𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓𝐁𝐔𝐑𝐍, percy...

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❛ ti fidi di me? ❜ ❛ come potrei non fidarmi? ❜ ▬▬▬▬▬▬▬▬ ⚔️ ⋆ ˚。⋆౨ৎ percy jackson and the olympians - book... Mais

𝐁𝐄𝐅𝐎𝐑𝐄 𝐒𝐓𝐀𝐑𝐓𝐈𝐍𝐆
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𝐒𝐄𝐐𝐔𝐄𝐋

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De -goosebumpss

- ̥۪͙۪˚┊❛ chapter twenty ❜┊˚ ̥۪͙۪◌
𝙛𝙖𝙘𝙘𝙞𝙤 𝙘𝙤𝙣𝙤𝙨𝙘𝙚𝙣𝙯𝙖 𝙙𝙚𝙡 𝙥𝙖𝙙𝙧𝙚 𝙙𝙞 𝘽𝙚𝙩𝙩𝙮

⸻ ✧ ⸻

𝐇𝐀𝐑𝐏𝐄𝐑

Dopo aver sentito Annabeth lamentarsi del padre per anni, mi aspettavo di tutto. Di certo non mi aspettavo che indossasse un vecchio cappello da aviatore con tanto di occhialoni. Aveva un aspetto così strano, con gli occhi deformati dalle lenti, che facemmo tutti un passo indietro sotto il portico d'ingresso.

Solo di una cosa era sicura: le apparenze ingannano. Un po' come mia madre.

«Salve» disse in tono amichevole «Siete qui per consegnarmi gli aeroplani?».

Io, Percy, Zoe e Talia ci scambiammo delle occhiate caute.

«Ehm, no, signore» rispose Percy.

«Accidenti» esclamò lui «Mi servono altri tre Sopwith Camel»

«Giusto» rispose il ragazzo «Siamo degli amici di Annabeth»

«Annabeth?».

Drizzò la schiena come se gli avessi appena passato la scossa.

«Sta bene? È successo qualcosa?».

Nessuno di noi rispose, ma dalle nostre facce dovette capire che c'era un problema parecchio grosso.

Si tolse cappello e occhiali. Aveva i capelli castano chiaro, simili a quelli di Annabeth, e intensi occhi marroni. Era un bell'uomo, immagino, per l'età che aveva, ma non si radeva da un paio di giorni e si era abbottonato male la camicia, perciò un lato del colletto era più alto dell'altro.

«Sarà meglio che entriate».

⸻ ✧ ⸻

Non somigliava a una casa in cui si fossero appena trasferiti. C'erano robot fatti di Lego sulle scale e due gatti appisolati sul divano del salotto. Il tavolino era pieno di riviste e a terra c'era la giacca a vento di un bambino. Nell'aria aleggiava un profumo di biscotti al cioccolato appena sfornati. Una musica jazz proveniva dalla cucina.

Sembrava una casa disordinata e felice, il genere di posto abitato da una vita.

«Papà!» gridò un bambino «Mi sta smontando i robot!»

«Bobby» fece distrattamente il dottor Chase «Non smontare i robot di tuo fratello»

«Bobby sono io!» protestò il bambino «Lui è Matthew!»

«Matthew» disse il dottor Chase «Non smontare i robot di tuo fratello!»

«Va bene, papà!».

Già odiavo i bambini, figuriamoci due gemelli...

L'uomo si voltò verso di noi.

«Andiamo di sopra, nel mio studio. Da questa parte»

«Tesoro?» chiamò una donna.

La matrigna di Annabeth comparve nel salotto, asciugandosi le mani in uno strofinaccio. Era una bella donna asiatica con i capelli sfumati di rosso, raccolti in una crocchia.

«Chi sono i nostri ospiti?» chiese.

«Oh» esclamò il dottor Chase «Questo è... Ci guardò, un po' interdetto»

«Frederick» lo rimproverò lei «Hai dimenticato di chiedere i nomi?».

Ci presentammo da soli, lievemente imbarazzati e io con un'espressione in volto, come a far capire che non mi fidavo del tutto, ma la signora Chase sembrava davvero simpatica.

Ci domandò se avevamo fame. Gli altri ammisero di sì, mentre io dissi che stavo bene così. Lei disse che avrebbe portato dei biscotti, e anche dei panini e qualcosa da bere.

Percy mi lanciò un'occhiata non appena si rese conto che io avevo rifiutato l'offerta, rifiutando automaticamente di mangiare.

«Sicura che non vuoi nulla?» mi sussurrò all'orecchio.

Io annuii, cercando di rassicurarlo.

«Cara, sono venuti per Annabeth» spiegò il dottor Chase.

Mi aspettavo quasi di vederla trasformarsi in una pazza isterica al nome della figliastra, ma la signora Chase si limitò a storcere la bocca in un'espressione preoccupata.

«Va bene. Andate pure su nello studio, vi porterò qualcosa da mangiare».

Sorrise a Percy.

«Piacere di conoscerti, Percy. Ho sentito molto parlare di te».

Aggrottai le sopracciglia. Cosa voleva dire? Perché Annabeth aveva parlato più di Percy che di me? Ma soprattutto, perché aveva parlato così tanto di Percy?

Non avrei saputo spiegare il motivo, ma la cosa mi dava non poco fastidio.

Al piano di sopra, entrammo nello studio del dottor Chase e Percy esclamò:
«Wow!».

La stanza era tappezzata di libri, ma furono i modellini da guerra ad attirare la nostra attenzione. C'era un tavolo enorme pieno di carri armati in miniatura e di soldatini che combattevano lungo un fiume dipinto d'azzurro, con tanto di colline, alberi e altra roba finta. Dei vecchi biplani pendevano con degli spaghi al soffitto, inclinati ad angolature pazzesche, come se fossero nel bel mezzo di un duello aereo.

Il dottor Chase sorrise.

«Sì. La Terza Battaglia di Ypres. Sto scrivendo un saggio sull'uso dei Sopwith Camel per colpire a bassa quota le linee del nemico. Sono convinto che abbiano giocato un ruolo molto più importante di quanto venga loro attribuito».

Staccò un biplano dallo spago e lo fece volare sopra il campo di battaglia, mimando il rumore del motore e abbattendo i soldatini tedeschi.

«Oh, giusto» rispose il figlio di Poseidone.

Sapevo che il padre di Annabeth era professore di storia militare. Ma non mi aveva mai detto che giocasse con i soldatini. E nemmeno che fosse così pieno di cose riguardanti la guerra, il suo studio.

Sembrava di stare nelle isole dei Beati!

Zoe si avvicinò a studiare il campo di battaglia.

«Le linee tedesche erano più lontane dal fiume».

Il dottor Chase la guardò, sgranando gli occhi.

«Come fai a saperlo?»

«C'ero anch'io» rispose lei in tono piatto «Artemide voleva mostrarci quanto fosse orribile la guerra, il modo in cui i mortali combattevano gli uni contro gli altri. E anche quanto fosse sciocca. Quella battaglia fu un inutile spreco».

Il dottor Chase aprì la bocca, scioccato.

«Tu...»

«Lei è una Cacciatrice, signore» intervenne Talia «Ma non è per questo che siamo qui. Abbiamo bisogno...»

«Hai visto i Sopwith Camel?» esclamò il dottor Chase «Quanti erano? In che formazione volavano?»

«Signore» soggiunse di nuovo Talia «Annabeth è in pericolo».

Attenzione catturata. Mise giù il biplano.

«Ma certo» disse «Raccontatemi tutto».

Non era facile, ma ci provammo. Nel frattempo, la luce del pomeriggio si stava affievolendo. Non ci restava molto tempo.

Quando finimmo, il dottor Chase crollò sulla sua poltrona reclinabile. Intrecciò le mani.

«La mia povera, coraggiosa Annabeth. Dobbiamo sbrigarci».

Mi accigliai non appena lo sentii parlare così della mia amica. È vero, non conoscevo alla perfezione il loro rapporto, ma rimaneva il fatto che discordavo tutto quello che Annabeth mi aveva raccontato su di lui.

«Signore, ci serve un mezzo di trasporto per il Monte Tamalpais» disse Zoe «E ci serve subito»

«Vi ci accompagno io. Mmh, faremmo prima usando il mio biplano, ma c'è posto solo per due»

«Cavolo, ha davvero un biplano?» domandò Percy.

«Lo tengo giù al parco di Crissy Field» rispose lui con orgoglio «È il motivo per cui mi sono dovuto trasferire qui. Il mio sponsor è un collezionista privato e ha alcuni dei migliori esemplari al mondo risalenti alla Prima guerra mondiale. Mi ha permesso di restaurare il suo Sopwith Camel...»

«Signore, una semplice macchina andrà benissimo» lo interruppe Talia «E sarebbe meglio che andassimo senza di lei. È troppo pericoloso».

Il dottor Chase aggrottò la fronte, imbarazzato.

«Aspetta un minuto, signorina. Annabeth è mia figlia. Pericoloso o meno, io... io non posso starmene...»

«Merenda» annunciò la signora Chase entrando con un vassoio pieno di panini al burro di arachidi, Coca-Cola e biscotti appena sfornati, con le gocce di cioccolata ancora calde.

Percy e Talia ingollarono qualche biscotto, mentre Zoe continuava:
«Posso guidare io. Non sono giovane come sembro. Prometto di non distruggerle la macchina».

La signora Chase aggrottò la fronte.

«Che sta succedendo?»

«Annabeth è in pericolo» rispose il marito «Sul Monte Tam. Li accompagnerei io ma... a quanto pare non c'è posto per i mortali».

Quell'ultima frase sembrò costargli molto.

Mi aspettavo che la signora Chase si opponesse. Cioè, quale genitore mortale avrebbe permesso a tre minorenni di prendersi la propria auto? Ma mi colse di sorpresa e annuì.

«Allora sarà meglio che si sbrighino»

«Giusto!».

Il dottor Chase saltò in piedi e cominciò a tastarsi le tasche.

«Le mie chiavi...».

La moglie sospirò.

«Frederick, mio Dio. Perderesti anche la testa se non la chiudessi sempre in quel tuo cappello da aviatore. Le chiavi sono appese al gancio vicino alla porta d'ingresso»

«Giusto!» esclamò di nuovo il dottor Chase.

Zoe afferrò un panino.

«Grazie a entrambi. Ora dovremmo andare».

Corremmo fuori dalla porta e giù per le scale, seguiti dai Chase. Ma prima di poter fare altri passi, una mano si posò sulla mia spalla.

«Sei Harper, vero?» mi chiese la signora Chase.

«Si» risposi secca.

«Ascolta... posso solo immaginare cosa Annabeth abbia raccontato di noi, ma ti prego... dille che questa è casa sua, che può tornare quando vuole»

«Perché dovrei?» scossi la testa «Le avete fatto passare un inferno».

La donna abbassò lo sguardo, visibilmente dispiaciuto.

«Tu ricordaglielo e basta. Per favore» mi supplicò.

«Solo perché è Annabeth e pervhe si merita una famiglia anche lei» dissi infine.

Lanciai un'ultima occhiata alla confusione del salotto. I fratellastri di Annabeth rovesciavano pezzi di Lego e litigavano, il profumo dei biscotti riempiva l'aria. Non sembrava così male.

Alla fine, corsi verso gli altri.

Raggiungemmo la Volkswagen decapottabile gialla nel vialetto. Il sole stava già calando.

Avevamo meno di un'ora per salvare Annabeth.

⸻ ✧ ⸻

«Ma questo affare non può andare un po' più veloce?» domandò Talia.

Zoe le scoccò un'occhiataccia.

«Non posso controllare il traffico»

«Mi sembra di sentire mia madre... e mi riferisco a tutte e due» commentò Percy.

«Chiudi il becco!» risposero all'unisono, facendomi sghignazzare.

Zoe zigzagava in mezzo al traffico del Golden Gate.

Il sole stava calando all'orizzonte quando finalmente arrivammo nella contea di Marin e uscimmo dall'autostrada.

Le strade erano strettissime e si snodavano tortuose in mezzo a foreste e colline, costeggiando ripide gole. Zoe non accennò a rallentare.

Senza nemmeno accorgermene, i mignoli mio e di Percy erano agganciati l'uno all'altro, mentre lui giocava con il tessuto del mio guanto.

«Dovresti dirglielo» mi sussurrò Talia all'orecchio.

Trasalii, non aspettandomi di averla così vicina.

«Di che parli?» domandai.

Lei assunse un'espressione, come per dire: è ovvio, no?

«Di te e Percy» spiegò.

Stranai gli occhi, portando la mano libera davanti alle labbra della figlia di Zeus.

«Ma sei matta?» sibilai.

«Vuoi dirmi che ho torto? Dai, l'ho capito perfino io» fece.

«Perché sento odore di pastiglie per la tosse?» chiese Percy, interrompendo il nostro scambio.

«Eucalipti» Zoe indicò i grossi alberi che avevamo intorno.

«Quella roba che mangiano i koala?»

«La mangiano anche i mostri» rispose lei «Adorano masticarne le foglie. Soprattutto i draghi»

«I draghi masticano le foglie di eucalipto?»

«Ti interessa davvero?» chiesi, confusa.

«Credimi, se avessi l'alito dei draghi, anche tu masticheresti eucalipto» spiegò Zoe.

Di fronte a noi si stagliava il Monte Tamalpais. Immagino che in confronto ad altre montagne fosse piuttosto piccolo, ma sembrava ingigantirsi mentre ci avvicinavamo.

«Così quello è il Monte della Disperazione?» domandò il figlio di Poseidone.

«Sì» rispose Zoe, asciutta.

«Perché lo chiamano così?».

Rimase zitta per più di un chilometro prima di rispondergli.

«Dopo la guerra fra i Titani e gli dei, molti dei titani furono puniti e imprigionati. Crono fu fatto a brandelli e gettato nel Tartaro. Il suo braccio destro, il generale che guidava le sue armate, fu rinchiuso lassù, sulla vetta, dietro il Giardino delle Esperidi»

«Il Generale» disse lui.

Le nuvole sembravano vorticare attorno alla cima, come se il monte le attirasse e le facesse girare come una trottola.

«Che sta succedendo? Una tempesta?».

Zoe non rispose. Ebbi la sensazione che conoscesse benissimo il significato di quelle nubi e che non le piacesse per niente.

«Dobbiamo concentrarci» intervenne Talia «La Foschia è molto forte da queste parti»

«Quella magica o quella naturale?» chiesi.

«Entrambe».

Le nuvole grigie turbinavano ancora più fitte sopra la montagna, e noi continuammo a guidare proprio in quella direzione. Adesso eravamo usciti dalla foresta e percorrevamo ampi spazi aperti fatti di scogliere, erba, rocce e nebbia.

«Guardate!» esclamò Percy.

«Cosa?» chiese Talia.

«Che hai visto?» feci io.

«Una grande nave bianca» rispose lui «Attraccata vicino alla spiaggia. Sembrava una nave da crociera»

Talia sgranò gli occhi.

«Luke» mormorai.

«Avremo compagnia, allora» commentò Zoe, cupa «L'esercito di Crono».

All'improvviso percepii una strana sensazione, come se tutti i capelli si stessero alzando verso il tettuccio dell'auto da soli.

Talia gridò:
«Ferma la macchina. SUBITO!».

Anche Zoe probabilmente aveva percepito qualcosa di storto, perché pigiò sui freni senza protestare. La Volkswagen gialla fece due testacoda prima di fermarsi sul ciglio della scogliera.

«Fuori!» Talia aprì lo sportello e ci spinse con violenza.

Rotolammo insieme in strada, e io finii distesa sopra a Percy.

Un secondo dopo: BUUUM!

Il lampo di un fulmine e la Volkswagen del dottor Chase esplose come una granata giallo canarino. Probabilmente saremmo rimasti uccisi dalle schegge se non fosse stato per lo scudo di Talia, che apparve a proteggerci. Udii un rumore come di pioggia metallica, e quando aprii gli occhi eravamo circondati dai rottami. Parte della macchina si era conficcata nell'asfalto. Il cofano fumante stava ruotando su se stesso. La strada era cosparsa di pezzi di carrozzeria gialla.

Mi alzai imbarazzata da Percy, mentre lo vedevo arrossire di poco.

«Ci hai salvato la vita» constatò lui, guardando Talia.

«E per mano di un genitore, un altro dovrà perire» mormorò lei «Maledetto. Vuole distruggere me? Me?».

Mi ci volle un secondo per comprendere che stava parlando di suo padre.

«Hey. Quella non era una folgore di Zeus. Impossibile» disse Percy.

«Impossibile? Mi sa che non conosci bene il Re degli Dei, Percy» mormorai.

«E allora di chi era?» domandò Talia.

«Non lo so. Zoe ha pronunciato il nome di Crono. Forse lui...».

Talia scosse la testa, con un'espressione arrabbiata e sbigottita.

«No. Non è andata così»

«Aspetta» esclamò lui «Dov'è Zoe? Zoe!».

Balzammo in piedi e corremmo verso la macchina esplosa. Dentro non c'era nulla. E nemmeno in strada, in nessuna direzione. Guardai in fondo alla scogliera. Nessuna traccia.

«Zoe!» strillò Percy.

«Taci, sciocco! Vuoi svegliare Ladone?» fece lei, apparendo al nostro fianco.

«Intendi dire che siamo arrivati?»

«Ci siamo quasi» rispose lei «Seguitemi».

Dall'altra parte della strada, la nebbia si raccoglieva in fitti strati. Zoe ne attraversò uno e in un attimo svanì. Io, Percy e Talia ci scambiammo uno sguardo.

«Concentratevi su Zoe» ci consigliò lei «La stiamo seguendo. Entrate nella nebbia e tenetelo a mente»

«Aspetta, Talia. Quello che è successo giù al molo delle barche... il discorso della manticora e del sacrificio...»

«Non mi va di parlarne»

«Tu non avresti mai... no?».

Lei esitò.

«Ero solo scioccata. Tutto qui».

Eppure sentivo che mentiva.

«Non è stato Zeus a mandare quella folgore sulla macchina. È stato Crono. Sta cercando di manipolarti, di farti arrabbiare con tuo padre».

Lei trasse un respiro profondo.

«Percy, lo so che stai cercando di tirarmi su di morale, e ti ringrazio. Però ora sbrighiamoci. Dobbiamo andare».

Entrò nella nebbia – nella Foschia – e noi la seguimmo, afferrando l'uno la mano dell'altra.

Quando la nebbia si dileguò, ero ancora sul fianco della montagna, ma la strada era sterrata. L'erba era più fitta. Il tramonto disegnava una fascia rosso sangue sul mare. La cima della montagna adesso sembrava più vicina, circondata da un turbine di nuvole temporalesche e di potere allo stato puro. C'era un solo sentiero, proprio davanti a noi. E si snodava attraverso un prato rigoglioso di ombre e fiori: il giardino del crepuscolo.

⸻ ✧ ⸻

˗ˏˋ ꒰ 𝙖𝙪𝙩𝙝𝙤𝙧'𝙨 𝙣𝙤𝙩𝙚 !

Aiuto raga, ma come ci siamo arrivati a 2k voti? Vi giuro, mi pare assurdo😭🫶

Spero che il capitolo vi sia piaciuto <3

Ci sentiamo presto ❥ sofi

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