Capitolo 45

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Sono cominciate le vacanze primaverili.
April e Rose sono partite, non prima di averle domandato centinaia di volte se stesse bene.

« Me la caverò. L'ho sempre fatto, non è il caso di crogiolarsi nel dolore. Ne usciremo fuori. » aveva borbottato esausta, l'ultima sera prima della loro partenza.
Rose le aveva persino chiesto se avesse voluto che restasse, rinunciando a partire.
Avevano ripreso a parlarsi, anche se Eden non avvertiva ancora quel calore che Rose era solita trasmetterle.
Inutile dire quanto le manchi la sua migliore, ma che altra scelta aveva?
Rose restava ferma sul suo punto di vista, Eden sul proprio.
E non riuscivano a combaciare.

Ma non era quello il problema più grave.
Aveva promesso ad entrambe che ne sarebbero venute fuori, ma non sapeva neanche lei come.
Era una promessa futile, assurda. Chi ci avrebbe mai creduto?

È una giornata di pioggia, e Eden si trova sul ponte, affacciata. I temporali primaverili intensificano gli odori della natura.
Una pioggerellina leggera cade giù, quasi senza fare rumore.

Eden si stringe nel suo maglione fucsia, respirando a pieni polmoni.
Ha una gran voglia di tornare a casa, di riabbracciare i suoi genitori, di tornare per un pò quella bambina spensierata la cui mente non è offuscata da pensieri oscuri e intricati.
Ha semplicemente bisogno di... leggerezza.

Si ritrova a sospirare, perdendo lo sguardo nella coltre di nuvole grige che oscurano il cielo.
Hogwarts è ancora più magica con quello sfondo tempestoso.

Qualcuno le arriva alle spalle, vi riconosce all'istante il silenzio penetrante e il profumo di bosco, cosi simile a quello che si respira in quella giornata di pioggia.

Anche lei è rimasta al castello, e durante il pranzo di Pasqua, hanno evitato l'una lo sguardo dell'altra, anche se sedute a pochi posti di distanza.
Fortunatamente c'era anche Lilith, che la distraeva.
Ivy è tornata a casa, per la felicità di mamma e papà.
Babs non era un problema, era indifferente la sua presenza alla dimora Nott.

Per questo, ora se ne sta lì, ad osservare la figura di Eden , rannicchiata su se stessa, mentre guarda la pioggia cadere giù.
Ma poi, ella, come se avesse avvertito la sua presenza, si volta lentamente.

I loro occhi si scontrano, restando poi incatenati gli uni agli altri.
Un silenzio ne segue, privo di parole, spezzato soltanto dal suono della pioggia, che picchietta leggera sul tettuccio del ponte.

Eden non si muove, soltanto i suoi ciuffi castani le danzano davanti al viso. E Babs avverte una fitta al cuore. Come se qualcuno stesse premendo forte sul petto, impedendole di respirare.

« Ehi ... » biascica piano, interrompendo quell'attimo infinito.

Eden abbassa lo sguardo, forse incapace di trattenerlo ancora.
« Ciao.. » sussurra.

Babs si avvicina piano, senza sapere che postura assumere. Ogni posizione sembra quella sbagliata, non sà dove mettere le mani, non sà dove posare lo sguardo. Si sente una completa idiota.
« Come stai? » le domanda alla fine, portandosi le mani nelle tasche dei jeans.

Eden torna ad affacciarsi, chiudendo gli occhi e respirando l'odore pungente della pioggia.
« Come vuoi che stia? »

Perchè è cosi difficile? Per una come lei che non ha paura di nulla, che infrange le regole, che spara bolidi, che cammina sempre a testa alta.
Per una come Babs Nott che è il male in persona.
Un diavolo arrivato direttamente dall'inferno.

« Mi manchi, Eden. »
È la prima volta che pronuncia tali parole.
Non l'hai mai detto a nessuno. Nessun essere vivente ha mai avuto l'onore di mancare a Babs Nott. Ne la sua famiglia, e neanche la sua migliore amica. Ed ora si ritrova a pronunciarle ad una ragazza cosi diversa da lei, ad una persona che mai nella vita avrebbe potuto pensare di mancare a Babs Nott.

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