoniti perché Lio continuava ad infastidirmi ed io ho alzato troppo la voce disturbando.»

«Romeo, è vero?Non mi stupirei se lo fosse. Ogni volta l'importunatore sei sempre tu. Cosa devo fare con te?» si rivolse a lui avvicinandosi con la sedia alla cattedra e unendo le mani davanti a sé. Anche Lio si sporse oltre osservandolo «Lei è a conoscenza del fatto che non mento mai, è vero.E deve sapere che c'è questo rapporto speciale tira e molla tra me e Rosati - indicò sia me sia se stesso- sa com'è!» ammiccò tentando di graziarsi l'uomo. Dentro di me una forza innata mi stava aiutando nel trattenermi. Volevo lanciargli qualcosa in faccia, colpirlo con qualsiasi oggetto sotto tiro. Come alternative avevo a disposizione un mattone di libro appoggiato sulla cattedra, un quadro appeso sulla parete dietro o l'astuccio con le penne. L'unica cosa su cui mi trovavo d'accordo era la sincerità di Lio. Aveva ragione, non mentiva mai, ma questo lo avevo già accennato. Tutto tranne il tira e molla, era inesistente, continuavo ad affermare che non era il mio ragazzo ideale con quel caratteraccio. «La smetta Romeo, per favore.»lo ammonì «Non so cosa dirvi. Romeo smetta di importunare le persone, soprattutto questa ragazza che mi sembra solo capitata al momento sbagliato. Lei invece, signorina, ha purtroppo disturbato la lezione ma non posso punirla severamente. Non avrebbe senso e non ne vedo il motivo, soprattutto per via di Lio Romeo. Semplicemente potete mmh...trascorrere il resto della giornata scolastica a pulire i diversi laboratori come punizione. Detto questo, buona giornata e buon lavoro.» ci sbattè con finta gentilezza fuori dal suo ufficio.

Uscita dalla stanza acciughina ci guardò. Tirò uno scappellotto in testa a Lio e ci scortò verso il disimpegno per recuperare l'attrezzatura. Non ero entusiasta all'idea di pulire i laboratori. Il nostro liceo artistico prevedeva quattro laboratori: moda, grafica, ceramica e architettura. I primi due, per fortuna, erano poco sporchi poiché il laboratorio non era così invasivo. Invece gli ultimi due, tra cui il mio, erano alquanto invasivi:ad architettura lavoravi con diversi materiali come il legno, polistirolo, carta più spessa e diversi macchinari; mentre a ceramica giustamente lavoravi con l'argilla, il mio odio più profondo. Avrei preferito ascoltare la poetessa sospirante con l'Infinito di Leopardi. Armati di scope, scopetti, palette e stracci ci dirigemmo nel secondo plesso. La prima aula era il nostro laboratorio. L'aula R in questo caso non era sporca come avevo immaginato. Il noioso professor Bobosci oggi probabilmente non aveva tenuto lezione. Ci limitammo a pulire i banchi, il pavimento e alzando gli sgabelli. Dall'altra parte del plesso, vicino alla R, vi era l'aula di ceramica. Il mio incubo peggiore. Qui mi era andata male: argilla incollata sopra e sotto i tavoli, i macchinari accerchiati da strati di scarti, strumenti sporchi. Sbuffai e guardi Lio che fino ad ora si era comportato bene. Trascorsi una buona mezz'oretta a scrostare tutti gli scarti visibili di argilla, bestemmiando in turco per l'odore fastidioso. Infine pulimmo velocemente l'aula Q, ovvero il laboratorio di moda. Tra poco finalmente sarei potuta uscire. Presi la scopa appoggiata al muro e iniziai ad indietreggiare a zig-zag fra i tavoli mentre Lio mi osservava senza battere ciglio.«Hai proprio un bel sederino Rosati.» Mi bloccai sul posto. Perché apriva bocca per questi commenti inutili per l'umanità. Poteva morsicarsi la lingua ed evitare. Non è abbastanza intelligente. Ben detto coscienza, per una volta nella vita ero d'accordo con te.

Il nostro amore impossibile (INAI's series)Where stories live. Discover now