54.

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Sono passate poco più di diciotto ore, ma non ho ancora trovato il coraggio di affrontarla.

In seguito all'uscita da quel bagno non l'ho più rivista. Mi sono limitata a passare il pomeriggio in biblioteca e la notte nella camera di Aria.

Quando sono arrivata dalla mia amica la sua compagna di stanza, Tessa, non ha fatto altro che guardarmi con uno sguardo indagatore, accompagnato da una smorfia continua che le increspava la bocca.
Nonostante il suo atteggiamento da snob però, non si è azzardata a rivolgermi la parola, dormendo con beatitudine sul suo letto.

Beata lei, io a stento trattenevo le lacrime.

Stavo per rifugiarmi da Liam in cerca di consolazione e magari di qualche carezza, ma non mi è sembrato il caso per due validi motivi a dir poco evidenti.

Non vedo da ieri neanche lui. L'unica cosa che ha effettuato è stata quella di inviarmi due messaggi, dove mi informavano che aveva provato a parlare con Samantha, ma tutto ciò che ha ricevuto sono state molte imprecazioni e uno schiaffo in pieno viso.

Sono stata tutta la mattina, di questo sabato, sul divano di Aria, a mangiare dei biscotti in sua compagnia e a compiangere i bei momenti che si erano creati tempo addietro. Ma adesso ho davvero il bisogno di mettere da parte la trepidazione e di andare da Samantha.
Anche perché sennò mi toccherebbe passare altre notti come una barbona, nel divano di una stanza non mia.

Espiro, forse un po' esageratamente, arrivando davanti alla porta B8 per poi sbloccarla con la chiave magnetica.
A primo impatto, appena sorpasso l'entrata, non la inquadro, ma subito dopo la scorgo.

La sua chioma castana e incurvata verso il basso. È accovacciata davanti al suo letto e penso stia cercando qualcosa al di sotto di esso.
Nell'istante in cui sente i miei passi avanzare si blocca di colpo, girandosi di scatto nella mia direzione.

Mi studia perentoria con occhi arrossati. Non sta piangendo, ma scommetto tutto quello che ho che fino a un attimo prima lo stava facendo.
E mi detesto per questo.

Il silenzio che alleggia intorno a noi è a dir poco imbarazzante. Rimango ferma sulla soglia non sapendo come avviare una conversazione, ma in un secondo momento mi accorgo di un oggetto. Precisamente una valigia.

È distesa sul letto, completamente aperta. Con già una parte di essa piena di vestiti.

«Che stai facendo?» mormoro intimorita.

Non starà sul serio pensando...

Lei si contiene ad alzare gli occhi al cielo. «Mi sembra più che ovvio.» Si china nuovamente e finalmente agguanta quello che pare un calzino. L'osserva schifata per poi riporlo nel sacchetto dei panni sporchi.

La sua espressione mi farebbe ridere, ma al momento riesco solo a connettere quella diavolo di valigia che vorrei incenerire con lo sguardo. «Perché lo stai facendo?»

Scoppia a ridere con scherno e abominio. Un mix ripugnante. «Davvero pensi che sarei rimasta qui? Che avremo fatto la pace, stringendoci il mignolo come due bambine dell'asilo, e che avremo dimenticato tutto?»

Chiudo la porta in un attimo avvicinandomi a lei. «Non sto dicendo questo...» Vedo che non mi dà ascolto, mentre continua a riporre con agilità gli indumenti nel trolley. Mi faccio coraggio e la raggiungo strappandogliene uno di mano. «Smettila e parliamone.»

«Non toccare le mie cose», sbotta marcando il suo accento. Detto questo si gira proseguendo su ciò che sta compiendo.

«E cosa farai sentiamo. Cambierai camera? Sai già che sono tutte occupate!» cerco di farle un attimo aprire gli occhi. «L'abbiamo pagate quesi un anno fa, figuriamoci se adesso ne hanno un'altra a disposizione per te!» replico in modo sarcastico, guadagnandomi un'occhiataccia.

Prova a fermarmiWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu