Prologo

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Mi chiamo Eva, ho diciannove anni e sono una ragazza italiana come tante. Quello che mi differenzia da molte mie coetanee è il fatto che, grazie a una vita improntata al sacrificio, sono riuscita a vincere una delle pochissime borse di studio, messe in palio per gli europei, in una delle università più importanti degli Stati Uniti d'America: la Usc.

Ho sempre sognato di trasferirmi in questo continente e, da quando sono diventata consapevole delle mie potenzialità, ho fatto di tutto pur di riuscirci.

Potrà sembrare strano, ma ho deciso di trasferirmi per studiare all'Università della California del Sud con un desiderio ben preciso: diventare una Storica dell'Arte.

Vi starete chiedendo chi possa avere l'idea malsana di lasciare l'Italia, patria dell'arte e della cultura, alla volta di uno Stato che non brilla particolarmente da questo punto di vista, se non per le ingenti collezioni d'arte presenti nei musei.

In realtà, c'è un motivo molto profondo sul perché io sia giunta a prendere questa decisione.

Mia madre aveva appena ventisette anni quando se n'è andata. Non ha avuto che qualche mese per rendersi conto che la vita le stesse scivolando tra le mani.

Io avevo solo sei anni.

L'ho vissuta poco e i ricordi che ho di lei stanno diventando sempre più evanescenti a causa del passare del tempo, eppure, le emozioni provate in determinate occasioni sono impresse nella mia mente in modo indelebile.

Lei e mio padre si erano conosciuti proprio alla Usc, durante il primo semestre dell'ultimo anno come exchange students.

Lui frequentava la laurea triennale in Letteratura mentre lei quella in Storia dell'arte. Entrambi italiani: lei del nord Italia e lui del sud.

Si sono innamorati in un altro continente, rivoluzionando le loro esistenze pur di garantirsi un avvenire comune.

Una storia, la loro, degna dei romanzi rosa più sdolcinati.

Pochi mesi dopo essersi laureati, hanno scoperto di aspettare me.

Papà ha continuato gli studi, mentre mamma si è presa una pausa.

Ricordo che, a un certo punto, quando ero davvero piccola, aveva scelto di riscriversi all'università. Amavo guardarla studiare, perché riuscivo a sentirmi partecipe delle sue scoperte. A volte mi faceva sedere sulle sue ginocchia e mi mostrava le immagini delle pale d'altare, dei quadri, delle statue, dei mosaici...

Poco prima che lei morisse, papà aveva scelto di regalarle un ultimo viaggio. Per la prima volta vidi Firenze, purtroppo, però, quella fu anche l'ultima volta in cui mia madre poté recarsi nella sua città preferita.

Non saprei ricordare con certezza quante e quali siano state le opere che mi hanno affascinata, ma non dimenticherò mai cosa ho provato alla vista della cupola del Battistero.

Io e mamma ci siamo sdraiate per terra e abbiamo guardato verso l'alto per un tempo che a me è sembrato infinito. Avrei giurato che da quel pavimento io mi fossi rialzata già donna.

Mi ha spiegato tutto quello che una bambina di sei anni potesse capire e, a quel punto, affascinata da un mondo che avevo sempre sentito mio, le ho detto: «Voglio fare anche io la storica dell'arte.»

Tuttavia, mia madre non ha nemmeno avuto il tempo di diventarlo a tutti gli effetti.

Per anni ho lavorato sodo per esaudire il suo sogno e ho scelto di farlo proprio nella stessa università dove la storia della nostra famiglia è cominciata. Ingenuamente, da inguaribile romantica quale sono, spero di poter trovare anche io l'amore, ma più che questo, ciò che mi ha animata per anni nel voler raggiungere questo obiettivo è la presenza di un vecchio professore di mia madre, colui che aveva alimentato le sue speranze per il futuro, proponendole la carriera accademica che lei aveva sempre agognato.

Chissà se sarò in grado di continuare ciò che la morte ha interrotto...

La storia che sto per raccontarvi, però, non riguarda soltanto me e quello che voglio fare per portare in alto il nome di mia madre.

Si tratta della mia storia che si intreccia a quella di un'altra persona che apparentemente non ha alcuna fragilità ma che, in realtà, ne nasconde molte più di quante ne abbia io.

Non voglio dirvi altro su di lui, capirete tutto a tempo debito.

Anche su di me non voglio dire nient'altro se non che la sicurezza che apparentemente mi contraddistingue, almeno nel volere portare avanti la mia carriera, non corrisponde proprio alla mia personalità.

Ho tanti difetti e molte paure.

Volete saperne di più?

Eva.

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