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Io la chiamo schiavitù. A me non piaceva essere sfruttata, ma lo accettai solo per il mio amore più grande: il pianoforte. 

Ricordo la gioia che provai, quando mi consegnarono il pianoforte a casa. Gridai un "Urrà" entusiasmante! Anzi, una catena di urrà, se proprio voglio essere precisa. Non era nuovo, ma per i miei studi andava benissimo. Per fortuna la tastiera era morbida, non come quella del pianoforte del mio maestro, così dura, che battendo sui tasti la mia mano s'infiammò e per diversi giorni non potei più muoverla. 

Pensai che non avrei potuto più suonare e sarebbe andata a finire come a Schumann il compositore romantico. Infatti, lui, abbandonò la sua carriera artistica per una paralisi della mano sinistra, causata da ripetuti esercizi snervanti.  

Mi ricordo che, quel giorno, iniziai subito a suonarlo e, davanti al mio maestro e mia madre, piansi per la forte commozione.

Frammenti di una mente immoraleWhere stories live. Discover now