22 • Il mio orgoglio, la mia forza

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Hyo-jin's pov

Cercai di ignorare Sayumi che continuava a battere il piede spazientita e continuai a guidare. 

A volte dimentico quanto possa essere infantile... pensai ridacchiando tra me e me.

"Sono così divertente, tesoro?" chiese aspra e con un sorriso tirato all'estremo.

"Abbastanza, amore." risposi senza mentire. "Ti dico che sai benissimo dove stiamo andando, ci sei andata tantissime altre volte." 

"Allora dimmelo, no? Che senso ha lasciarmi col dubbio!"

"Pensavo l'avresti capito, scusa. Comunque una volta presa la destra dovresti riconoscere la strada."

Tirando su gli occhiali cominciò a guardarsi intorno cercando di raccogliere più dettagli possibili: era lo stesso sguardo che aveva quando cercava una buona idea nel quotidiano dei passanti.

 Appena superata la curva, con uno sguardo confuso Sayumi mi puntò addosso i suoi occhi chiari. 

"Visto che avevo ragione? Conosci benissimo dove stiamo andando."

"Sì, ma avevi detto che non ci avresti mai più messo piede." fece dubbiosa.

"Vero. Però, tutto ciò che è successo a Masumi, il cambiamento di Risa, come vi siete brutalmente allontanate e come lei abbia tagliato i ponti con tutti noi mi ha fatto riflettere." 

"Ho sempre considerato mio zio come mio padre, ha cresciuto il Hyo-jin che hai davanti e senza di lui chissà dove o chi sarei ora. Il dolore che ho sentito nel petto quel giorno quando mi ha definito un semplice pacco sul suo collo non lo dimenticherò mai, ma penso che con un po' di impegno riusciremo a ricostruire un rapporto molto più forte di quello precedente." aggiunsi pronto per parcheggiare davanti al Dojang.

Appena entrambi scendemmo dall'auto, prima di avviarci verso la grande struttura di stile coreano, presi per mano Yumi.

"Uhm tesoro, vuoi dirmi qualcosa?" mi domandò guardando le nostre mani.

Senza risponderle le diedi un bacio approfondito.

"Ti amo, Yumi. Ed è per questo che ho bisogno di te adesso."

Completamente rossa mormorò qualche frase sconnessa che non capii. Vedendo come era andata nel panico scoppiai a ridere.

"Io invece ti odio, smettila di ridere di me." sbottò trascinandomi verso il dojang.

La porta era aperta quindi lasciando le scarpe in atrio ci addentrammo in quel corridoio che conoscevo meglio di me stesso.

La mia mano stringeva ancora quella della mia ragazza.

Appena arrivammo in una delle stanze principali, trovammo mio zio sistemare uno dei suoi bonsai. Non ci riconobbe perché ci dava le spalle.

"Oggi è chiuso il dojang." fece burbero. "Ripassate tra un paio di giorni forse sarà aperto."

"Il dojang non chiude mai. Per chi voglia approcciarsi alla complicata arte della taekwondo la porta rimarrà sempre aperta." recitai.

"Questa voce... Impossibile." sussurrò girandosi di scatto.

"Cos'è quello sguardo? Quelle frasi me le hai dette per anni proprio tu."

Il suo volto era invecchiato parecchio. Delle profonde rughe solcavano il suo volto dai tratti spigolosi che avevo ereditato. Dei suoi capelli neri non rimanevano che il ricordo, il grigio predominava sulla sua testa.

𝗠𝗲𝗽𝗵𝗼𝗯𝗶𝗮 • 𝗬𝘂𝗷𝗶 𝗧𝗲𝗿𝘂𝘀𝗵𝗶𝗺𝗮 × 𝗢𝗖Where stories live. Discover now