cinquantasette

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La sua mano si insinuò gentilmente tra i miei capelli corti, stringendo le dita intorno alle mie ciocche blu in modo tale da spingere il mio volto ancora più vicino al suo, se possibile. I nostri respiri si mischiavano, si confondevano. Le nostre labbra si muovevano in sincronia, come se si conoscessero da sempre. I nostri cuori battevano all'unisono, fortissimi all'interno del petto. Temevo che il mio potesse scoppiare da un momento all'altro, ma mi confortava sentire quello di Jungkook battere allo stesso modo.

Non mi vergognavo più di quei sentimenti, non avevo più motivo di nasconderli, non davanti a Jungkook, per lo meno.

Delicatamente, posai entrambe le mani sul suo petto, allontanandolo leggermente da me per poter prendere aria. Non appena il suo viso si allontanò dal mio, i suoi occhi, come saette, incontrarono i miei e per poco non mi venne da piangere.

Era così bello, non potevo credere che fosse reale, in carne ed ossa davanti a me!

Ma, soprattutto, non potevo credere al suo sguardo. Mi guardava come se fossi un quadro, ma non di quelli famosi, non di quelli che giudichi magnifici solo perché la mano che li ha dipinti è nota a chiunque e non è ammissibile affermare l'opposto. Mi guardava come si guardano quei quadri sconosciuti, complessi e strani: quelli che se li guardi per poco tempo e con superficialità ti sembrano addirittura banali, superflui, ma che se ci metti un po' di impegno, va a finire che riesci a trovare piccolissimi particolari che rendono l'opera unica e incomparabile.

Mi guardava proprio come se fossi un quadro quasi incomprensibile ma che, una volta trovata la giusta chiave di lettura, diventa ricco di significati.

«Che c'è?» domandò lui, dopo qualche secondo, avvicinando una mano alla mia guancia per accarezzarmi il viso, guardandomi con un po' di preoccupazione in volto. «Va tutto bene?»

Annuii lentamente, facendo sprofondare il mio viso nella sua mano, sorridendogli labilmente.

«Sono solo felice di aver seguito il mio cuore.» sussurrai, avvicinandomi al suo corpo per poter poggiare la mia testa sulla sua spalla. Cinsi le braccia intorno al suo busto, accoccolandomi al suo fianco.

«Pensi di aver fatto la scelta giusta, per te?» chiese premuroso, appoggiando la guancia sulla mia testa, stringendomi a sé.

Quella domanda mi lasciò un attimo perplessa e senza parole. Avevo fatto la cosa giusta, per me?

Non lo sapevo più. Avevo agito d'impulso, ancora una volta e non avevo calcolato le conseguenze delle mie azioni. Eppure, in quel momento, mi sentivo così bene da rendere impensabile l'idea di aver preso la decisione sbagliata.

«Quando hai scelto di andartene, anni fa, lo hai fatto per me. Perché volevi proteggermi.» riprese Jungkook, non sentendomi parlare. «Quindi, questa volta, hai scelto di andartene per te stessa e non per qualcun altro?»

Ci pensai a lungo. Le ultime settimane erano volate così velocemente che a malapena mi ero resa conto di starle vivendo io in prima persona. Giorno dopo giorno, avevo fatto ciò che il mio cervello mi diceva di fare, senza prendermi nemmeno un momento per ragionarci su. Ma ora, che lo stavo facendo, la risposta alla sua domanda mi sembrava fin troppo spontanea.

«Sì.» sussurrai, alzando lo sguardo sul suo viso. Mi sorrise.

Dopotutto, se non avessi preso questa decisione pensando solo a me, sarei rimasta alla Cube. In quel modo, il signor Hong non avrebbe pubblicato la foto. Invece, avevo scelto di andarmene, mettendo a rischio la carriera e la vita di Jungkook. La cosa strana era che non mi sentivo tremendamente in colpa. Certo, ero consapevole che al mattino, al nostro risveglio, ci sarebbero state dozzine di articoli che avrebbero incriminato Jungkook per un semplice abbraccio e, in parte, mi odiavo per tutto ciò. Ma non potevo nemmeno evitare di sentirmi bene con me stessa, libera da mille costrizioni, felice di poter finalmente vivere la mia vita come avevo sempre voluto.

✓ Seoul, Why Do You Sound Like Soul? {BTS - Jeon Jungkook} ✓Where stories live. Discover now