La Pozione

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Per ottenere punti per la propria casa, Hermione — in quanto Prefetto — si era offerta, un sabato pomeriggio al mese di aiutare gli studenti del primo anno di Grifondoro a studiare e a fare i compiti.

L'idea era stata della McGranitt, che aveva notato una scarsa propensione allo studio negli undicenni e aveva pensato che, guidati da una studentessa modello come Hermione Granger, forse si sarebbero ottenuti dei miglioramenti.

Quando la Professoressa di Trasfigurazione la raggiunse per chiederle se quel pomeriggio sarebbe stato un buon momento per aiutare alcuni bambini del primo anno, Hermione Granger colse al volo l'occasione, convinta che quello fosse il modo migliore per distrarsi e togliersi dalla mente — anche se solo per poche ore — Malfoy.

In realtà il biondo non smise di infestarle i pensieri, continuando ad occupare parte della sua mente, quella che non era incentrata ad aiutare i quattro ragazzini di Grifondoro, due bambini e due bambine, che la McGranitt le aveva affidato con un pacato: «É già tanto se sanno da che verso prendere la bacchetta, figurarsi scrivere un tema di Trasfigurazioni».
Hermione si ricordava quando era stata lei a mettere per la prima volta piede ad Hogwarts. Lo stupore, la meraviglia, tutto nascosto dietro alla sua espressione fintamente annoiata, mentre ripeteva a tutti quelli che le si avvicinavano di conoscere il castello come le sue tasche perché aveva letto "Storia di Hogwarts".

Le cose non erano cambiate poi molto.

Aveva sempre il naso nascosto dentro un libro o sollevato in aria nel suo tipico cipiglio altezzoso, aveva sempre gli stessi ricci indomabili, aveva lo stesso desiderio infinito di conoscenza e aveva sempre il timore di non essere all'altezza del mondo in cui era stata catapultata grazie ad una semplice lettera, giunta nelle sue mani all'età di dodici anni.

Capiva lo smarrimento di quei bambini, l'aveva provato anche lei e lo provava tuttora.

Si sentiva spaesata ogni volta che si trovava di fronte ad un ostacolo, ogni volta che doveva dimostrare di essere forte e indifferente quando non lo era.

Ogni volta che incontrava lo sguardo di Malfoy e si chiedeva se l'avrebbe insultata, ignorata o baciata.

I bambini fuggirono dall'aula appena scoccarono le cinque, trasportando le loro borse colme di libri con fatica e sfoggiando sorrisi enormi in volto.

Hermione rimase da sola per qualche secondo, prima di recuperare la sua borsa e uscire in corridoio.

«Granger», la salutò Malfoy, facendola sussultare per la sorpresa, appena mise piede fuori dall'aula.
Il cuore le batteva forte in petto e una stretta di desiderio nel ventre le fece capire che quelle poche ore lontano da lui non erano servite a nulla.

«Malfoy», salutò a sua volta il Serpeverde, prima di voltargli le spalle e allontanarsi.

"Seguimi, furetto", pensò, stringendo con forza le mani a pugno: "Non rimanere lì impalato, seguimi in un posto appartato, ma non farmelo dire, non farti pregare. Seguimi e basta".

Quando udì i passi del biondo alle sue spalle, la tensione che aveva in corpo si allentò e un sorriso le addolcì i lineamenti.

Non aveva intenzione di chiedergli come avesse fatto a trovarla, o quanto tempo fosse rimasto fuori da quell'aula ad aspettarla. Erano domande scomode a cui Malfoy non avrebbe mai risposto e lei lo sapeva.

Si diresse con passo spedito fino alla Stanza delle Necessità, senza voltarsi una sola volta a guardare Malfoy alle sue spalle; sentiva chiaramente i suoi passi cadenzati e non aveva bisogno di ulteriori rassicurazioni sulla presenza poco distante del biondo.

Pochi mesi prima, all'idea di fare quello che stava per fare sarebbe inorridita; in quel momento invece si sentiva tremare dall'impazienza e dal desiderio.

Gioco di sguardi #1 (Dramione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora