‘’ mi ha lasciata così, senza una risposta, con la curiosità di sapere di quale leggenda stesse parlando … ‘’ Gus scoppia in una sonora risata, gli do uno schiaffo sulla spalla ‘’ non ridere! È una cosa seria! ‘’ ma lui continua a ridere, torcendosi dalle risate. Mi metto comoda sulla panchina, e metto le mani dietro la testa. Una volta finito di ridere Gus mi chiede ‘’ non ti ho vista a scienze ieri mattina … ‘’     ‘’ e io non ti ho visto per ben due giorni … ‘’    ‘’ bhe io ti ho aspettato l’altra mattina ‘’    ‘’ e io ti ho aspettato ieri pomeriggio, mi avevi detto che venivi a trovarmi ‘’ lui fa una smorfia che non riesco a decifrare e mi guarda con dolcezza ‘’ scusami ‘’ incrocio le braccia al petto ‘’ ti ho aspettato anche dopo l’orario di chiusura del bar! ‘’     ‘’ Tay … ‘’     ‘’ e in più non mi rispondevi! ‘’      ‘’ ho avuto un impegno improvviso ‘’ alzo le sopracciglia ‘’ del tipo? ‘’ insisto. Lui non risponde ma rotea gli occhi e scivola via dal mio sguardo accusatorio. Mi alzo ‘’ mi hai dato buca per Xilofe vero? ‘’ si alza a sua volta ‘’ Tay lasciami spiegare … ‘’ cerca di prendermi per un braccio ma io mi allontano ‘’ sai che c’è? Mi sono stancata di aspettarti ogni volta senza che tu vieni, solo perché c’è qualche altra ragazza che … ‘’     ‘’ Tay non stiamo insieme … ‘’ aggrotto le sopracciglia ‘’ non mi interessa se tu e Xilofe state ins….. ‘’      ‘’ Tay … ‘’ mi blocca ‘’ stavo parlando di noi due. Io … tu … ‘’ dice indicandomi ‘’ non stiamo insieme ‘’ lo guardo confuso, così lui aggiunge ‘’ mi sembri gelosa … ‘’ questo è troppo. ‘’ io non sono GELOSA …  tu  sei il mio migliore amico … vorrei un po’ più di tempo da passare insieme oltre a all’orario scolastico … ‘’ dico rilassando le braccia. Lui non risponde, così aggiungo ‘’ lasciamo stare … ‘’. Mi giro e me ne vado. Sento che lui grida il mio nome ma non mi interessa, velocizzo il passo con gli occhi bassi verso le mie scarpe. Le studio : sono diventate abbastanza vecchie, la striscia bianca sulla punta è diventata del tutto nera, per non parlare del rosso della stoffa che è diventata bordò o dei lacci ormai grigi. Esco dal cancello del parco e mi incammino verso la casa famiglia, mettendo le mani dentro le minuscole tasche del giacchettino azzurro, quando sento il tocco freddo e duro del cellulare mi rilasso. In effetti mi è capitato spesso di perderlo, le maniche del giacchettino sono così piccole che a ogni sussulto o salto ciò che c’è dentro cade. Prendo la strada più lunga. Nei giorni più tranquilli mi concedo una passeggiata lungo questa strada, sarà perché mi rilasso camminando o soltanto perché lungo questa via si trova il castello. Ci sono volte in cui mi siedo davanti e lo osservo,in tutta la sua magnificenza e il suo splendore. Dopo alcuni rapidi passi lo vedo e mi fermo davanti al grande cancello d’acciaio che mi sovrastava. Lo osservo: è grandissimo, tre torri si alternano maestose, la grande porta di legno massiccio si intravede tra le sbarre di ferro del cancello che delimitano un rigoglioso giardino. Gli alberi, fatti di abeti, querce e palme, erano così alti da nascondere quasi del tutto l’entrata dell’edificio, riesco a distinguere solo i mattoni chiari in netto contrasto con quelli delle torri più grigiasti. Ogni volta che lo vedo migliaia di ricordi tornano a galla, soprattutto quelli dopo l’incidente dei miei genitori. Mi appoggiavo al marmo della finestra e guardavo fuori, mi credevo un principessa in pericolo, in una torre, prigioniera di una vita che è cambiata troppo in fretta. Aspettavo che un principe lanciasse pietre alla mia porta e mi sorridesse, portandomi via da quell’orrore. Immaginavo che nel suo castello ci fossero la mamma che mi aspettava a braccia aperte e il papà che gridava a Ron di scendere giù da cavallo, sempre con quel tono divertito e addolcito. Mi sentivo una principessa in una favola, e quando chiudevo gli occhi lo ero davvero. La differenza era una sola, la mia favola non ha un lieto fine, nessun principe è venuto a salvarmi, nessun castello mi aspettava. E andando avanti con gli anni ho cominciato ad aprire gli occhi e a vedere la realtà com’era veramente: ero sola. Una lacrima si fa strada sulla mia guancia. Tolgo le mani dalle tasche e con un gesto violento la asciugo. Odio piangere. È segno di debolezza ‘’ hai ragione è così bello da far piangere ‘’ sussulto e mi giro svelta verso la mia destra. Kim osservava fiero il castello, sorridendo. Aveva i capelli scompigliati, le mani dentro le tasche del giacchetto grigio e jeans strappati. ‘’ non sto piangendo … ‘’ lui si gira, incrociando il mio sguardo. ‘’ hai gli occhi lucidi … ‘’     ‘’ sono raffreddata, e poi non sono fatti tuoi … ‘’ fa una faccia di finta sofferenza e si mette una mano sul cuore ‘’ così mi spiazzi ‘’ non riesco a trattenere un sorriso, al che anche lui sorride. Ha un sorriso bellissimo. Mi da una piccola gomitata sul braccio ‘’ ho fatto sorridere la ragazza yo-yo ‘’     ‘’ ancora con questa storia? ‘’ alza le mani ‘’ ti sei guadagnata tu questo nome ‘’      ‘’ non eri quello che doveva stare lontano da me? ‘’ lui sorride e distoglie lo sguardo ‘’ non l’ho mai detto, e poi … ‘’ aggiunge ‘’ stai fissando la mia casa con ossessione da far spavento ‘’ ridacchio di fronte al suo tono grave ‘’ adoro questo castello da quando ero piccola, non mi stanco mai di osservarlo. Quindi è probabile che sono ossessionata dalla tua casa ‘’ concordo ‘’ ma da far spavento … no dai! Sei esagerato! ‘’ lui alza un sopracciglio ‘’ voglio vedere se io mi metto di fronte casa tua e sto fermo ad osservarla. I tuoi genitori mi prenderanno per un maniaco  ‘’ un’ondata di tristezza improvvisa mi invade. Io non ho più genitori, e neanche una casa che si possa definire tale. Mi mordo il labbro inferiore, reprimendo il velo di lacrime che mi copriva gli occhi ‘’ Taylor? Ho – ho detto qualcosa che non avrei dovuto dire? ‘’ apro gli occhi, e solo ora mi ero accorta di averli chiusi. Noto con grande sollievo che le lacrime sono sparite e la mie guance sono asciutte. Abbozzo un sorriso ‘’ nono, tranquillo … ‘’ poi aggiungo ‘’ ehi, mi hai chiamata Taylor e non ragazza yo-yo! ‘’  Kim alza le spalle ‘’ non farò più questo errore ‘’       ‘’ ma come …? ‘’ la campana della chiesa mi interrompe. Sono le 6 di pomeriggio. Cazzo! Greta mi ammazza! ‘’ cosa? ‘’ Kim mi risveglia dai miei pensieri ‘’ niente! ‘’ dico ricominciando a camminare. Piano piano i miei passi diventano sempre più frenetici. Mi giro per salutare Kim ‘’ ci vediamo a… ‘’ le gambe si accavallano e io perdo l’equilibrio e cado a terra di faccia in giù. La guancia a contatto con i ciottolino di strada si sfrega, ma riesco ad attutire la caduta con le mani. Due mani solide mi aiutano a rimettermi in piedi ‘’ tutto bene? ‘’ mi chiede Kim ridacchiando ‘’ si … ‘’ rispondo incerta spolverandomi i vestiti ‘’ ma ora devo proprio andare … ciao! ‘’ lo saluto correndo. Poi svolto l’angolo a prendo la direzione della casa famiglia.

‘’ wow … il tuo ginocchio è ridotto male ‘’ mi dice Bern seduto affianco a me ‘’ non l’avevo notato! ‘’. Avevo il ginocchio sbucciato, ma la ferita non era tanto profonda. Quello che mi sento più di fottere è che mi sono strappata i leggins. Annabel entra con un po’ di ovatta e dell’acqua ossigenata. Si siede accanto a me e versa un po’ del liquido sull’ovatta. ‘’ Annabel … ti ho già detto che odio l’acqua ossigenata. Avevo 6 anni quando abbiamo cominciato a irritarci a vicenda ‘’ lei ridacchia. ‘’ non devi preoccuparti, devi essere coraggiosa … ‘’ avvicina l’ovatta al mio ginocchio malandato, stringo gli occhi ‘’ Taylor … ‘’ dice Bern ‘’ cosa c’è? ‘’ dico stringendo i denti quando l’acqua comincia a bruciare sulla mia ferita ‘’ È ACQUA OSSIGENATA, MICA LA PUNTA DI UNO SCORPIONE! ‘’      ‘’ Bern, ti avviso, non capisco i tuoi riferimenti a insetti o rettili ‘’ controbatto. Sento Annabel ridacchiare ‘’ ecco fatto … ‘’ apro gli occhi lentamente, mentre la rossa mi mette un gigantesco cerotto sulla ferita ‘’ da dove hai preso quel mostro? ‘’ chiedo alludendo al cerotto. Lei ride ancora ‘’ l’ho trovato nell’anta del bagno. Non ho mai visto un cerotto così enorme! ‘’ ridiamo entrambe ‘’ io ne ho visti di più grandi … ‘’  dice Bern altezzoso. Poi si alza e stira con le mani la maglietta aderente, si avvicina alla porta sotto il nostro sguardo indagatore. ‘’ bhe Tay … se hai bisogno di me puoi chiamarmi, con un colpo di cellulare, CHE NON HAI! ‘’ esclama ridendo. Gli lancio un cuscino ma lui chiude con uno scatto la porta, facendo sussultare Annabel. ‘’ come hai fatto a perdere il cellulare? ‘’ mi chiede ridacchiando. Alzo le spalle ‘’ deve essermi caduto oggi mentre stavo in giro … uff è la quarta volta che lo perdo! ‘’ dico mettendomi il viso tra le mani. Mi dà una pacca sulla spalla ‘’ non preoccuparti, puoi usare il mio ‘’ le sorrido, scostando le mani dal viso ‘’ grazie ‘’ raddrizzo la schiena ‘’ visto che ci stiamo conoscendo … potremmo farci qualche domanda a vicenda, tipo una domanda io e una tu, e viceversa ‘’ chiede lei con un pochino di timore. Rimango confusa, ma mi sforzo di annuire. È da tempo che non ho una vera e propria amica, poi Annabel mi sta simpatica ogni giorno di più. ‘’ chiedimi tutto quello che vuoi ‘’. Lei si alza, appoggia la boccetta di acqua ossigenata e l’ovatta sulla piccola scrivania e si siede sul suo letto, di fronte a me. Mi stendo continuando a guardarla. Piano piano diventava sembra più rossa. I suoi occhi erano rivolti verso il pavimento e si sfregava le mani strette tra le ginocchia. Sorrido ‘’ non preoccuparti … non mangio mica! ‘’ mi guarda e sforza un sorriso ‘’ bhe … il fatto è che io … non vorrei essere troppo invadente ecco … ‘’ la liquido con un gesto di una mano ‘’ naaah, pensi troppo. Se non voglio rispondere a una domanda te lo dico … non ti mando mica a quel paese solo perché sei curiosa della mia vita ‘’ la vedo ancora un po’ turbata. Mi alzo con i gomiti ‘’ insomma … è normale che vuoi sapere qualcosa su di me! sono la tua compagna di stanza, poteri essere un serial killer …. ‘’ la vedo aggrottare le sopracciglia. Mi metto a sedere incrociando le gambe ‘’ non volevo dire che lo sono! Volevo solo dire che …. ‘’ sto rovinando tutto, ci credo che nessuno voglia essere mio amico, insomma, chi farebbe amicizia con una pazza sclerata orfana analfabeta rovina tutto? ‘’ vabbè lascia stare … ‘’ mi stendo di nuovo girandomi dalla parte del muro e rannicchiandomi contro di esso. È freddo e duro. Mi abbraccio sperando di riscaldarmi un po’. A un certo punto la risata di Annabel rompe il pesante silenzio che si era formato. Mi giro e la trovo a ridere di gusto, stesa sul letto con le mani che tenevano la pancia e i capelli che vibravano scossi dalle sue risate. Gli occhi strinti e minuscole lacrime che le rigavano le guance, ora più rosse che mai. Assottiglio gli occhi. Perché ride? Cosa c’è di tanto buffo? Passo due minuti a sentire la sua risata allegra, fino a quando non smetta e mi guarda, allegra. ‘’ io penserò anche troppo, ma tu non lo fai proprio! ‘’ mi siedo, subito imitata da lei. Incrocio le braccia davanti al petto ‘’ mi stai forse dando dell’irrazionale? ‘’ le chiedo, ma un leggero sorriso affiora sulle mie labbra senza che me ne accorga ‘’ ti conosco solo da pochi giorni e posso dirlo con certezza … TU SEI PROPRIO IRRAZZIONALE! ‘’ mi lancia un cuscino e continua a ridere. Mi abbasso per schivarlo e questo arriva dritto sul muro, lo riprendo e lo lancio verso di lei, ridendo. Cominciamo una lotta di cuscini, tra un sacco di risate. Quando perdo l’equilibrio e cado a terra Annabel arriva subito in mio soccorso, appena vede che non sono infortunata prende un cuscino e comincia a darmelo in testa e su tutto il corpo, mentre io tra le risate protesto e cerco di prenderne un altro. Quando la porta si spalanca ci immobilizziamo immediatamente e guardiamo timorose verso la porta. Dolores ci guardava stupita, con il viso contratto e il telefono in un’altra. ‘’ ciao Dolores’’ la salutiamo in coro io e Annabel. Ci mostra un debole sorriso, poi scuote la testa come per risvegliarsi e mi guardò ‘’ Tay c’è qualcuno che vuole parlarti ‘’ dice porgendomi il telefono.

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