6.

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«Cosa hai alla prima ora?» Domanda Sam, mordendosi un po' le unghie, mentre camminiamo.
Sembra quasi più nervosa di me, anche se le lezioni le ha iniziate già ieri.

Controllo il foglio dell'orario. «Ehm...sociologia», rispondo per poi guardare il mio orologio da polso.
Aumento il passo notando l'ora. Devo arrivare al più presto se non voglio arrivare in ritardo.

«Em rallenta! Non ce la faccio a starti dietro. Ho le gambe più corte!» Si lamenta, mentre mi corre dietro.

«Ma se sei alta quanto me», sbuffo e continuo a marciare. Non ho tempo da perdere.

Sono ancora un po' scombussolata per quello che è successo ieri, di conseguenza sono più fredda nei suoi confronti, pur non facendolo apposta. Lei sembra accorgersene, ma non osa dirmi niente.

«Sono sproporzionata», mormora non sapendo dove pararsi. Io non rispondo.

Arriviamo dieci minuti prima dell'inizio delle lezioni.
Perfetto, almeno ho tutto il tempo per trovare l'aula.

Mi prendo un secondo per osservare la struttura, visto che l'altro giorno non ho avuto modo di guardarla a fondo. È tutto spazioso, ha soffitti alti e ci sono grandi finestre che torreggiano l'ambiente e lo illuminano parecchio. I corridoi e le scale sono infiniti e da tutte le parti, quindi penso che, anche qui, per orientarmi mi ci vorrà un po'.

«Bene, ci vediamo alla seconda ora giusto?» Le domando, mentre mi sveglio dal mio stato di trance dovuto a tutto ciò che mi circonda, al mio sogno. Si mordicchia l'unghia del pollice e riporta l'attenzione su di me.

«Sì!» Esulta per poi abbracciarmi.
Lei sta studiando economia, ma da quel che ho capito alcune materie le abbiamo in comune.
Dopo averla salutata inizio a vagare per la ricerca dell'aula che, fortunatamente, trovo velocemente.

Bene Emily, si migliora.

Come immaginavo anche le aule sono spropositate.
Noto che ci sono ancora pochi ragazzi essendo in anticipo. Mi vado a posizionare nella seconda fila, dopodiché ammiro l'aula sognante.
Banchi di legno chiari posizionati a file parallele. Ci sono diverse cartine geografiche addossate alle pareti e dietro all'enorme cattedra è posizionato una grande L.I.M.

Mancano all'incirca due minuti all'inizio della lezione quando vedo entrare Richard in tutto il suo splendore.
È davvero carino con quell'aria da furbo e i capelli tirati su con del gel. Percepisco tutte le ragazze fissarlo ammaliate, facendomi credere di non essere l'unica a pensarlo.

Si guarda un po' in giro come se stesse cercando qualcosa. Prendo l'iniziativa e alzo un braccio nella sua direzione, salutandolo.
Lui mi nota quasi subito facendo un ampio sorriso, per poi successivamente venire verso di me. Alcune ragazze mi guardano male come delle bambine delle medie, ma non mi interessa, anzi, ci godo pure un po'.

«Posso?» Indica il banco accanto al mio, una volta che mi ha raggiunto.

«Certo», acconsento subito, spostando il mio zaino per farlo accomodare. «Anche tu scienze della comunicazione?» Aggiungo, una volta che si è seduto.

«Davvero. Devo recuperare vari esami dall'anno scorso; a quanto pare in sociologia non sono molto ferrato», mi sussurra, guardandomi con quegli occhi intensi tendenti al verde.

«È tosta?» Mi avvicino a lui per sentire meglio, riferendomi alla materia in questione.

«Più che altro il prof è una merda», abbandona il suo zaino per terra, per poi posare il libri sul banco.

Proprio in quell'istante, come per incantesimo, il professore in questione varca la soglia della classe.

È un uomo arcaico, con una folta barba e con degli occhiali simpatici sulla punta del naso. È vestito in maniera scandalosa e trascina i piedi in modo buffo verso la cattedra. Ric fa finta di rabbrividire una volta visto, facendomi ridacchiare.

Prova a fermarmiWhere stories live. Discover now