𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚...

بواسطة bluelliestories

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"Se potessi rivivere un solo giorno della mia vita, sarebbe sempre lo stesso, in loop, senza interruzioni, e... المزيد

Introduzione
❦ Trailer & Cast ❦
1. Now you're just somebody that I used to know
2. I wonder if I'll ever see you again
3. Before our innocence was lost
4. Even my phone misses your call
6. We're not who we used to be
7. Somewhere only we know
8. Where are you now when I need you most?
9. Just nineteen, a sucker's dream - quattro anni prima
10. I'm Mr. Brightside
11. I'm coming out of my cage
ANNUNCIO IMPORTANTE
12. When I run out of road, you bring me home
13. She's walking on fire
14. Hey there Delilah
15. Taffy stuck and tongue tied
16. Big lights will inspire you
17. Just let me know, I'll be at the door
18. I'm gonna pay for this
❦ Playlist ❦
19. Crawling back to you
20. Your lips, my lips, apocalypse
21. Here to take my medicine
22. Another star, you fade away
23. Half of me has disappeared
24. Palm trees are candles
25. Kiss in the kitchen like it's a dance floor
26. Strawberry fields forever
27. I call my baby Pussycat
28. Well, are you mine?
29. Remember when you used to be a rascal?
30. The blood in my veins is made up of mistakes
31. Jealousy, turning saints into the sea
32. Remember me, special needs
33. It's New York baby, always jacked up
34. Times Square can't shine as bright as you
35. It'd be so sweet if things just stayed the same
36. Everyone knows she's on your mind
37. I'm better off on my own
38. We met with a goodbye kiss
39. When we made love you used to cry
40. With your hands between your thighs
41. Leave me hypnotized, love
42. Does he take care of you?
43. Lamb to the slaughter
44. The things I'm fighting to protect
45. With everything, I won't let this go
46. Don't turn away, dry your eyes
47. I will save you from all of the unclean
48. Head in the clouds but my gravity's centered
49. I see the truth in your lies
50. It was a perverted thing to say
51. I almost died in my dreams again
52. The bed was left in ruins
53. Won't stop til it's over
54. And the sex and the drugs and the complications
55. Meet me in the hallway
56. This is your last warning, a courtesy call
57. Every little lie gives me butterflies
58. Tell them the fairytale gone bad
59. You can drag me through hell
60. Your knee socks
61. Type of sex you could never put a price on
62. Should've done something but I've done it enough
63. Birds fly in different directions
64. Baby, can you see through the tears?
65. In the end, it doesn't even matter
EPILOGO - if it wasn't for you
BONUS - You can even fly up here
❦ Trailer e Ringraziamenti ❦
-DEVIANT-
❄️GIVEAWAY Natalizio❄️

5. We were silenced by the night

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بواسطة bluelliestories

"Voi siete belle, ma siete vuote.
Non si può morire per voi.

Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.

È il tempo che hai perduto per la tua rosa, che ha reso la tua rosa così importante."





Non ci mise molto tempo a rendersi conto che stava stringendo i pugni delle mani, che teneva sopra le ginocchia, stritolandosi le nocche sotto il tavolo in legno di cedro, nascoste allo sguardo di chi invece lo vedeva sorridente e divertito come al solito.
Dentro la grande sala della casa del suo amico d'infanzia, quel brusìo fastidioso, prolungato e molesto, la musica alta e i suoi amici che intorno a lui cominciavano ad essere tutti ubriachi, mentre lui non era riuscito a buttare giù un altro goccio di qualsiasi bevanda, venne colto da un senso di nausea che gli attanagliava lo stomaco: tutto stava iniziando a dargli alla testa in modo insopportabile.

Non che non fosse avvezzo alle serate di divertimento sfrenato: anzi, era abituato a ben altro che a quel genere di raduni alcolici del suo paese, semplicemente, forse quella sera non era la serata adatta. Si disse che probabilmente non era in vena, e ne fu dispiaciuto, perché era veramente raro che riuscisse a passare del tempo con i suoi vecchi amici d'infanzia.

Cercò con lo sguardo Ivonne, in mezzo a quella massa disordinata di gente sfatta che parlava ad alta voce.
Era con Oliver e una coppia di amici, seduta sul grande divano chesterfield, mentre chiacchierava serenamente, e aveva l'aria rilassata. Non c'era alcuna ombra di turbamento sul suo viso.
Si chiese se Estelle le avesse risposto.
Si chiese se fosse tutto a posto.
Se era vero che l'ansia si attaccava come un virus altamente contagioso, Ivonne lo aveva certamente infettato.
Probabilmente avrebbe dovuto alzarsi e andare a chiedere se avesse avuto qualche notizia, ma poi si rese conto che era un'idea fosse assolutamente fuori luogo.
Se poteva apparire in qualche modo tenero il modo in cui Ivonne si preoccupava per sua sorella minore, da parte sua quella stessa apprensione sarebbe sembrata semplicemente ossessiva e inopportuna.

La testa riprese a martellargli come prima, ma con più intensità, per cui decise che era arrivato il momento di tornare a casa e gettarsi sul letto.
Non aveva alcuna intenzione di fare l'alba in quel posto, e quella netta sensazione alla bocca dello stomaco continuava a impossessarsi di lui come una sostanza letale e altamente tossica, qualcosa di terribilmente simile ad un brutto presentimento. Una percezione di pericolo e di panico gli arrovellava la mente, e non avrebbe saputo dire da cosa provenisse.

Ovviamente, tutto ciò era assolutamente ridicolo.
Era tutto frutto dell'autosuggestione, che si stava insinuando nelle sue vene come un veleno accattivante, una droga melliflua che surriscaldava il sangue: forse in realtà stava solamente cercando negli anfratti della sua testa offuscata, una scusa per andare via da quel posto senza sentirsi troppo in colpa.
Immaginava la reazione che avrebbero avuto un po' tutti se avesse annunciato che stava andando via, per cui avvertì poche persone, tra cui il padrone di casa, sua sorella e un paio di amici più stretti, e tentando di dare nell'occhio il meno possibile, sgattaioló via di casa dall'uscita sul retro, perché lì era parcheggiata la sua auto.

Due fasci di luce bianchissima dei fari a led illuminavano la strada completamente buia e deserta, mentre le ruote della sua auto sfrecciavano sull'asfalto umido.
Harry si mise a spingere sull'acceleratore senza sapere dove stesse andando, come posseduto da una forza esterna e sconosciuta: non si spiegava se fosse effetto dell'alcool ancora in circolo, ma stringeva con forza il volante tra le mani come se fosse sotto l'effetto di una carica adrenalinica disumana.

Non comprese a pieno quell'ondata di emozioni che lo stavano travolgendo senza alcun motivo: era rabbia mischiata a fumi di un dolore mai sopito, e nostalgia, e quel senso di solitudine che ormai si portava dentro come se fosse un'amica fidata. Era stato colpito d'improvviso, tutto insieme, da un'ondata malsana di sensazioni tossiche.
Ma lui non era mai stato il tipo che si lasciava travolgere. Non era uno che piangeva sul latte versato, o che si deprimeva della sua condizione.
Erano solo momenti, e anche quel momento sarebbe passato.

Eppure si sentì d'improvviso come qualcuno che aveva sprecato del tempo, un sacco di tempo. Nonostante tutto quello che aveva costruito, i soldi, le case, la fama. Il tempo non avrebbe potuto riaverlo indietro, nemmeno con tutti i soldi di questo mondo.
Aveva riflettuto a lungo pensando a come sarebbero dovute andare le cose nella sua vita, era stato tanto tempo da solo, ed era stato solo pur essendo in compagnia, ma mai si era reso conto in maniera così lampante che aveva solamente rimandato qualcosa che sarebbe stato inevitabile.

Non si sentiva mai così, in preda alla violenza delle proprie debolezze.
Ma Harry era tutto istinto.
Come in preda a un incantesimo che gli offuscava le capacità di raziocinio, sterzó il volante di scatto, e le ruote dell'auto slittarono lievemente sul brecciolino bagnato.
Nel giro di pochi minuti, con gli occhi come due fanali puntati verso una strada che conosceva a memoria e avrebbe potuto percorrere a fari spenti, aveva di nuovo frenato di fronte ad un vialetto ben noto.
Due volte in due giorni. Non accadeva da anni.

Scese dall'auto e respiró profondamente l'aria opprimente della nebbia notturna, il gelo si diffuse rapido nei suoi polmoni accaldati da un'angoscia sottile.
Si guardò intorno, voltandosi verso la villetta a tre piani, e notò che alcune finestre avevano la luce accesa, mentre con aria decisa si incamminava verso la porta di casa di Estelle.

Parcheggiata praticamente davanti alla porta principale, spiccava una gigantesca Lamborghini Urus nuova fiammante che sembrava appena uscita dal negozio, di quelle che in quella zona dell'Inghilterra non se ne vedevano affatto. Se fossero stati a Los Angeles non l'avrebbe nemmeno notata, ma in quel posto dove l'apparenza restava ancora al di fuori dei confini, era un tipo di macchina decisamente inusuale.
Ma ció che colpì l'attenzione di Harry fu soprattutto in modo in cui era parcheggiata, quasi a voler impedire o rendere difficoltoso l'accesso alla porta di casa.
Mentre cercava di superare l'auto senza dover finire a camminare dentro la siepe, la sua attenzione cadde inspiegabilmente su un cappellino blu da barca a vela appoggiato in bella vista sul cruscotto, era blu e aveva due iniziali ricamate in un bel corsivo giallo: L.R.

La sua mente tornó a vacillare, instabile, trascinata via da una spirale di sensazioni vaghe che gli provocarono un lieve giramento di testa.
Gli venne in mente quel nome che gli aveva nominato sua sorella quella sera stessa, ma che comunque aveva letto e sentito nominare diverse volte.
Logan Rothschild.
Si sentì improvvisamente un idiota totale, e si maledisse per essere stato così ingenuo e impulsivo: d'un tratto divenne qualcuno che stava andando a sbattere contro un muro di cemento armato che incombeva di fronte a sé, con l'acceleratore premuto fino in fondo alla velocità massima, e che adesso stava facendo una virata clamorosa per non finire schiantato.

Era corso da lei senza sapere affatto cosa dire e cosa fare, fuggendo dai suoi amici e fiondandosi davanti a casa sua come se quella fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita, e se non avesse visto quel ridicolo cappello che lo aveva salvato letteralmente, si sarebbe ritrovato a bussare alla porta nel pieno di una nottata di riconciliazione tra ex, o qualunque cosa fossero quei due.
Come un perfetto scemo.

Ecco perché Estelle non rispondeva a sua sorella, avrebbe voluto scriverglielo in un bel messaggio, a quella poverina che si era persino preoccupata: era stata impegnata tutta la sera.
Erano quelli i pensieri che la sua mente annebbiata stava cavalcando in quel momento, insieme a un vortice di nervosismo e stizza che si erano impossessati di lui. E ne fu talmente convinto, che non si era nemmeno reso conto che fosse un tipo di rabbia che non avrebbe dovuto provare, a farlo ragionare in quei termini.

Ovviamente la prima cosa che istintivamente gli venne da fare, subito dopo quella di sfondare il cruscotto di quella ridicola auto da zotico con una mazza da baseball, fu girare i tacchi e tornare velocemente verso la sua auto, tirandosi sulle guance il colletto del giaccone che indossava, sperando di non essere visto da nessuno.

Fu in quel momento, mentre tirava fuori le chiavi dalla tasca e si incamminava rapidamente, che lo avvertì, e una colata di spine ghiacciate si riversò lungo la sua schiena.
Per pochi secondi gli passò per la mente che fosse più ubriaco di quanto pensasse, che avesse le allucinazioni e che non fosse lucido.

Ma poi, no.
Ascoltò meglio, aguzzando l'udito sforzandosi di sentire meglio e restando fermo sul posto: si rese conto che era reale.
Lo sentì distintamente, ancora una volta, e realizzò che non era frutto del caos che alloggiava nella sua testa.
Delle voci. La voce che si accavallava sull'altra era chiaramente maschile, e stava urlando.
Gli sembró di riuscire a sentire il sangue che si raggelava di colpo nelle vene, il suo corpo teso si irrigidì sul posto, come colpito da un fulmine.
I muscoli del suo corpo erano attraversati da scosse violente che l'indecisione tra il salire in macchina e andarsene in fretta, e il restare in ascolto, gli procurava. Ma la rabbia stava avendo la meglio su qualsiasi pensiero razionale.

È solo una litigata tra due amanti. Non metterti in mezzo.
Gli suggeriva la parte più auto-conservativa di sé, e stringeva i pugni e serrava la mascella convulsamente, arrovellandosi nell'indecisione e scervellandosi su cosa avrebbe dovuto fare.
L'altra parte invece, gli urlava a gran voce che avrebbe dovuto assicurarsene, di quello che stesse succedendo.
Ed Harry non era mai stato uno che lasciava perdere, o che si era mai tirato indietro. Nemmeno di fronte alla prospettiva di andare incontro a quel muro e spezzarcisi le ossa contro.

In pochi istanti si trovò, senza quasi rendersene conto, di nuovo allo stesso punto di prima, perché era avanzato ancora una volta verso la villetta dei genitori di Estelle.
Continuava a sentire delle voci, erano chiaramente udibili, ma Harry non riuscì a distinguere quello che si dicevano, a parte delle chiare parolacce e improperi vari.

Lui urlava.
Diamine, se urlava. Sembrava indemoniato, fuori di sé, la voce gli usciva quasi come un rantolo disgraziato di urla confuse e grida di ira ostinate.
Ad un certo punto, Harry sentì il sangue che gli si gelava nelle vene.
Un rumore di qualcosa che si rompeva a terra, e poi la voce di Estelle che gridava, che implorava, con tutta forza.
Un urlo chiaro e definito squarciò l'aria gelida che lo circondava, proruppe impetuosamente come un fulmine a ciel sereno irrompendo nella testa di Harry che rimase abbacinato, folgorato da una scossa elettrica a illuminargli gli occhi, che divennero feroci.

Lasciami.
Lasciami.

Lui le urlava sopra a gran voce, ma Harry non riusciva a distinguere cosa dicesse, e comunque non gli interessava, perché aveva sentito abbastanza: lo sguardo si annebbiò di botto assieme alle pareti della sua lucidità che crollarono rovinosamente, percepì netta sotto la pelle una voglia di ucciderlo e mettere a tacere quella voce per sempre, che caricava dentro il suo petto come una mandria inferocita.
Un moto di furia cieca si era impossessato di lui, la sentiva pulsare attraverso le iridi infuocate. Senza nemmeno pensarci, si scaraventó contro la porta con la forza di un leone ingabbiato e incattivito a suon di frustate elettriche, perché era esattamente così che aveva percepito nette sulla sua pelle le implorazioni di Estelle. Come stilettate cariche di bruciante terrore, che si schiantavano sulla sua carne e sui suoi nervi in tensione arroventandone tutta la superficie.
Era quel genere di dolore lancinante che faceva perdere il controllo della propria mente e dei propri movimenti, e infatti lui non era più totalmente padrone delle sue azioni.

Adesso era Harry che urlava a pieni polmoni tutta la sua ferocia, e batteva sulla porta coi pugni che le nocche delle sue mani erano lì lì per sanguinare, con i muscoli contratti che riversavano su quella porta blindata che lo separava da quel lurido verme, tutta la frustrazione ringhiosa di non riuscire a sfondarla.

Non appena Harry cominciò a gridare il nome di Estelle a pieni polmoni, in casa calarono alcuni attimi di silenzio gelido.
Il minuto successivo udì un rumore di passi che scendere lungo le scale: qualcuno si era precipitato disperatamente verso la porta, con l'impeto di un torrente, e lui tremò per un istante all'idea di quello che avrebbe visto di lì a breve.
Perché sapeva che si trattava di lei.

Si era bloccata immobile, nell'ingresso, di fronte alla porta di casa: al di lá di quello che sembrò un immenso muro in cemento armato che troneggiava imponente tra loro da tempo immemore, c'era lui.
«Harry..» una voce fioca, debole, spezzata, soffocata, lo raggiunse dall'altra parte di una porta ancora sbarrata. Harry morì lentamente dentro, sciogliendosi in una colata di emozioni liquefatte.
L'attimo dopo era di nuovo una belva assetata, e tornò a percuotere la porta come se volesse annientarla.
«Apri immediatamente questa cazzo di porta!»

Estelle, con mani scosse da un'infinità di brividi, non se lo fece ripetere due volte. La sentì schiavare il paletto d'acciaio che blindava la porta, e il secondo dopo Harry irruppe di prepotenza nell'appartamento, aprendola con una spallata.
La guardó, e le sembrò rarefatta come una goccia di rugiada. Era spaventata, rossa in volto, le labbra schiuse e tremanti, gli occhi tremuli illuminati da un velo luccicante di lacrime imprigionate nel grigiore di una nottata invernale.

Estelle stava bene, e un briciolo di sollievo si fece spazio in quel cuore imbevuto di ferocia.
Vederla in quello stato, piccola e fragile che sembrava si stesse spezzando, gli ribaltó lo stomaco, la rabbia tornó prepotente nei suoi occhi vitrei con la potenza di un uragano.
Harry fece scattare i suoi occhi più in là, all'interno della stanza avvolta nella penombra, e scostó le pupille dilatate, nere come l'abisso, inchiodandole sul ragazzo che lo guardava dalla parte opposta del salone, dove finivano le scale.
Era impietrito, paonazzo in volto: gli apparve come un ignobile vigliacco colto in flagrante, beccato nel pieno delle sue azioni spregevoli.
«Che cazzo stavi facendo??»
Gli urlò, torreggiando imperioso, ancora sulla soglia della porta.
Mostrava i denti come un lupo furibondo poco prima di saltare addosso alla sua preda per sbranarla.

«E tu chi cazzo sei?» Logan Rothschild squadró Harry da testa a piedi, con aria provocatoria, spavaldo e per nulla intimidito.
Nell'istante successivo che seguì, Harry fu quasi certo di leggere un'ombra di stupore sul volto di quel ragazzo, che riconobbe pochi istanti dopo chi lui fosse, nonostante cercasse di non farlo notare. Ma quello di Harry era un volto chiaramente riconoscibile, e nel trovarselo davanti gli occhi paglierini di lui si ridussero a due spilli aguzzi carichi di malizia.
Dopodiché, senza mascherare una collera cieca di gelosia perversa, Logan si rivolse a Estelle, con aria disgustata.
«Quindi adesso ti fai scopare da un cantante del cazzo?»

Era troppo.
La furia invereconda che fiammeggiava nei suoi occhi di belva si riversò in ogni angolo del suo corpo, percorrendone ogni estremità. Gli sembrò di sentire ogni fibra dei suoi nervi arroventarsi e tendersi con violenza devastatrice.
Estelle lo vide, e tremò di terrore nel perdersi in quelle sue iridi vertiginose, ormai perdute su quella figura meschina, svuotate di qualsiasi indulgenza: quindi fece per fermare Harry trattenendolo per un braccio, spaventata dalla sua reazione.

Ma non fece in tempo, perché lui era già scattato con due balzi felini verso il ragazzo, gli era saltato al collo prendendolo per la collottola della camicia e lo aveva atterrato contro il muro, gettandoglisi addosso con tutto il peso del corpo.
«Che cazzo stavi facendo, pezzo di merda?»
Logan fece per liberarsi, vedendosi sopraffatto nell'arco di qualche istante, e cercò di sferrare due pugni sul costato di Harry che lo strattonava e lo schiacciava in una morsa letale.
Riuscì infine a colpirlo sul fianco, ma Harry non si scompose e tendendo i muscoli strinse la presa sia con le gambe e con le braccia, poi tuonò a pieni polmoni, mentre i capelli gli scivolavano sulla fronte a incorniciargli gli occhi inoculati di veleno.
«Ti ho chiesto cosa cazzo pensavi di fare!»

Estelle gridó il nome di Harry, pregando e implorando perché si fermasse, e si gettò verso i due uomini con gli occhi colmi di puro panico.
La conosceva bene, l'anima in fiamme di Harry: quando diventava sanguigno e gli occhi gli si svuotavano di umanità, avrebbe potuto commettere qualsiasi follia. Temette davvero che avrebbe potuto ucciderlo a mani nude.
Estelle si scagliò verso di lui per trattenerlo, ma Harry aveva già sollevato il pugno in aria e lo aveva sferrato contro il volto di Logan, rinvigorito da tutta la forza e l'ira che gli pulsava nelle vene e pompava sangue come un motore lanciato al massimo della potenza.
Il bastardo emise un grido di dolore tenendosi il volto sanguinolento con le mani tremanti.
«Harry!» Estelle si lanció contro Harry, che dovette mollare la presa su Logan per scansarla dal suo corpo.

Dopo un primo momento di sbigottimento per il dolore lancinante che gli era stato appena inferto, Logan fece per saltargli alle spalle approfittando del momento di distrazione, con lo zigomo completamente gonfio, e si scaraventó contro Harry, afferrandolo dalle spalle.
Iniziò una colluttazione furibonda tra chi era spinto dall'essere stato colpito e ferito nell'orgoglio, e chi invece era arroventato da una rabbia accecante.

Estelle si sentì completamente impotente e impietrita di fronte a quella visione raccapricciante, continuava a urlare di fermarsi con tutto il fiato che aveva nel corpo, implorando ancora una volta quelle due furie inferocite di smetterla, perchè mai, nemmeno nei suoi incubi peggiori, avrebbe mai potuto immaginare di assistere a una scena di quel genere.
Quando vide che Logan si stava dimenando per cercare di colpirlo alla gola, si ritrovò per un istante, nella sua mente totalmente ottenebrata, a temere per Harry, terrorizzata all'idea che potesse accadergli qualcosa.
E quell'idea le spezzò il cuore che le schizzò il gola e le infranse il respiro, come pensava che non fosse mai più possibile che accadesse.

Ma ci mise poco Harry a sbattere ancora il suo avversario contro il muro, immobilizzandolo e trovandosi faccia a faccia con lui, ancora una volta a invadergli le iridi ambrate con fiotti di veleno malefico, scaglie di spietatezza inesorabile che andavano a colpirlo nella carne come spade falcianti.

«Ti do un minuto per mettere il culo su quell'auto del cazzo e andartene, se non vuoi che ti spacchi la faccia del tutto.» Gli parlò, la voce arrochita che usciva intransigente, attraverso i denti serrati.

«Tu lo sai chi sono io, stronzo?»
Logan era ricolmo di orgoglio ferito ma appariva palesemente sconfitto, mostrando tutta la sua bassezza.
La superiorità fisica di Harry era qualcosa che non avrebbe potuto combattere, quindi decise di provocarlo con le parole.
Harry lo guardò glaciale, disgustato nel profondo del suo essere, gli occhi ridotti a due spilli di fredda crudeltà, come chi stesse per decretare la condanna di quel piccolo essere meschino.
Era ovvio che quel perfetto idiota non era abituato a difendere o a lottare per qualcosa che per lui fosse importante.
Fu palese in quel momento ad Harry, e ad Estelle dietro di lui, che non ci fosse niente di importante nella sua vita, al di fuori di se stesso. Che fosse abituato a trattare le persone come giocattoli alla propria mercé, e che non ammettesse la possibilità che le cose non andassero secondo la propria precisa volontà.

Harry mostró ancora i denti e lo incenerì con sguardo corrosivo, parlando lentamente, imperioso, scandendo bene le parole. «Non me ne frega un cazzo.»

«Ti posso disintegrare solo con un paio di telefonate, se voglio, e dovrai venire a chiedermi scusa di questo.»
Logan continuò a fomentarlo indicandosi il volto ferito: aveva lo sguardo sadico, accecato di sfida, che nemmeno il pugno di Harry era riuscito a cancellargli dalla faccia, logorata dall'eccitamento nervoso e dall'offesa che aveva appena ricevuto.

«Mi sto davvero cagando sotto.»
Harry si limitó a strattonarlo, e dovette davvero raccogliere tutte le sue energie di raziocinio per non ammazzarlo di botte.
Perché continuava a guardarlo come se lo stesse provocando a continuare, come se non stesse cercando altro che lo scontro verbale, in modo tale da annientarlo e colpirlo con le sue parole, che ad Harry suonarono solo come quelle di un povero omuncolo pietoso.
Logan era un ragazzino viziato senza spina dorsale, con il cervello imbottito di niente, abituato a prevalere sugli altri con la prepotenza e la superbia di chi era nato e cresciuto in una delle famiglie più ricche e influenti del mondo.

«Vattene. O ti mando via a calci nel culo.»
La voce cavernosa di Harry rimbombò nel salone, e a quel punto lui lasciò la presa, spingendolo senza regolare la propria forza verso un punto imprecisato della stanza, rischiando di lanciarlo contro un tavolino basso.
Quel ragazzino non meritava nient'altro al di fuori di una scarica di botte che gli ridimensionasse un ego spropositato, ma Harry temette seriamente che se avesse iniziato non sarebbe riuscito a controllarsi.

A quel punto Logan ritenne saggio terminare lì quella serata, perché continuava a vedere sul volto disumano di Harry l'ombra della sua efferatezza, e quella voglia inequivocabile di spolparlo vivo e ridurlo in carcassa. Quindi si diresse verso la porta di casa prendendo in fretta le chiavi della macchina, ma non se ne andó prima di apostrofare Estelle puntandole il dito contro.
«Tu per me sei morta, stronza!»

Estelle si limitò a non dargli considerazione, ma notó la mascella di Harry contrarsi ritmicamente e la bile infiammargli nuovamente lo sguardo, fiero e inflessibile, mentre osservava immobile Logan sbattere la porta d'ingresso dietro di sé: aveva gli occhi di lupo famelico puntati su una preda che non può uccidere.

Il rombo del motore dell'auto di Logan li raggiunse nella penombra di quel salone che era stato teatro di qualcosa di irripetibile anche solo da pronunciare, dopodiché nella villetta caló un silenzio assordante che sembró scandire l'infinito, e gridava e tuonava con tutta la forza di un milione di cose non dette.





Sono stata brava a pubblicare così rapidamente? Non vedevo l'ora di farvi urlare un pochino, ma questo è solo l'inizio di una lunga storia.
AMO Harry in questo capitolo.
Nel prossimo ancora di più.

Kissy🖤

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