Chiusi la porta dietro di me e salii le scale, velocemente e silenziosamente. Attraversai il corridoio e quando arrivai alla mia porta la aprii ed entrai, presa dal cellulare che si spegneva ed accendeva in continuazione. Il mio era un Nokia vecchio cent’anni, poteva solo chiamare, ricevere telefonata, mandare e ricevere messaggi, ma mi bastava. Troppo abituata a una stanza tutta mia non mi accorsi della luce già accesa. Mi ci vollero 3 secondi per capire che la ragazza seduta sul letto di fronte al mio era reale e non frutto di una mia immaginazione. ‘’ Ciao ‘’ disse accennando a un sorriso, anche se abbastanza triste. I capelli rossi gli ricadevano in una cascata di ricci, sulle spalle, aveva le guance tempestate di lentiggini che risaltavano scure sulla pelle color porcellana, e aveva degli occhi talmente belli, talmente verdi che ti ci perdevi dentro, anche se sembravano davvero tristi. Quando si alzò, notai che era abbastanza magra, con poche curve. La porta sbattè contro la mia schiena, facendomi fare tre passi a destra per mantenere l’equilibrio. Dolores fece capolino nella mia stanza, che forse non era più tanto ‘ mia ‘. Sulla testa aveva uno chignon dove sfuggivano alcuni capelli bianchi, in netto contrasto con il suo colore scuro. Il suo gonnellino da governante, oscillò mentre entrava e suoi occhiali ovali arrivavano fino alla punta del naso, aveva la sua posizione di sempre, spalle dritte e mani incrociate sul grembo. Era tutta apparenza, la sua. Sembra una dura, crudele, esigente, ma in realtà ha un cuore d’oro, vuole bene a tutti quanti qui, anche se qualche volte la voce forte serva. Appena mi vede, sorride e alza gli occhiali più in su. Poi va verso la ragazza e le mette una mano sulla spalla. Seguivo ogni sua mossa ma non riuscivo a muovermi, paralizzata. ‘’ Taylor … ‘’ cominciò Dolores ‘’ … lei è Annabel, la tua nuova compagna di stanza ‘’ era la settimana di nuovi compagni, per caso? ‘’ Annabel … ‘’ disse rivolgendosi alla ragazza ‘’ … lei è Taylor, sono sicura che andrete d’accordo ‘’ dopo un ultimo sorriso uscì dalla stanza, augurandoci la buona notte ‘’ ciao Taylor ‘’ disse Annabel ‘’ ciao ‘’ dissi fredda, subito me ne pentii. Non avevo mai avuto una compagna di stanza, ma non volevo che si sentisse indesiderata. Ero solo diffidente, sono fatta così, non mi fido molto facilmente delle persone. Sorrise ancora, con più energia ‘’ ho messo alcune cose nell’armadio, intanto che la signora Dolores non ne sistema un altro … ‘’ riuscii a far muovere le gambe a comando del mio cervello e mi sedetti sul mio letto ‘’ d’accordo … ‘’    ‘’ quanti bagni ci sono qui? ‘’ si sedette di fronte a me. ‘’ tre per ogni piano, uno per corridoio … ‘’    ‘’ oh … ‘’abbasso lo sguardo sulle sue mani. Sembrava davvero tenera …  ‘’ magari domani ti faccio vedere un po’ la casa … ‘’ alzò lo sguardo, illuminandosi ‘’ grazie ‘’ mi alzai e aprii l’armadio. Ora era abbastanza pieno, ma i miei erano sempre lì. Presi il pigiama e ciò che mi serviva per lavarmi e richiusi l’armadio. Mi rivolsi verso Annabel ‘’ vieni, ti faccio vedere il bagno … ‘’

Corro verso la mia aula, con i libri in mano e i quaderni da cui uscivano alcuni fogli clandestini. Ero in super ritardo, di questo ne ero consapevole. Avevo perso il pullman e ho dovuto farmi dalla fermata fino alla scuola a piedi, in una corsa contro il tempo. Avevo impiegato ancora più tempo ad entrare a scuola e a sfuggire al controllo del guardiano Hills, un uomo fissato con la puntualità e che non faceva entrare gli studenti che facevano anche un solo minuto di ritardo. Diciamo che mancava solo una buona mezz’ora alla fine della lezione di storia, che avrei saltato volentieri. Svolto l’angolo e sbatto contro qualcosa. L’impatto mi fa aprire le braccia per mantenere l’equilibrio e i libri e i quaderni cadono a terra un una esplosione di rumori continui. ‘’ stai bene? ‘’ alzo gli occhi e ne incontro un paio color oceano, tempestosi come le acque che lo compongono. Le sue sopracciglia si aggrottano ‘’ tu sei … ‘’ dice indicandomi ‘’ … in un terribile ritardo ‘’ concludo la frase al posto suo e mi inginocchio, raccogliendo i libri e i quaderni, cercando il numero dei fogli, per metterli in ordine. Di solito ci si aspetta che il ragazzo che ti ha fatta quasi cadere si inginocchi con te e ti aiuti a raccogliere tutto, invece Kim restò in piedi a fissarmi, divertito. Incontro di nuovo il suo sguardo ‘’ sarebbe carino se mi aiutassi a raccogliere tutto ‘’     ‘’ sarebbe stato carino se l’altra volta al negozio non mi lasciassi come un babbeo … ‘’ incrocio le braccia ‘’ sei tu che ti sei trovato nella traiettoria del yo-yo ‘’ lui mi guarda, incredulo ‘’ eri tu che giocavi con lo yo-yo in un luogo pubblico ‘’    ‘’ a tuo rischio e pericolo ‘’  continua a guardarmi incredulo ‘’ non ti hanno mai insegnato che non si gioca … ‘’     ‘’ blablabla … non mi interessa. È colpa tua se ti sei fatto male ‘’ mi rialzo, barcollando un po’ per il peso dovuto la pila dei libri davanti a me ‘’ non ti fanno entrare ‘’ dice alzando le braccia ‘’ ci ho provato io qualche minuto fa e mi hanno praticamente cacciato ‘’    ‘’ fantastico … ‘’ borbotto. Bhe, almeno avevo il tempo di mettere a posto i libri. ‘’ allora vado a mettere a posto questi libri … ‘’ dico voltandomi verso l’altra ala della scuola, dove si trovava il mio armadietto. Sbuffo spazientita pensando a quanto tempo dovevo impiegarci. Comincio a camminare ‘’ aspetta ‘’ dice Kim, un attimo dopo lo ritrovo affianco a me. Prende più della metà dei libri, e subito le mie braccia tirano un sospiro di sollievo, grate. Ora portavo solo qualche quaderno ‘’ andiamo al tuo armadietto, ragazza yo-yo ‘’ mentre gli faccio strada ripeto ‘’ ragazza yo-yo ?’’  lui guarda dritto davanti a se, alza le spalle noncurante. Non sembrava essere stanco per aver portato tanti libri ‘’ ti ho chiamata così da quando mi hai colpito con lo yo-yo ‘’      ‘’ da quando tu ti sei trovato nella traiettoria dello yo-yo, volevi dire ‘’ lo correggo ‘’ ma tu non lavori in quel magazzino? ‘’ gli chiedo mentre svoltiamo l’angolo ‘’ e il tuo nome non era … qualcosa come Paolo Fregamen? ‘’ mi guarda alzando entrambe le sopracciglia ‘’ Paolo Fregamen? Che razza di nome è? ‘’ alzo le spalle ‘’ comunque … non mi chiamo né Paolo Fregamen né PAUL  FINNEGAN, era solo una divisa di un altro dipendente. E … no, diciamo che non lavoro in quel magazzino ‘’     ‘’ in che senso: diciamo? ‘’ mi lancia uno degli sguardi più annoiati che abbia mai visto ‘’ non mi piace la tua curiosità, ragazza yo-yo ‘’ assottiglio gli occhi ‘’ giusto per la cronaca … ho un nome ‘’     ‘’ e questo nome è collegato a un certo Paolo Fregamen? ‘’gli mostro il sorriso più falso che riesco a fare, poi i miei occhi riconoscono l’armadietto ‘’ eccolo! ‘’ dico indicandolo e andando verso esso. Infilo una mano nella tasca dei jeans e afferro la chiave, poi con cautela la infilo nella serratura e dopo un ‘ clic ‘ l’anta cigola, per poi aprirsi completamente e mostrando tutto il suo disordine. Appoggio i quaderni su una mensola libera e dopo cerco di fare spazio su quella sotto, cercando di fare più ordine ‘’ il tuo armadietto sembra la mia camera dopo un terremoto ‘’     ‘’ questo è un modo carino per dirmi che è disordinato? ‘’ prendo una parte dei libri che teneva in mano e gli infilo nella mensola, facendo lo stesso con le altre pile ‘’ la mia camera è già un caos totale, figuriamoci dopo un terremoto … ‘’ annuisco senza un vero motivo. In realtà non lo stavo ascoltando, stavo pensando che oggi devo badare a una nuova bambina e in più dovevo andare al bar a lavorare. Giornata estenuante ‘’ ehi, cos’è quella? ‘’ esclama incuriosito Kim, indicando qualcosa nel mio armadietto. Seguo il suo dito e i miei occhi ricadono sull’oggetto che più mi ricorda mio padre, la sua macchina fotografica. Rimango per un po’ a fissarla, mentre i ricordi che racchiudeva mi passavano davanti agli occhi, veloci e pungenti, ma troppo lontani. Chiudo con violenza l’armadietto ‘’ niente ‘’ rispondo con gli occhi fissi sul pavimento. Non prendevo quell’oggetto da più di due anni, il sorriso di mio padre, i suoi capelli scompigliati, i suoi occhi sempre allegri, la sua passione per la fotografia, mi passavano nella mente ogni volta che la toccavo. Mio padre mi aveva trasmesso l’amore per la fotografia, diceva che una foto poteva contenere milioni di sentimenti, racchiudeva più di semplici linee, era il ricordo che racchiudeva a farla diventare speciale e unica, aveva il potere di far piangere, sorridere e ridere chiunque. Un lieve tocco alla spalla mi fa sussultare ‘’ tutto ok? ‘’ mi chiede Kim, annuisco, abbozzando un sorriso ‘’ mi sembravi abbastanza pensierosa … ‘’     ‘’ già … mi ero persa nei miei pensieri ‘’ dico facendo una piccola risatina nervosa. Mancava ancora un quarto d’ora alla fine lezione e non sapevo come spendere quel tempo ‘’ penso che andrò in biblioteca ‘’ dico dando voce ai miei pensieri ‘’ c’è una biblioteca qui? ‘’ chiede curioso Kim ‘’ certo … si trova al piano di sopra ‘’    ‘’  non sapevo ci fosse una biblioteca … in realtà non conosco niente di questo posto … ‘’     ‘’ posso farti da guida … ‘’ tanto non sapevo cosa fare, andare in biblioteca, con il suo silenzio tombale, non avrebbe fatto altro che farmi pensare di più, ed ero stufa di farlo. Alza un sopracciglio, guardandomi diffidente. Alzo le mani ‘’ non ti farò male … ‘’    ‘’ posso fidarmi di te, ragazza yo-yo? ‘’ sorrido e gli faccio segno di seguirmi, poi iniziamo la gita nella mia scuola.

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