Vigilia di Natale

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Draco Lucius Malfoy, seduto alla scrivania della sua camera da letto aveva un'espressione impassibile in volto, mentre accarezzava il dorso di Mizar, il suo gufo reale.

La calma che mostrava esternamente però non rifletteva il suo profondo turbamento.

Aveva passato l'ultima mezz'ora a studiare un vecchio libro sugli incantesimi di memoria e le migliori tecniche da utilizzare per pasticciare con la propria mente o quella altrui.

Si era interessato all'argomento con l'intenzione di togliere dalla testa di Astoria Greengrass qualsiasi informazione relativa agli incontri tra lui ed Hermione a cui la ragazza aveva assistito.

Sfortunatamente si era dimenticato quanto fosse complesso utilizzare un Oblivion nel modo corretto e quante alte fossero le probabilità di rovinare irrimediabilmente il normale funzionamento del cervello e la possibilità di immagazzinare nuovi ricordi, se l'incantesimo fosse stato lanciato senza la giusta concentrazione.

Malfoy era consapevole di essere molto bravo a utilizzare l'Occlumazia e ad avere un buon controllo della sua mente, ma aveva paura di non avere ancora la conoscenza e la pratica necessaria per praticare un incantesimo complesso come l'Oblivion su Astoria Greengrass.

Il pensiero di danneggiarle permanentemente il cervello, lo turbava profondamente.

Per questo aveva deciso per il momento di accantonare l'idea e di concentrarsi a trovare un'altra soluzione per far stare zitta Astoria.

Un leggero bussare alla porta della sua camera lo distolse dai suoi pensieri e, voltato il capo verso l'uscio, disse: «Sì?»

Il volto pallido incorniciato dai fini capelli biondi di sua madre fece capolino dalla porta.

Narcissa Black in Malfoy aveva un aspetto più fragile del solito, mentre si appoggiava allo stipite e sorrideva appena a suo figlio. L'abito blu notte che indossava, metteva ancora di più in risalto la sua carnagione chiara e le lentiggini che le costellavano il petto e le braccia.

«Studi, tesoro?», chiese, osservando il volume aperto di fronte al ragazzo.

«Leggo», disse Draco, facendo spallucce. Solo in quel momento si rese conto che la madre stringeva tra le dita sottili quella che sembrava una lettera.

Narcissa abbassò lo sguardo, nascondendo al figlio la profonda paura e la rabbia, che provava in quel momento: «I nostri ospiti arriveranno per l'ora del tè», disse semplicemente, lisciandosi distrattamente l'abito impeccabile: «Sarà nostro dovere accoglierli in modo adeguato».

Calò il silenzio tra di loro.

Quello che Narcissa avrebbe voluto fare era prendere suo figlio e fuggire in capo al mondo, pur di tenerlo al sicuro, ma la consapevolezza che, ovunque avesse provato ad andare, il Signore Oscuro avrebbe trovato il modo di rintracciarli e far patire loro le più terribili torture, le impediva di agire.

La rabbia che provava la donna era dovuta all'impotenza, la paura invece al buon senso.

«Ti verrò a chiamare quando sarà quasi ora», disse lei, muovendo qualche passo verso Draco.

La madre accarezzò il volto di suo figlio, che amava più di se stessa e che non sapeva come aiutare nell'impossibile situazione in cui si trovavano.

«Devi essere forte, tesoro», disse osservando gli occhi chiari, così simili a quelli del marito, che la stavano guardando.

«Lo sarò, ti renderò fiera».

La donna distolse lo sguardo, tormentata.

Per un attimo gli era sembrato di avere di fronte Lucius; parole simili le aveva sentite pronunciare da suo marito più volte nel corso della loro vita coniugale, ma udirle uscire dalle labbra di suo figlio in un giorno simile, le fece provare una profonda angoscia.

Gioco di sguardi #1 (Dramione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora