32.

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Appena entro in camera, come previsto, noto Sam indaffarata, mentre infila vestiti alla rinfusa nella sua valigia.

«Ehi», mormoro, facendo penzolare la carta elettronica in una mano.

Lei mi guarda di sbieco. «Ciao Em. Hai pranzato?»

«Sì all'università, tu?», domando, durante il tempo in cui mi poggio un secondo, in fondo al mio letto, per guardarla meglio.

«Giù in mensa», risponde trafelata, andando a prendere, quello che sembra essere, un giubbotto di velluto.

Mi alzo per raggiungerla. «Aspetta, ti aiuto.»

Inizio a mettere le cose, che lei stessa mi suggerisce, in varie buste, che successivamente deposita nel suo trolley. A differenza mia devo ammettere che sa essere molto ordinata quando vuole.

«Quando parti?», le chiedo, mentre corro a impugnare un paio delle sue scarpe.

«Tra un'oretta circa. Ho il treno alle quattro», spiega non appena adocchia il mio labbro inferiore, che sporge esageratamente per la tristezza. «E dai, non fare quella faccia! Sono a nemmeno mezz'ora da qui», ride stampandomi un bacino nella guancia.

Sbuffo. «Ma io parto per Boston domani l'altro», le ricordo. Ora tocca a lei fare il labbruccio scherzoso. Scuoto la testa divertita.

«Anche Liam torna a Boston. Perché non ti fai dare un passaggio da lui? A me scoccerebbe fare più di due ore di treno.»

«No!» dichiaro con enfasi, forse troppo impulsivamente. «In più non vorrebbe», provo a  farle capire, ma lei scrolla le spalle.

«Glielo potrei chiedere.»

Scuoto subito la testa. «No davvero, grazie lo stesso. Ho anche già comperato il biglietto, mi sembra uno spreco», mi invento per far placare la sua idea.

«Va bene mi arrendo», ridacchia, ma mi accorgo che sul suo volto domina un po' di tristezza.

Forse ho capito il perché. «Non ti va di andare dai tuoi vero?» le domando con un po' di esitazione.

Lei sembra irrigidirsi, ma dopo un po' annuisce. «Non è che non mi va di vedere i miei parenti, è solo mia madre un po' complicata», mi rassicura.

«Mi dispiace.»

«Non devi», sorride. «Ah, ti faccio presente un fatto», continua imperterrita, cambiando discorso.

«Spara», la incito.

«Ho fatto il provino ieri», mi confida, con una scintilla di esaltazione negli occhi.

«Per diventare cheerleader?» domando sorpresa. Non me lo sarei mai aspettata, insomma, non mi sembra molto il tipo.

«Sì!»
Dà all'occhio di essere molto contenta e per questo lo sono pure io.

La vado ad abbracciare stretta. «Sono un sacco felice per te!» le rivelo.

«E pensare che la capitana è anche dolcissima, non quelle che si vedono di solito nei film», si rallegra anche se subito dopo il suo sorriso si spegne. «Ma non voglio farmi tante illusioni, c'erano un sacco di ragazze.»

«Sarai stata perfetta. È da tanto che balli?»

«Da quando avevo quattro anni, anche se nell'ultimo periodo avevo smesso», spiega, chiudendo la valigia soddisfatta.

«Wow, un sacco!» lei annuisce e solo in questo preciso momento mi sale un dubbio. «Liam ci è andato alla fine?»

Sono un po' preoccupata che non si sia presentato, dopo che me l'ha confermato per varie volte quel giorno. Magari voleva solamente farmi smettere di parlottare.
E devo digerire ancora quello che mi ha confidato.

Prova a fermarmiWhere stories live. Discover now