CAPITOLO 24

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Rimango a fissare l'entrata del cimitero per non so quanto tempo. Non ho il coraggio di guardare Kim, anche se sento il suo sguardo su di me. Non abbiamo parlato durante il tragitto e quando gli ho chiesto se poteva portarmi al cimitero, da mio padre, mi ha sorpresa con la sua reazione. Mi ha sorriso ed ha annuito, come se sentisse il mio bisogno. È partito subito, senza pressarmi, senza cercare di mettere su una faticosa conversazione. Per tutto il tragitto non ho fatto altro che guardare fuori il finestrino, senza concentrarmi davvero su quello che passava davanti ai miei occhi. Pensavo a come sarebbe stato, se ci sarei riuscita, finalmente, questa volta. Ero determinata, ma adesso lo sono di meno. Molto meno. Giro il viso verso Kim, e trovo i suoi occhi guardarmi con intensità. Non riesco a sostenere il suo sguardo per più di due minuti, perciò lo abbasso verso le sue mani, strette sul manubrio. Faccio un sospiro, chiudendo gli occhi e velocemente apro la portiera, uscendo. La chiudo alle mie spalle e ... mi blocco. Odore di fiori, quel grande cancello che si estendeva davanti a me. Rabbrividisco, appoggiandomi alla macchina. Lentamente comincio a tremare. Mi abbraccio, sperando sia il freddo. Ma in realtà l'unico freddo che sento è nel mio cuore. Brividi gelidi. Brividi di solitudine. Brividi di dolorosi ricordi. Sento sbattere uno sportello e in pochi secondi Kim appare di fronte a me. Mi prende il viso tra le mani, asciugando le guance bagnate. Non mi sono accorta di star piangendo. Mi mordo il labbro, trattenendomi dal singhiozzare mentre i ricordi di quel giorno, del giorno del funerale di mio padre, riaffiorano nella mia mente. Scuoto la testa, mentre Kim mi guarda con i suoi occhi buoni, dolci, sicuramente incerto su cosa dire.

'' non ce la faccio ... '' non riesco a impedire il tremolio nella mia voce '' non ce la faccio, Kim ... ''

Scoppio in un sonoro pianto, e lui, senza esitazione mi abbraccia, baciandomi la testa. Mi aggrappo a lui, fisicamente e psicologicamente. Piango, mentre tutta la mia infanzia mi passa davanti come un fulmine. Piango perché ho sopportato tutto da sola. Piango perché quel giorno, e non solo, ero sola. Ma all'improvviso smetto. Sono aggrappata a Kim. Lui che, pur sapendo di tutto il casino che è la mia vita, non mi ha abbandonata, anzi ... mi è venuto incontro. Quel giorno gli amici dei miei genitori mi abbracciavano, mi confortavano, ma quell'abbraccio, era diverso. I primi costituivano pietà. Questo è solo simbolo di forza, di fiducia. E come a mostrare quelle parole ...

'' so che ce la fai ... '' mi sussurra Kim, la voce attutita dai miei capelli '' sei forte, sei capace ... ''

Alzo il viso, prima nascosto nel suo petto, per guardarlo in viso. La sua espressione è seria, nei suoi occhi vedo una scintilla di verità. Abbasso lo sguardo sulla sua mano e mentre la stringo forte nella mia, lui posa un dolce bacio sulla mia fronte. Quel contatto è così piacevole che chiudo gli occhi, volendo che quel momento durasse in eterno. Ma lui si stacca e io ripiombo nella realtà

'' Kim ... '' sussurro gustando il suo nome sulle mie labbra. Tiro su col naso, e gli stringo più forte la mano '' vorresti ... vorresti accompagnarmi? ''

Da sola non ce l'avrei mai fatta, ma con lui sarebbe stato tutto diverso. Io e lui. Noi. È così semplice pensarlo. Rimane chiaramente sorpreso dalla mia richiesta e per un attimo ho il terrore che rifiuti. Ma finalmente annuisce e faccio un piccolo sospiro di sollievo. Con passo un po' impacciato e incerto entriamo. Mi mordo violentemente il labbro per non farlo tremare. Un uomo, probabilmente la guardia, seduto su una sedia accanto a una piccola porta chiusa, alza pigramente il suo sguardo verso di noi, poi ritorna a guardare il giornale che teneva in mano e a fumare la sua pipa. Sospiro e cammino, mentre Kim rimane al mio fianco, guardandosi intorno. Ricordo vagamente il punto dove hanno conservato il corpo di mio padre. Sono passati anni, eppure quel ricordo è vivido ancora nella mia mente, tutto il dolore, tutte le lacrime ... attraversiamo davanti altre lapidi, mentre tanti nomi danzano davanti a me. Non ho mai conosciuto quelle persone eppure un senso di vuoto si impossessa di me. Quando vedo una donna singhiozzare silenziosamente davanti ad una lapide, non riesco a non fermarmi. Il suo volto è contratto dal dolore, le sue mani tremano mentre accarezzano la foto di un bambino. Vedendo la data di morte scopro che è morto da poco, e che aveva poco più di otto anni. Mi si stringe il cuore. Kim abbassa lo sguardo e mi tira verso di lui, per dirmi in modo silenzioso che non dovevamo restare lì, ad assistere al dolore di una mamma che piange disperata per la morte di suo figlio. Tanto è addolorata che non ci nota neanche. Mentre camminiamo, mi avvicino sempre di più a Kim. Ho bisogno di qualcuno che mi tenesse in piedi, moralmente e fisicamente. Lui capisce subito, e, mentre percorriamo quelle vie deserte, silenziose, mi circonda le spalle con un braccio, avvicinandomi a se. Gli poso la testa sulla spalla. Quando ormai siamo vicini, mi raddrizzo e mi blocco. Mi guardo intorno, spaesata

La Ragazza Yo-YoWhere stories live. Discover now