20.

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«Ecco il tuo caffè lungo», esordisce Trevor una volta arrivato al tavolino dove sono appoggiata.

«Grazie. Sei la mia salvezza», gli faccio un sorriso sincero, avvolgendo immediatamente le mie mani gelate, intorno alla tazza con sollievo. Ormai è inizio novembre e le temperature sono calate molto.

Mi corregge. «Il caffè è la tua salvezza. Mi dai l'idea di una che si potrebbe addormentare da un momento all'altro», ridacchia mentre si sistema il grembiule.
Ancora non lo vedo nei panni di un cameriere, con il suo fascino e tutti i suoi tatuaggi...
Devo ammettere però che è virile anche con una divisa azzurra.

«Ho avuto sei ore di fila e sto studiando da due giorni senza un attimo di pausa, fai te.»
Purtroppo ho la brutta abitudine di studiare sempre tutto all'ultimo e ho la prima sessione di esami in questi giorni.

Sbuffa. «Ti posso capire Em, sono nella tua stessa situazione e devo anche lavorare», mette il vassoio sotto al braccio per poi lasciarmi insieme ai miei libri.
Sfoglio i miei appunti ancora un po', cercando di accumulare qualcosa in più.
Domani l'altro devo vedermi anche con Liam per l'esame di statistica, Dio, datemi la forza!

A proposito di quest'ultimo, come per magia lo vedo entrare all'interno del bar insieme a Richard. Strabuzzo gli occhi e abbasso il volto cercando di non farmi vedere. Ma lo trovo dappertutto?

Si appoggia al bancone col suo charme, ridendo per qualcosa che ha detto Trevor.
Sposto lo sguardo verso il castano accanto a lui e solo ora noto che Richard sta guardando nella mia direzione. Impreco sottovoce per essere stata colta.
I suoi occhi sono incatenati con i miei. A differenza di quelli di Liam questi mi suggeriscono tutto, trasudano afflizione e rammarico; vorrebbe venire da me e urlarmi quello che ho sbagliato, ricominciare da capo, ma ha paura che non mi vada a genio.

Decido di prendere l'iniziativa.

Mi alzo dalla sedia dirigendomi verso di lui, senza staccarmi dal suo sguardo indagatore. Scorgo una scintilla di paura attraversare il suo volto, ma io non mi do per vinta arrivando a un metro dal suo viso.

«Ciao», mi rivolgo solamente a Ric. Guardo di sbieco Liam che mugola sottovoce seccato da morire. Gira completamente il corpo e osserva Trevor preparare una spremuta d'arancia, tutto questo per non avere a che fare con me. Che infantile.

«Ehi, come stai?» domanda Richard un po' a disagio. C'è una grande tensione nell'aria. La percepisco.

«Bene, tu?»

«Bene», risponde solamente. Restiamo per un po' zitti, non sapendo che dire. Sono imbarazzata e Liam non alleggerisce l'atmosfera iniziando a ridere sotto ai baffi, per questa conversazione abbastanza patetica.
Se il mio sguardo potesse incenerire le persone, Liam sarebbe già morto da un pezzo.

«Senti, ti va di parlare?» mi rivolgo a Richard, già scocciata per il cretino accanto a sé.

Proprio quest'ultimo risponde al posto suo. «Senti, avremmo da fare», replica ripetendo il "senti" nelle stesso tono.
Mi sta facendo male la mascella dal fastidio, ma cerco comunque di frenare l'impulso di andare lì e tirargli qualcosa addosso.

«Per favore», mormoro semplicemente fissando intensamente il castano davanti a me.
Osservo i suoi lineamenti addolcirsi.

Si volta verso il coglione. «Mi puoi dare cinque minuti?» lo prega.

«No», nega senza guardarci, iniziando a sorseggiare la sua spremuta, che gli ha appena porto Trevor.

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