LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Pri...

By IvoAragno

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Aldaberon il Varego era un Sanzara. Un giorno il suo maestro gli disse: "Se l'unica alternativa che ti resta... More

1) I VAREGHI
2) ALDABERON
3) LA CAPANNA DEL SANZARA
4) NEKO
5)LA CASSETTA DI SABBIA
6) SEGNI SULLA SABBIA
7) VANDEA
7a) IL SECCHIO
7b) INCONTRARSI
7c) AMICO DI TUTTE
7d) LA BENEDIZIONE
8) LA CASA NELLA NEVE
8a) ILLUDERSI
8b) IL MATRIMONIO
8c) I DONI DI ALFONS
9) LA PROMESSA
9a) LA RAGAZZA DI VINLAND
9b) RITORNO A CASA
9c) LA FESTA DEL RITORNO
9d) L'INDOVINA
10) LA PIASTRA DI ALFONS
10a) LA PIPA
10b) L'ALBERO
10c) LA MORTE DI ALFONS
11) LA REGINA DELLE NEVI
11a) LO SCONOSCIUTO NEL FANGO
11b) LA POZZA
11c) IL RIPARO
12) I GIGANTI GHIACCIATI
12a) CROLLO
12b) LA TUMBA'
13) I COMPARI
13b) IL FIUME SARDON
13c) NEMICI SVELATI
14) IL POZZO
14a) ACQUA
14b) FLOT E RADICE
15) DELIRIO
15a) A NUOVA VITA
16) RISVEGLIO
16a) IL SOGNO
16b) UN NUOVO NOME
17) LA GUARIGIONE
17a) L'ANELLO
17b) LA MERLA

13a) I COLORATI

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By IvoAragno

Durante il cammino trovò cibo e acqua. Presso un ruscello si fermò che le ombre della sera incombevano e un nuovo assillo lo assalì: continuare a muoversi o fermarsi a dormire?

Appena si pose la domanda, Aldaberon sorrise beffardo. Sia che decidesse di fermarsi, che scegliesse di camminare per tutta la notte i quattro sconosciuti avrebbero sempre saputo dove trovarlo. Se avessero deciso di aggredirlo, farlo nel sonno oppure nella veglia per lui cambiava poco. Volente o nolente si trovava in balìa di quel gruppo. A tentare di sfuggirgli ci aveva già provato, riuscire a sorprenderli nemmeno a pensarci e anche il tentativo di aprire un dialogo era fallito: veramente si poneva il problema se fosse opportuno dormire?

Si tolse la borsa a tracolla e le armi e si stese sotto le radici di un gigante caduto. Accanto c'erano molte foglie secche. Se ne ammucchiò quante poté e si mise giù a dormire. La luce era ormai fioca e i contorni delle cose venivano sbavati dai chiaro scuri dell'oscurità, ma il Varego era certo che qualcuno del gruppo lo guardasse anche allora. Non aveva idea di quale potesse essere e in quale punto delle foresta potesse nascondersi, però ugualmente gli gridò:

"Buon riposo anche a te, Tumbà! Domani ho intenzione di andare a Sud, se vuoi possiamo andarci insieme, cosa ne dici?"

Non attendendosi nessuna risposta, ritornò a distendersi. Non sapeva perché avesse detto quelle cose. Sapeva solo che farlo l'aveva fatto sentire meglio e meno impotente. A fuggire nemmeno ci pensava. Sarebbe stato inutile e avrebbe potuto trovarsi faccia a faccia con l'orso ammaestrato. Comunque sorrise, quasi quasi si sentiva protetto da quella presenza silenziosa nella notte. Lo faceva sentire meno solo. Mentre lui pensava a dormire, avrebbero potuto vegliare sul suo sonno, proteggendolo come una coperta dal freddo. Ma sia in un modo che nell'altro, era certo che non avrebbe potuto fare molto per evitarlo. Se quei quattro uomini dovevano rappresentare lo scoglio che avrebbe affondato la sua nave, tanto peggio, così sarebbe stato. Se invece così non doveva essere, l'indomani si sarebbe risvegliato e avrebbe continuato il suo cammino evitando a qualcun altro di farlo al posto suo.

Per chi aveva fede nel Rammarico e nell'Inevitabile non c'era un vero inizio e una vera fine nelle cose che succedevano. Se così doveva essere, così sarebbe stato. Tutto fluiva come un fiume del quale nessuno sapesse esattamente dove fosse la foce, badando solo a seguire la corrente nel modo più semplice e lineare possibile. Per quanto libero, un Sanzara aveva un destino segnato dalla nascita e poteva solo affrontarlo giorno per giorno.

Forse il suo era un comportamento sciocco e irresponsabile, però aveva in sé qualcosa che gli piaceva e l'affascinava. L'imprevisto era il sale della sua vita.

Nella notte sognò della donna Tumbà e della madre. Le vide arrivare separate, poi camminare sempre più vicine l'una all'altra fino a sovrapporsi. Fu un bel sogno. Riposò quietamente e il mattino dopo, al risveglio, essendo ancora vivo capì che aveva fatto la scelta giusta.

Un rapido sguardo attorno e non vide nessuno, anche se era sicuro che i quattro fossero ancora lì.

Li sentiva, erano nell'aria come l'umidità all'alba e il vapore nel fiato. I suoi piedi prudevano, la nuca formicolava.

"Salute, Tumbà. Avete dormito bene?" disse ad alta voce.

Si rendeva conto che stuzzicare quegli uomini non lo avrebbe portato a nulla, ma gli serviva per sentirsi in qualche modo partecipe a quel gioco. Fece le sue abluzioni con calma, si rase e pettinò accuratamente. Mangiò i pochi frutti che ancora aveva e partì.

Per tutta la mattinata non li vide, eppure continuavano a essere una presenza costante e invisibile. Solamente una volta udì lo schiocco delle pietre dell'uomo dell'orso, molto lontano e alle sue spalle. Poteva essere un ordine per l'animale oppure un segnale per i suoi compari. Non l'avrebbe mai saputo e a conti fatti nemmeno gli interessava.

Nel pomeriggio, invece, li incontrò in due occasioni e posti differenti.

La prima volta fu il giovane con il labbro leporino ad apparirgli come un fantasma. Nemmeno questa volta parlò. Non disse nulla, non fece nulla, solamente gli sbarrò la strada a braccia incrociate, senza mostrare il minimo timore per le armi che lo straniero indossava. Per un momento Aldaberon valutò che avrebbe potuto sopraffarlo facilmente, ma il pensiero degli altri nei dintorni e l'odio nei confronti della violenza gratuita lo fermarono. Glielo imponevano il suo addestramento da Sanzara e il buon senso.

Un giorno Neko, vedendolo spostare una roccia troppo grossa, gli disse sorridendo:

"Non essere sciocco! Fai come l'acqua!".

Sulle prime non lo capì, anzi si arrabbiò moltissimo vedendosi deriso davanti ai suoi sforzi. Andò a sedersi in solitudine sugli scogli che venivano lambiti dall'acqua del fiordo. Rimase fermo per ore e ore a guardare le onde andare a sbattere contro gli scogli senza mai fermarsi un solo momento, mai stanche e mai sazie.

In quei momenti mille volte si chiese cosa volesse dire Neko senza mai arrivare a una risposta. Ma più tardi, quando comprese le parole del maestro, si sentì molto sciocco. Eppure era così facile capirlo, era lì sotto i suoi occhi e non lo vedeva. L'acqua detestava faticare inutilmente. Se non aveva la forza sufficiente per spostare una roccia, le girava attorno. Fluiva e rifluiva senza sforzo, scegliendo la strada più semplice senza porsi domande. E alla fine l'acqua vinceva sempre. Tutto qui.

Quando tornò da Neko e gli disse cosa aveva capito, questi non rispose nulla e gli sorrise appena, eppure gli aveva dato una lezione che non avrebbe più scordato per tutta la vita.

Neppure ora se ne dimenticò. Superato il primo momento di sgomento, s'allontanò dal giovane cambiando direzione di marcia. La cosa parve soddisfare il Tumbà: tornò a mimetizzarsi nella foresta scomparendo nel silenzio più completo. La medesima cosa accadde qualche tempo dopo, quando a bloccare la strada al Varego apparvero l'uomo senza braccia e il compagno senza gambe. Anche loro attesero che cambiasse la direzione prima di scomparire nel nulla. Lo guidavano verso qualcosa, ma cosa?

Aldaberon non lo sapeva, ma poco dopo arrivò dove c'erano i primi timidi segni di un sentiero. Dapprima incerti, poi via via più marcati, vedeva dei segni lasciati sul terreno da persone come lui. Sembrava essere stato frequentato piuttosto di recente. Poco più avanti, attaccate a due alberi, vi erano due ciocche di capelli colorati di un giallo vivace che pendevano nel vento. Quando le vide s'immobilizzò. Uomini, non poteva sbagliarsi!

Un segnale lasciato per altri abitanti della foresta!

Il cuore prese a battergli forte.

Da quel punto iniziava il territorio di qualche popolo e volevano che tutti lo sapessero. Sospettò che si trattasse dei Colorati.

Provò un brivido, lo stomaco ebbe un movimento come se i serpenti celati al suo interno si fossero risvegliati. Era da tanto che non li sentiva, pensò. Erano quel sentiero e quelle ciocche appese ad averli risvegliati.

Neko gli spiegò che non doveva temerli, doveva lottare e dominarli. Erano le anime degli Aldaberon che l'avevano preceduto, che avevano tentato e fallito prima di lui, che si risvegliavano.

Eppure, nonostante sapesse di cosa si trattava, ne ancora ebbe paura, come sempre gli era successo in passato. Se si erano risvegliati, voleva dire che riconoscevano quel luogo. Forse anche loro erano arrivati fino a lì ed erano morti, prima o dopo, fallendo nella loro missione. Toccava a lui adesso provarci e comprenderlo lo spaventò.

La tentazione di fuggire si fece violenta, ma anziché andarsene accettò il suo destino e iniziò a seguirlo.

E più o meno nello stesso momento in cui oltrepassò le ciocche di capelli, ebbe l'impressione che i quattro uomini se ne fossero andati, inghiottiti dalla loro foresta.

Non si curò più di loro, ma se si fosse voltato, li avrebbe visti salutarlo prima di allontanarsi silenziosi. Li avrebbe visti incontrare la donna Tumbà dalla maschera di cuoio che li aspettava ritta su una roccia, inchinandosi colmi di rispetto e affetto davanti a lei. Avrebbe visto l'uomo dell'orso avvicinarsi alla donna portando con sé l'animale, fermarsi e dirle:

"Abbiamo fatto come ci hai chiesto, mia Signora. Il giovane guerriero del Nord è entrato nel territorio dei Perfetti. Mi è consentito domandarti perché quel giovane è così importante per te?".

Avesse potuto, Aldaberon avrebbe visto lei, ferma e ritta su quella roccia come una statua, maestosa e bella, rispondergli:

"È mio figlio, Dan. Grazie per aver esaudito la mia richiesta, a te e a tutti voi".

Avesse potuto, Aldaberon avrebbe capito che dietro quella maschera stavano scorrendo delle lacrime per lui.

Ma non poteva, era lontano ormai, sul suo sentiero nella foresta.





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