16 • Joanne Wilson

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Risa's pov

Era passato ancora un mese da quel giorno. E io vivevo quasi nella solitudine. Avevo smesso di lavorare da circa tre settimane, dopo che cominciai a sentirmi poco bene dopo lavoro.

L'unico momento di interazione sociale che ancora avevo, era quando andavo ai gruppi di incontro di Joanne. Sì perché alla fine mi ero inscritta e due volte a settimana andavo a questi incontri.

Era ancora meglio di come immaginassi; ci riunivamo a casa di Joanne e ridendo e scherzando raccontavamo ciò che ci succedeva.

Era una sorta di sis-talk - così la chiamava Joanne - e si parlava di tutto, fino ad arrivare a temi di attualità.

Circa una decina di donne si riunivano ogni martedì e venerdì sera, nel salotto della signorina britannica.

Joanne infatti era una buffa trentenne bionda e super formosa. Aveva un leggero accento inglese che, quando era nervosa, veniva brutalmente marcato. Delle leggere lentiggini rivestivano praticamente tutto il suo corpo, anche se spesso venivano coperte da lei, con i vestiti o, sul viso con del leggero trucco. Dei capelli biondi e liscissimi le incorniciavano il volto grazioso, dove era presente sempre un'espressione felice o maliziosa. Non l'avevo mai vista in pantaloni, quindi potevo dedurre adorasse indossare gonne e tailleur.

Era un'amante del tè caldo e dei dolci. Quindi era normale che ognuna venisse a casa con qualcosa da condividere. Fu in questa occasione che portai l'unico dolce che sapevo fare: un semplice plumcake.

Per quanto fosse semplice a Joanne piacque molto, quindi mi chiese di insegnarle la ricetta. Ecco come un mercoledì mattina mi ero ritrovata coperta da capo a piedi di farina.

"Oddio è uscito bellissimo! Lo porterò ai ragazzi domani mattina." esclamò lei sorridendo al dolce appena uscito dal forno.

"Ragazzi?" domandai curiosa.

Joanne, da quello che sapevo, non aveva un compagno e neanche figli.

"Sono un insegnante di inglese alle medie statali qua vicino." mi spiegò. "Saranno felicissimi di saltare un eventuale interrogazione per mangiare un pezzo di torta."

"Adori proprio tanto i bambini..."

"Sì, tipo da sempre." si levò i guanti da cucina e si sedette al mio fianco. "Sai alle superiori feci rissa per questo motivo. Ci ho rimediato il setto nasale deviato."

"Rissa?"

"Già. Avevo una grande amica a quel tempo. Era molto talentuosa, sai? Bilingue, mi pare fosse. Parlava inglese e allo stesso tempo mi parlava alle spalle, incredibile no?"

Forse in un altro contesto avrei pure riso, ma l'unica cosa che riuscii a fare fu annuire poco convinta.

"Esistono un sacco di persone che odiano i bambini, e fin lì sono gusti personali, non giudico. Però mi danno estremamente fastidio le persone che criticano senza sapere.

Una ragazza rimase incinta a scuola e tutti cominciarono a parlarle dietro. Fui l'unica a decidere di darle una mano, insieme a quella che credevo la mia migliore amica.

Lei era una brava ragazza, ma si faceva spesso trascinare e odiava ritrovarsi nei guai. Ci misi un bel po' a convincerla asfissiandola.

Tra la gente che la ragazza incinta scherniva c'erano anche i 'famosi popolari', tra cui un'oca giuliva di merda a cui avrei dovuto strappare le corde vocali alla prima occasione.

Quella maledetta venne a sapere che la stavamo aiutando e un giorno davanti a tutta la scuola, mi fece una sorta di agguato. Che ti sto a raccontare, litigammo per un po' e poi quando disse una parola di troppo la presi a schiaffi."

𝗠𝗲𝗽𝗵𝗼𝗯𝗶𝗮 • 𝗬𝘂𝗷𝗶 𝗧𝗲𝗿𝘂𝘀𝗵𝗶𝗺𝗮 × 𝗢𝗖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora