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Lei scrollò la testa con un tremito delle labbra, mi disse in dialetto stretto: «Stai tranquilla! C'è la mammuzza che ti vuole tanto bene!» 

«Ma lei non mi capisce. Tu mi capisci, perché sei sensibile come me.» 

Ed era vero, le bastava guardarmi negli occhi per capire che qualcosa non andava in me. Lei era sempre stata il mio sostegno, l'amavo più di ogni altra cosa. 

Forse l'amavo più di un fidanzato, se si poteva fare il paragone. 

Piangevo senza sosta. 

Lei per tanti anni non aveva avuto bambini, quindi considerava me come sua figlia. 

Stavo sempre con lei, anche perché mia mamma lavorava, quindi, non stava mai a casa. 

Faceva sempre riunioni di casa in casa, a volte anche tre nel giorno.

Frammenti di una mente immoraleWhere stories live. Discover now