Prova a fermarmi

By isolatedwr

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(COMPLETA) Per Emily è giunto il momento più atteso della sua vita. Inizierà l'università dei suoi sogni nel... More

Cast.
booktrailer.
prologo.
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Ringraziamenti e progetto futuro.

3.

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By isolatedwr

Come temevo la cena si è rivelata parecchio imbarazzante. Ero padrona di un susseguirsi di fremiti e un groppo alla gola non mi permetteva di mangiare.
Più lo scrutavo, più il mio cuore si spezzava in altri miseri pezzi.
È stato tutto il tempo immutato, con la mascella contratta e lo sguardo nel vuoto che esprimeva solo avversione.
Avrà detto, sì o no, dieci parole.

Gli altri non ci hanno fatto tanto caso, spesso tutti ascoltano le parole e vedono i sorrisi, ma nessuno si accorge mai degli occhi.

I suoi erano irriconoscibili.

Non lo amo più, su questo ci posso contare. Ma questo non significa che mi faccia bene rincontrarlo, che mi sia indifferente la sua vicinanza.
Ci eravamo persi di vista e a me andava più che bene... perché stavo iniziando a non pensare più a lui.
Ma a quanto pare il fato non è dalla mia parte... infatti eccolo che rispunta nella mia vita!

Oltretutto fidanzato con una ragazza incantevole e cordiale che continua interrottamente a parlarmi di lui.

Inutile dire che appena siamo tornate sono corsa fuori, in bagno, a piangere. Ho trattenuto le lacrime per tutta la sera, sforzandomi di ascoltare la conversazione, ma non è andato a buon fine.
Perché ogni volta che allungavo lo sguardo la sua espressione mi feriva, a tal punto che il rammarico diveniva intollerabile.

Non mi ha mai guardata, nemmeno di sfuggita. Mentre io stavo soffrendo dentro, a lui sembrava che non fregasse nulla.

E posso accettarlo... credo.
Alla fine l'unica colpa per la quale siamo in questo stato è mia.

Sam, quando siamo tornate in camera, mi ha assicurato che di solito è molto più gioviale e che quella sera era nervoso.
Io ho fatto finta di nulla, sostenendo di non aver notato niente, ma in realtà lo conosco molto bene da costatare che era semplicemente infastidito della mia presenza.

O almeno lo conoscevo.

Stamattina mi sono svegliata spossata, ho dormito bene o male due ore. Perché l'agitazione era sin troppo eccessiva.

In questo momento sono supina sul letto, a subire lo sfinimento di una notte in bianco.
Sono consapevole che non riuscirò a riaddormentarmi così mi alzo, indirizzandomi verso la scrivania dove ho appoggiato, in fase temporanea, lo spazzolino e il detergente.
Corro in bagno e, una volta tornata, inizio a vestirmi velocemente, facendo attenzione a non svegliare la castana dall'altra parte del letto.
Devo dirigermi all'università per prendere la scheda delle lezioni.
E sinceramente sono anche curiosa di vedere com'è fatta. Magari mi distraggo un po' dall'evento di ieri.

Mi infilo un paio di jeans attillati e una felpa casual, mi pettino velocemente i capelli lisci ed esco di camera struccata.
Avrò delle occhiaie che arriveranno sotto ai piedi, ma non sono in vena di niente stamani.

Mentre mi dirigo all'esterno del dormitorio cerco di ricordare la strada per non perdermi un'eventuale volta.
Anche se devo farlo presente: Questo posto è veramente un labirinto.

Fortunatamente le camerate sono vicino all'università, così non dovrò prendere l'autobus ogni mattina. Penso che questa sia l'unica gioia che ho ricavato dal mio arrivo in campus.

Dopo un paio di minuti mi faccio largo verso l'entrata, perdendomi un secondo a fissarla.
È mastodontica e assolutamente perfetta.
Noto vari studenti indaffarati e smanio all'idea che fra qualche giorno sarò come loro.
Sospiro profondamente ed entro per prendere tutto l'occorrente.

Se dall'esterno risultava grande come luogo, dentro lo è ancora di più. Con persone che corrono in varie direzioni, facendo parere il tutto decisamente più caotico.
Mi sorprendo del fatto che sembri tutto pulito e stranamente arredato bene.
In questo momento posso vedere solo un piccola parte di corridoio, dato che la segreteria è all'entrata. Ma già tutto ciò mi fa venire i brividi.
Non è niente in confronto all' High School di Boston. Non è nemmeno paragonabile.

Mi sono iscritta a scienze della comunicazione e non vedo l'ora di poter iniziare a studiare tutte queste materie allettanti.

Dopo aver preso tutto l'occorrente esco velocemente per tornare in camera a dormire. Sono veramente stanca e spero che questa disattenzione influisca per non farmi ripiombare nel turbine di pensieri, che hanno usurpato del mio sonno.

Sto prendendo la strada principale, diretta verso le camerate, fin quando lo vedo.

È appoggiato alla sua macchina con una sigaretta tra le labbra, sta digitando qualcosa sul suo telefono. Solo la vista di quell'auto mi riporta a pensieri dolorosi.
Lui che mi accompagnava a vedere le stelle, appoggiati su quel cofano.
Noi che stavamo per compiere un incidente, dato che non smettevamo di punzecchiarci.
Una volta ha ceduto e me l'ha fatta addirittura guidare. Scena epica che non dimenticherò mai.
Rammento che si impostava la musica a tutto volume.
Ballavamo. Cantavamo. Ci amavamo.

Continuo a far fronte a questi ricordi magnifici ed estremamente dolorosi, mentre lo guardo. Rapita dalla sua postura.

Indossa una t-shirt nera e dei jeans chiari, calanti sui fianchi, porta degli occhiali da sole neri, ma nonostante gli coprono metà viso, si vede lo stesso che ha un espressione corrucciata.

Il suo fisico sembra più tonico, soprattutto se si contempla le sue braccia massicce.
In più gli sono cresciuti i capelli, adesso li ha leggermente più lunghi. Quando stavamo insieme li portava praticamente rasati.
Era bellissimo anche prima, ma adesso è una visione paradisiaca. Quei riccioli corvini contornano il suo bel viso dalla carnagione abbronzata.
I suoi tratti sono diventati più duri, pronunciati dai suoi zigomi alti e dalla mascella squadrata.

È divino.

Sono consapevole del fatto che lo stia fissando, ma purtroppo non riesco a distogliere lo sguardo.
Mi concentro sui due cerchi neri che ha sull'avambraccio. Non mi fanno impazzire i tatuaggi, ma devo ammettere che quello gli sta veramente bene.
Ne ha anche un altro, posto sotto al pettorale sinistro, che ovviamente adesso non riesco a intravedere.
È una frase dedicata a sua madre, che purtroppo non c'è più.

Sono combattuta se andare a parlargli o no. Ho paura soprattutto di quello che mi potrebbe dire.

Sono ancora indecisa quando quest'ultimo, come se avesse notato la mia presenza, punta lo sguardo dritto su di me e mi coglie in flagrante.

I miei piedi si muovono da soli verso di lui, senza bisogno di pensare ad altro.
Quando se ne accorge apre la portiera della macchina per entrare, pestando prima la sigaretta, sotto alla suola della scarpa.

Che fa? Adesso scappa pure?

Inizio a correre verso di lui. «Liam aspetta un secondo!» esclamo trafelata, raggiungendo la sua macchina nera.

Abbassa il finestrino scuro e mi guarda in modo apatico. La sua bocca piena adesso è posta in una smorfia.

«Che vuoi?» domanda senza giri di parole.

Partiamo bene.

Respiro un altro po', per riprendere fiato, avanti di iniziare il mio discorso, direi molto inceppato dal nervosismo.
Non so perché, ma il suo sguardo mi mette molta soggezione, come se per lui fossi solamente una sconosciuta senza dignità.
«I-io volevo solo chiederti come stavi. È da tanto...», non mi lascia terminare la frase.

«Senti sarei di fretta», sbuffa alquanto irritato, per poi mettere in moto senza nemmeno guardarmi.

«Perché fai così?»
Sto iniziando a infastidirmi. Solamente perché non ci parliamo da un po' pensa subito di mancarmi di rispetto?

«Così come?» chiede innocentemente, facendo spallucce indifferente.

Che faccia tosta.
Lo sa benissimo come.

«Come se non te ne fregasse nulla», mormoro guardandolo, lui non ha nemmeno il coraggio di farlo. Volta lo sguardo davanti a sé, ignorandomi ancora.

«Infatti non me ne frega un cazzo di te», ride senza gioia. «Senti Emily, il mondo non gira intorno a te stessa, è finita, punto. Sto con una ragazza stupenda, ho degli amici e sono felice; fattene una ragione e non cercarmi più. Non iniziare a complicare tutto».

Resto allibita per ciò che ha espresso... come se gli avessi dato delle avance di qualche tipo.
In più resto stupita, benché non mi hai mai chiamato per nome intero e quel suono è così strano pronunciato dalle sue labbra.

«Io uno, non ti cerco e due, almeno ieri non mi sembravi un granché felice», oso parlare. Come fa a ferirmi ogni volta di più? Ha addirittura fatto finta di non conoscermi, io gli sto solo reggendo il gioco come una cretina.

«Tu non sai un cazzo di me, non hai mai saputo nulla», sputa con abominio.
Detto questo mette in moto e scappa via senza nemmeno salutarmi.

Resto pietrificata, guardandolo fuggire da me. Non riesco a credere a ciò che è successo.

Chi è questo Liam? Lui non mi ha mai parlato così, non mi ha mai odiato in questo modo.

Insomma sì, non ci vediamo da un bel po', ma non gli ho mai fatto nulla... non ha il diritto di attaccarmi.
Sono sempre stata sincera con lui, per qualsiasi cosa, dovrebbe essere un minimo comprensivo, non guardarmi apatico tutto il tempo.

Cerco di ricacciare indietro le lacrime per quanto ci sono rimasta male.
Non piangerò per lui, se non vuole avere nulla a che fare con me bene.
Vorrà dire che andrò avanti, conoscerò gente nuova e sarò molto più felice di come sostiene lui.

«Bella uscita di scena», sento una voce dietro di me. Mi giro di scatto verso una ragazza che non conosco.

È più bassa di me e ha i capelli rossi legati in una coda bassa. Ma non riesco a vederla un granché bene, perché porta degli occhiali carini, ma altrettanto grandi.

«Prego?» chiedo non capendo.

«Il tuo ragazzo... deve essere parecchio arrabbiato per andare via in quel modo», mormora guardandomi. «Scusa non volevo infierire, sono mortificata», aggiunge subito dopo, iniziando a grattarsi la testa in imbarazzo.

«Non è il mio ragazzo.»

«Oh, allora amico?» tenta, compiendo un passo nella mia direzione.

«Lui è...» ci penso un po' su. «Non è nulla», concludo.
E forse lo è davvero.
L'era del ragazzo dolce è finita.

«Be', se ti può rassicurare, persone con quella faccia tosta le prenderei tutte a sberle», mi consola con un'alzata di spalle. Faccio una breve risata, non molto gioiosa, e mi avvicino a lei.

«Sono Emily Benson», mi presento porgendole la mano. Lei me la stringe calorosamente.

«Aria Parker. Sei nuova qui?» mi osserva incuriosita.
Si alza un secondo gli occhiali e sono sbalordita nel scorgere un paio di occhi celesti, così chiari da risultare a malapena credibili.

«Secondo giorno, tu?»

«Circa il quinto. La mia compagna di stanza è noiosissima, sto facendo un giro.»
Sono sorpresa della velocità con la quale cambia argomento.

Dondolo tra un piede e l'altro. «Oh, mi dispiace molto. Come mai?» chiedo un attimo intimorita, per non voler sfociare in argomenti più intimi.

«I soli discorsi che fa o riguardano il sesso o di quanto le sta bene il rossetto rosso. Con questa frase ti ho già spiegato tutto», ironizza in modo esasperato, alzando subito dopo gli occhi al cielo. Questa ragazza sa essere parecchio teatrale.

«Oh cavolo, pesante!» rido. «Be', se sei in un momento di crisi puoi sempre venire in camera da me», le propongo. Anche se non sono così sicura di ciò che ho appena detto. Invitare già una sconosciuta da me?

«Sì ti prego! Dove stai?» mi scongiura.

«B8, te?»

«C22, vicino!» Splende felice. Questa ragazza sembra un po' esaltata, ma mi stanno simpatiche quelle come lei.
«Senti, se vuoi darmi il numero... così ci si sente. Anche perché devo scappare. Vado a fare un po' di compere», continua, non accentuando il discorso.

«Sicuro!»
Dopo averle dato il numero e salutata mi incammino verso le camerate, ma prima decido di passare da una pasticceria.
Ieri non ho praticamente mangiato niente e adesso la fame inizia a farsi sentire.

Noto un bar molto carino, lungo la strada, così non ci penso due volte ed entro all'interno.
È un ambiente molto accogliente e colorato, che sprizza immediatamente allegria.
Ci sono un sacco di tavolini tondi, color crema, contornati da sedie in legno vintage. Esse hanno tutte un cuscinetto morbido posato sopra, dello stesso colore del tavolo.
Il locale, inoltre, è tappezzato da poster di ogni tipo e si vede bene la cucina dietro al bancone, coperta solo da uno strato di vetro.
In più l'odore dei dolci e del caffè mi fa venire letteralmente l'acquolina in bocca.

Appena arrivo a chiedere l'ordinazione noto Trevor intento a fare un cappuccino.
Lavora qui? Non l'avrei mai detto. Non mi sembra il tipo da brioche e caffè, bensì più da cocktail e shot.

Appena si accorge che lo sto guardando mi fa l'occhiolino e viene verso di me.
Divento rossa all'istante.

Altra figuraccia spuntata.

«Ciao Emily. Cosa ti porto?» Chiede gentilmente.
Ha una bellissima voce, molto penetrante e calorosa, e la divisa che indossa, seppur basilare, addosso a lui sembra decisamente virile.

«Un muffin al cioccolato e un caffè macchiato grazie», lui alza di conseguenza il pollice in su e corre a prepararmi il caffè.
Nel frattempo un altro ragazzo mi porge un muffin, cosicché inizio a mangiarlo, dopo averlo ringraziato.

Freno l'impulso di compiere un gemito per tale goduria.
Le mie papille gustative si sono condotte in un altro mondo.

È delizioso.

«Da quanto è che lavori qui?» chiedo a bocca piena, cercando di fare conversazione con il biondo, mentre posa la tazzina sotto alla macchina del caffè.

«Da due annetti circa. Ho iniziato ben due anni fa.
Mi servono un po' di soldi, visto che qui è tutto abbastanza caro... anche per aiutare mia madre», mi confida per poi porgermi il caffè macchiato.
Il cuore mi si riempie di gioia per ciò che ha pronunciato. È tenero.
Lo ringrazio dolcemente, dopodiché lo bevo in un sorso.

«Quanto ti devo?» domando, aprendo il portafoglio.

«Oh niente, offre la casa», butta lì, per poi iniziare a lavare la mia tazzina e il piattino.

«Dai, davvero», lo guardo corrucciata.

«Insisto. Non muoio per un dollaro in meno», schernisce ridendo.

«Ok, allora grazie», mi rassegno, mentre sorrido a trentadue denti.

«Ci si vede Emily. Buona giornata!» Esclama, mentre mi dirigo verso l'uscita.

«Anche a te!»
Saluto con la mano e successivamente esco di lì, per tornare verso il dormitorio.

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